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Home » Economia e Finanza » Economia UE » NADEF 2022/ Le scelte anti-crisi lasciano l’Italia dietro anche alla Spagna

  • Economia UE
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NADEF 2022/ Le scelte anti-crisi lasciano l’Italia dietro anche alla Spagna

Paolo Annoni
Pubblicato 5 Novembre 2022
Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti (LaPresse)

Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti (LaPresse)

Il Governo ha approvato ieri la Nadef. Per il 2023 vengono stanziati 22 miliardi contro il caro energia: pochi per evitare la crisi a famiglie e imprese

Ieri il Governo ha illustrato i principali elementi della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (approvata ieri) che è strettamente connessa all’approvazione della prossima finanziaria. I temi del giorno sono tre: la crisi energetica, il deficit e le prospettive economiche con i crescenti timori di recessione. La crisi energetica chiude le imprese e distrugge il potere d’acquisto delle famiglie; sposta le catene di fornitura globale e le “fabbriche” dei grandi gruppi industriali che cercano Paesi in grado di offrire costi energetici competitivi e certezza regolamentare nel medio-lungo periodo. I movimenti sono generazionali, perché man mano che si sviluppa il conflitto viene meno un mondo a cui eravamo abituati da quarant’anni e in cui Russia e Cina avevano un ruolo definito. In questa ridefinizione avvengono movimenti sopra e sotto la superficie. Per esempio, l’India sembra una delle destinazioni più in voga per la rilocalizzazione delle fabbriche che lasciano la Cina e allo stesso tempo abbassa la sua bolletta energetica acquistando quantità record di petrolio scontato russo.


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L’Italia, secondo quanto dichiarato nella conferenza stampa di ieri, decide di allocare 22 miliardi di euro per l’emergenza energetica nel 2023. La Germania ne ha messi in campo 200 e la Francia, uno dei Paesi che meno dipende dagli idrocarburi, decide di mettere a disposizione 45 miliardi dopo aver statalizzato Edf. L’Italia è la seconda manifattura d’Europa e in teoria dovrebbe mettere in campo risorse per una cifra compresa tra il massimo tedesco e il piano francese. Le risorse messe in campo dal Governo non sono sufficienti e il costo della crisi verrà subito da famiglie e imprese in una proporzione che a oggi non è dato conoscere. Quello che conta è che in questa fase non ci sono tempi supplementari. Le imprese che chiudono schiacciate da costi energetici impazziti non riaprono. La crisi energetica non avviene sui mercati a causa della speculazione, che al limite la peggiora, ma nei mercati fisici perché non c’è gas. 


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Il Governo ha anche annunciato un piano per mettere a disposizione uno o due miliardi di metri cubi di gas per le imprese energivore. L’Italia ha importato dalla Russia nel 2021 quasi 30 miliardi di metri cubi. Questi 1 o 2 miliardi di gas a prezzo calmierato verrebbero messi a disposizione da imprese che hanno giacimenti in Italia in cambio di nuove concessioni o estensioni di concessioni in essere. Per sviluppare un campo serve qualche anno, immaginando tutto il supporto possibile del Governo in tema burocratico e assumendo che le imprese si fidino dell’esecutivo, cosa di cui è lecito dubitare; la norma sugli extraprofitti dell’Esecutivo precedente è stata scritta male o malissimo ed è stata solo punitiva senza offrire alcuna prospettiva alle aziende colpite. Questo approccio potrebbe essere comunque interessante, a patto di immaginare una grande campagna pluriennale per trovare gas italiano convincendo i privati a investire risorse che non si sono messe negli ultimi 20 anni. È un intervento epocale e molto impegnativo, sia dal punto di vista dell’opposizione interna che a livello europeo.


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Il deficit e il Pil in questo momento sono due stime “impossibili”. Le incognite sono troppe. C’è quella energetica e poi c’è quella finanziaria, perché l’inflazione a due cifre e i rialzi dei tassi rischiano di mettere sotto enorme pressione tutto il sistema finanziario. Oggi il Governo si fa avanti stimando una crescita del Pil dello 0,6% e un deficit al 4,5%. I mercati si sono portati avanti perché la media delle previsioni delle principali banche d’affari è rispettivamente 0% e 4,8%. 

L’ordine delle priorità invece sembra chiaro. Il governatore della Banca di Spagna tre giorni fa ha invitato la Bce ad alzare i tassi per ridurre l’inflazione. Questo avviene mentre l’Italia si augura l’esatto opposto e manifesta grande preoccupazione per ulteriori rialzi. Durante la crisi dei debiti sovrani Spagna e Italia stavano dalla parte dei cattivi e si auguravano, più o meno, le stesse cose. Cos’è cambiato? I costi dell’elettricità in Spagna sono meno della metà di quelli italiani e tra i più bassi d’Europa. Così Spagna e Portogallo diventano falchi, come gli Usa, mentre l’Italia prega per l’inverno più mite degli ultimi due secoli. 

Se l’Italia risolvesse la crisi energetica i “mercati” sarebbero disponibilissimi a chiudere un occhio, ma anche uno e tre quarti, su deficit e debito. 

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Tags: Governo MeloniInflazioneRecessione

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