Il dottor Luca Lorini, primario del Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e il dottor Canale del Galliera di Genova, trattano il tema delle “non cure” ai no vax
Sono decisamente eloquenti le dichiarazioni rilasciate dal dottor Luca Lorini, primario del reparto di Terapia Intensiva del Papa Giovanni XXIII, quello che all’unanimità è considerato l’ospedale simbolo della prima ondata di Covid: “I no vax ci costano troppo, le manifestazioni vanno vietate”, ha spiegato ieri, parlando con i microfoni del Corriere della Sera. “Il nostro codice deontologico lo vieta – prosegue Lorini riferendosi al divieto di curare i non vaccinati per scelta – vorrei far passare il principio che chi si ammala per una sua scelta non può togliere risorse, posti letto e tempo dei dottori agli altri che hanno malattie gravi. Poi non saprei come fare, è una scelta che spetta ai politici. Ma certe cose non possono essere accettabili. Come anche il fatto che chiunque possa parlare. Quando sento dire certe cose mi vergogno, per i morti che abbiamo avuto”.
E il professor Luca Lorini non è l’unico nel panorama medico italiano a pensarla allo stesso medo, visto che a lui ha fatto eco Francesco Canale, direttore sanitario dell’ospedale Galliera di Genova: “Siamo tutti molto stanchi e anche arrabbiati perché troppo spesso ci sentiamo impotenti a risolvere i problemi dei pazienti”. Parole giunte dopo che un paziente che stava facendo un trattamento di chemioterapia, e a rischio sepsi, non aveva trovato posto in ospedale a causa dei molteplici no vax ricoverati in malattie infettive.
DA BERGAMO A GENOVA, I MEDICI SUL CASO DELLE CURE OSPEDALIERE AI NO VAX
“Ho parlato con il dottor De Censi (il direttore di Oncologia del Galliera, ndr) e con il direttore di Malattie infettive sia sul fatto sia sulle condizioni del paziente – ha raccontato a La Stampa – ora è a casa e le terapie necessarie vengono effettuate a domicilio: non vi sono particolari preoccupazioni in questo senso. È chiaro che, normalmente, questi pazienti vengono seguiti all’interno di Malattie infettive o di altri reparti, in stanze dedicate che ora sono occupate. Sarebbe stato più comodo e più tranquillo per tutti ma, al momento, il paziente non corre rischi aggiuntivi nell’effettuare la terapia a domicilio”.
