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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » SUSSIDI GERMANIA AGLI ENERGIVORI/ Il colpo da ko per il progetto Ue

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SUSSIDI GERMANIA AGLI ENERGIVORI/ Il colpo da ko per il progetto Ue

Paolo Annoni
Pubblicato 10 Maggio 2023
germania

Robert Habeck e Olaf Scholz (Lapresse)

In Germania si è pronti a sussidiare l'80% dei costi dell'elettricità delle aziende energivore: un duro colpo per il progetto europeo

Il ministro dell’Economia tedesco ha annunciato un piano per sussidiare l’80% dei costi dell’elettricità delle aziende energivore. Il Governo offrirà elettricità a un prezzo di sei centesimi a kWh per un costo totale per il governo di 25-30 miliardi di euro; la Germania intende così sostenere i settori della chimica, dell’acciaio, del ferro e del vetro tra gli altri e incentivare gli investimenti in altri settori come i pannelli solari e i semiconduttori. Il ministro ha spiegato che la Germania ha bisogno di rispondere alla competizione internazionale che non viene condotta in modo regolare a causa degli incentivi cinesi e a quelli americani dopo l’Inflation reduction act di Biden. L’iniziativa del Governo tedesco deve essere letta in un quadro internazionale e in uno continentale.


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Poco più di una settimana fa il consigliere per la sicurezza americano Sullivan ha tenuto un discorso al “Brookings institution” sul rinnovamento della leadership economica americana. Sullivan ha spiegato che l’assunto che ha guidato la politica americana dopo la fine della Seconda guerra mondiale secondo cui “i mercati allocano sempre le risorse in modo produttivo ed efficiente indipendentemente dai nostri competitor” ha determinato la rilocazione di intere filiere produttive, e con esse fabbriche e posti di lavori, all’estero. Allo stesso modo “la promessa che una profonda liberalizzazione dei commerci avrebbe aiutato l’America a esportare beni e non posti di lavoro e capacità” è stata una promessa non mantenuta. Sullivan ha criticato anche l’assunto che qualsiasi crescita importi a prescindere dal settore in cui avviene evidenziando come interi settori, semiconduttori e infrastrutture, e la capacità industriale non si siano sviluppati. La critica si è estesa a un altro caposaldo del mondo che abbiamo conosciuto: l’idea che l’integrazione economica renda gli Stati più responsabili e aperti e che questo ordine sia più pacifico. Il consigliere ha citato sia piani di investimento statali cinesi in settori strategici che la decisione della Russia di invadere l’Ucraina.


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Da questa analisi prende le mosse una nuova strategia industriale americana che identifica alcuni settori come fondativi della crescita economica e strategici dal punto di vista della sicurezza nazionale. Questa strategia prevede “investimenti pubblici mirati”. Gli Stati Uniti fanno leva sull’Inflation reduction act per costruire un sistema manifatturiero che ha le radici in Nord America e si estende in Europa, Giappone e altrove.

Questa è la fine di un mondo in cui l’Europa e in particolare la Germania hanno prosperato beneficiando dei commerci aperti, ritagliandosi uno spazio di surplus commerciale rilevante, usando anche la leva della deflazione interna. Il nuovo mondo è fatto di politiche commerciali al servizio dell’industria, di piani di investimenti pubblici che incorporano le esigenze della sicurezza nazionale. In questo mondo la Cina non ha più interesse a difendere e mantenere l’eccesso di produzione da cui dipende molto della manifattura europea.


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La Germania che ha perso l’energia a basso costo garantita dal gas russo corre ai ripari per difendere la propria industria in un mondo che è irriconoscibile rispetto a quello di due anni fa e in cui tutti antepongono ragioni di “sicurezza” e di interesse strategico rispetto a quelle del “mercato”. È un frangente in cui si spostano investimenti colossali. La competizione per l’industria europea è molto più sfidante.

Non è chiaro quindi cosa possa rimanere del progetto europeo in questo nuovo mondo in cui i Paesi membri rispondono alle nuove sfide con politiche industriali nazionali che si fondano su aiuti pubblici massicci che, ovviamente, non tutti si possono permettere o perché non hanno spazio fiscale o perché non possono controbilanciare con sistemi energetici che sono al riparo dalla crisi innescata nel 2021.

La decisione tedesca è comprensibile e sensata, ma non è compatibile, nel medio-lungo periodo, con la sopravvivenza del progetto europeo così come l’abbiamo conosciuto perché è chiaro che per quanto efficiente possa essere nessun concorrente italiano potrà mai resistere con prezzi dell’elettricità quasi tripli rispetto a quelli tedeschi. Le tensioni che negli ultimi due decenni si sono presentate dentro l’Europa sono destinate a esplodere in assenza di una politica economica e industriale europea. L’urgenza di rispondere alle sfide che emergono non è compatibile con i tempi dell’u+Unione anche ammesso ci sia la volontà politica.

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Tags: Economia Germania

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