Rita dalla Chiesa ospite a Da noi… a ruota libera. Fglia di una vittima della mafia, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa “Non dobbiamo vergognarci di volere giustizia”
Rita Dalla Chiesa: “Noi vittime di mafia ci sentiamo a volte in colpa…”
Dopo Massimo Giletti, anche Francesca Fialdini ospita – presumibilmente in collegamento – la giornalista e conduttrice televisiva Rita dalla Chiesa. Oltre che per la sua attività professionale, la dalla Chiesa è nota anche in quanto figlia di una vittima della mafia, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, che la ebbe come primogenita dalla moglie Dora Fabbo. Non si conosce il pretesto dell’invito di oggi a Da noi… a ruota libera; a Non è l’Arena, qualche giorno fa, era stata invece chiamata a commentare lo ‘scandalo’ della scarcerazione dei boss mafiosi a seguito dell’emergenza Covid-19. “È morto qualcosa?”, le chiedeva il conduttore. Risposta: “Spero non sia morto niente. Spero che grazie a quello che è venuto alla luce, grazie a te Massimo, si possa fare ordine. Si è acceso un riflettore su un problema gravissimo per noi familiari. Per noi parenti delle vittime, che è un termine che detesto”.
Rita dalla Chiesa dalla parte delle vittime: “Non dobbiamo vergognarci di volere giustizia”
Il caso Bonafede è stato ampiamente commentato da Rita dalla Chiesa in una delle sue ultime ospitate televisive. A detta della conduttrice – da sempre in prima linea nella lotta per la giustizia, essendo rimasta orfana proprio nell’ambito di un omicidio di mafia – “non è accettabile che 474 mafiosi possano essere usciti”. Dal suo punto di vista, Rita spiega così il perché di quello che lei ritiene un gesto ‘leggero’: “Chi ha firmato, chi li ha fatti uscire in queste settimane, forse non era al corrente della storia di uomini come mio padre. Borsellino, Falcone, Costa. Ce ne sono stati tanti, troppi”. Detto in termini più chiari, Rita pensa che i governanti non abbiano piena contezza della gravità dei crimini che sono stati commessi in quegli anni: “Le persone giovani, anche quelle al governo, non hanno chiaro quello successo in passato. Pensano di poter prendere decisioni come quelle firmate in questi giorni”. Di certo la sua accusa non coinvolge la persona del ministro: “Non credo che Bonafede sia dalla parte della mafia – continua – altrimenti il suo vessillo non sarebbe stato Di Matteo. Però sia chiaro noi familiari delle vittime non vogliamo giustizialismo. Vogliamo giustizia. Non dobbiamo vergognarci di avere giustizia. A volte ci sentiamo addosso questo come una colpa. Sono la prima a dire che chi è in carcere, penso ai detenuti de 41 bis, si deve assicurare la salute. Chi ha paura del coronavirus può andare in altre strutture. Ricordo che Riina venne trasferito a Parma, dove venne curato benissimo”. Per questi motivi, Rita invita i governanti a riflettere sulla scelta fatta, tenendo stavolta in considerazione le richieste, le ‘pretese’ di legalità esposte da chi con la mafia ha avuto ha che fare direttamente, pur suo malgrado.
