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Home » Sanità, salute e benessere » Commozione cerebrale nei minori: una proteina può predirla/ Lo studio sulla alfa-1-ACT: cosa è emerso

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Commozione cerebrale nei minori: una proteina può predirla/ Lo studio sulla alfa-1-ACT: cosa è emerso

Davide Giancristofaro Alberti
Pubblicato 17 Aprile 2024
sicurezza laboratori di ricerca a rischio

sicurezza laboratori di ricerca a rischio

Commozione cerebrale nei minori: una proteina può predirla. Secondo un recente studio australiano, una semplice proteina può essere “indicatrice”

E’ interessante la scoperta realizzata da un team di studiosi del Murdoch Children’s Research Institute, in Australia, guidato da Ella Swaney, che ha individuato una proteina presente nel sangue che potrebbe rappresentare un cosiddetto biomarker che aiuterebbe a capire quali sono quei bambini che presenteranno sintomi di commozione cerebrale a più di due settimane da un eventuale infortunio. Ne parla QuotidianoSanità, riportando i risultati di uno studio che è stato pubblicato in questi giorni sul Journal of Neurotrauma.


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Ogni anno sono circa 4 milioni i bambini che subiscono una commozione cerebrale e di questi circa il 25-30 per cento presenta dei sintomi a lungo termine, ma circa la metà degli stessi non ricorre ad alcuna cura medica. I sintomi, solitamente, sono quelli di una commozione cerebrale, leggasi mal di testa, difficoltà a ricordare, eccessiva sensibilità alla luce, e stando a QuotidianoSanità possono durare anche fino a due mesi dopo il trauma, con il rischio anche di possibili problemi neuro-psichiatrici che possono andare avanti per diversi anni.


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COMMOZIONE CEREBRALE NEI MINORI: LO STUDIO SU 80 BIMBI 5-18 ANNI

Per arrivare a tale risultato gli studiosi del Murdoch Children’s Research Institute hanno raccolto dei campioni di sangue da un totale di 80 bambini di età compresa fra i 5 e i 18 anni, entro 48 ore dalla commozione cerebrale e dalle analisi è emerso che i livelli della proteina alfa-1-antichimotripsina (alfa-1-ACT) erano più bassi in maniera significativa in quei bambini che avevano un recupero ritardato, un chiaro collegamento fra i due eventi.

La dottoressa Swaney, commentando i risultati del suo studio, spiega: “Il recupero ritardato dalla commozione cerebrale comprende sintomi emotivi, comportamentali, fisici e cognitivi, che possono influenzare il benessere del bambino, procrastinando il suo ritorno a scuola e allo sport. La diagnosi precoce dei bambini a rischio di recupero ritardato è fondamentale per garantire un trattamento efficace e un follow-up mirato”.


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COMMOZIONE CEREBRALE NEI MINORI: LE CONCLUSIONI DELLO STUDIO

Lo studio conclude inoltre specificando che: “È ormai ampiamente noto che la commozione cerebrale pediatrica è diversa dalla commozione cerebrale dell’adulto nella sua sintomatologia e nel recupero. Inoltre, il proteoma pediatrico è molto diverso da quello degli adulti. Riconoscendo tali differenze cruciali, il nostro studio mostra che la concentrazione di alfa-1-ACT può distinguere tra bambini che sperimentano un recupero ritardato e normale da una commozione cerebrale con un’AUC di 0,88”.

“Alpha-1-ACT – si legge ancora – ha il potenziale di trasformare la gestione clinica acuta fornendo ai medici un robusto indicatore predittivo con cui guidare e indirizzare i trattamenti ai bambini che hanno maggiori probabilità di sperimentare un recupero ritardato”. Si tratta senza dubbio di un risultato importante per evitare che un minore che subisce una caduta o un trauma, possa essere costretto a passare i mesi successivi con sintomi, alcuni dei quali molto debilitanti, con il rischio tra l’altro di non essere nemmeno curato.


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