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Home » Lavoro » I NUMERI DEL LAVORO/ Il vero allarme dietro la lista dei posti vacanti

  • Lavoro

I NUMERI DEL LAVORO/ Il vero allarme dietro la lista dei posti vacanti

Giampaolo Montaletti
Pubblicato 16 Aprile 2022
Tecnico_Operaio_Pixabay

Pixabay

I dati Excelsior Unioncamere segnalano ancora un'alta difficoltà di reperire personale per ben il 40% delle assunzioni previste nel mese di aprile

La guerra getta la sua ombra scura sul futuro di tutti, ma nonostante le previsioni di recessione siano condivise da molti, le imprese italiane continuano a cercare lavoratori.

L’indagine Excelsior ha pubblicato il suo bollettino mensile con la stima della domanda di lavoro da parte delle imprese italiane per aprile 2022. Sgomberiamo subito il campo dai dubbi: l’indagine di Unioncamere e Anpal ha pubblicato i dati raccolti con interviste effettuate tra il 24 febbraio e il 10 marzo di quest’anno, a guerra iniziata e con l’inflazione già al galoppo da tempo. Nel complesso il campione di Excelsior conta circa 113.000 imprese e integrando dati amministrativi e modelli di stima riesce a dare informazioni mensili. Si tratta di un’indagine solida e che si ripete da anni e quindi possiamo fidarci dei suoi risultati.


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Finite le premesse guardiamo i dati. La stima della domanda di assunzioni per aprile riguarda circa 368.000 entrate. Si tratta di un numero rilevante, che tiene comunque conto del difficile clima internazionale. La previsione di assunzione nel manifatturiero è in calo rispetto a marzo scorso e rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, così come in frenata risulta l’edilizia. In crescita invece le assunzioni previste nel settore dei servizi, con un netto miglioramento rispetto al mese scorso e con un +39% rispetto all’anno scorso, dove soprattutto il settore turistico era stato fortemente penalizzato dalla pandemia.


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Nel complesso l’economia, fra industria che soffre e servizi che aspettano l’avvio della stagione con le feste pasquali, mostra un saldo complessivo in crescita del 2,4% rispetto al mese scorso e del 20,3% rispetto all’anno precedente.

Se analizziamo i dati settoriali vediamo che delle 368 mila entrate previste circa 103 mila sono richieste dall’industria e 265 mila dai servizi. I contratti prevalenti sono a tempo determinato, 199 mila, pari al 54%. Segue il tempo indeterminato a 72 mila assunzioni previste. Il dato sembra preoccupante: 72 mila assunzioni sono meno del 20%, meno di una su cinque. Va però detto che le assunzioni a tempo determinato si ripetono una o più volte l’anno e spesso per le stesse persone, mentre i tempi indeterminati non si presenteranno per le stesse persone se non a distanza di diversi anni. In termini tecnici dobbiamo dire che dire che i tempi indeterminati contribuiscono a far salire lo stock di occupazione in maniera stabile, mentre i tempi determinati non contribuiscono stabilmente. La seconda osservazione sui tempi indeterminati è che spesso vengono stipulati più di frequente di quanto non vengano offerti per cercare di invogliare e trattenere i lavoratori con le competenze giuste, che sono disposti a cambiare datore di lavoro solo se le condizioni sono migliori o almeno non peggiorative.


APPRENDISTATO/ Il nuovo passo che aiuta giovani e imprese


Vale la pena di guardare anche alla difficoltà di reperire personale, che viene segnalata per il 40% delle assunzioni previste. La media è alta, tenendo conto del fatto che ci sono in offerta anche posizioni a bassa specializzazione (58.000 posizioni non qualificate) e che per 132.000 posizioni non è richiesto nessun titolo di studio. Nella hit parade dei professionisti più difficili da trovare con tassi di difficile reperimento superiori al 60%, ci sono: “artigiani e operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (65,6%), fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori carpenteria metallica (64,6%), fabbri ferrai, costruttori di utensili (63,4%), meccanici artigianali, montatori, riparatori e manutentori di macchine fisse e mobili (61,1%)”. 

La lista è nota a chi segue l’indagine, ma non sembra smuovere famiglie e formatori a investire su queste professioni per i loro figli. Dobbiamo dire che sono cambiate molte cose in queste professioni, che molti di questi lavoratori devono conoscere le lingue e che viaggiano spesso, che devono conoscere più informatica di chi lavora in un ufficio, e che spesso con la fatica crescono anche le remunerazioni e la possibilità di lavoro autonomo, aspetti questi non indifferenti per vivere meglio la propria vita.

C’è molta formazione nel Pnrr e speriamo che vada là dove le imprese chiedono di inserire lavoratori, in quelle competenze nuove che sono necessarie e che si capisca che certi lavori, anche se hanno ancora i nomi che furono dati loro durante la rivoluzione industriale, sono cambiati molto e non in peggio.

Al di fuori di questi cambiamenti c’è solo la decrescita, che è sempre infelice, c’è la povertà, ci sono le cose che non puoi sapere e vedere perché non te le puoi permettere, c’è la perdita di autonomia e di autostima delle persone, ci sono le pensioni basse, ci sono le crisi e la fila per sussidi divorati dall’inflazione, tutte cose poco desiderabili. 

Come in tutte le vere crisi, giunge un’ora che riguarda tutti: l’ora di scuotersi e di prendere le decisioni giuste, anche individuali. Nessuno ci regalerà quello che non sappiamo prenderci da soli.

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Tags: Formazione lavoro

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