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Home » Motori » SCENARIO AUTO/ L’interesse cinese per l’Italia e il rischio di un ricatto di Stellantis

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SCENARIO AUTO/ L’interesse cinese per l’Italia e il rischio di un ricatto di Stellantis

Int. Pierluigi Bonora
Pubblicato 19 Aprile 2024
Inaugurazione del primo HUB di economia Circolare di Stellantis presso il comprensorio Mirafiori (Foto: Ansa, 2023)

Inaugurazione del primo HUB di economia Circolare di Stellantis presso il comprensorio Mirafiori (Foto: Ansa, 2023)

Diversi marchi cinesi pensano di venire in Italia a produrre. Ecco perché arrivano. Le preoccupazioni di Stellantis per i suoi stabilimenti

La Cina, che a marzo fa segnare un più 38% di export, ora sta pensando di produrre automobili in Italia. Vista la disponibilità del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, a prendere in considerazione questa eventualità, diverse aziende del Dragone starebbero vagliando la possibilità di realizzare insediamenti industriali nel nostro Paese per produrre qui le macchine, non solo elettriche, destinate al mercato europeo. L’ultima che ha manifestato questa intenzione è Dongfeng, che, tra l’altro, è anche azionista (1,5%) di Stellantis. È un momento di grande fermento per il settore automobilistico, spiega Pierluigi Bonora, giornalista de Il Giornale, esperto del settore automobilistico, in cui le aziende cinesi devono prendere decisioni sulle loro strategie nell’Unione europea. Scelte che potrebbero riguardare l’Italia. L’Europa potrebbe adottare dazi nei confronti delle auto in arrivo dalla Cina e produrre in area Ue potrebbe permettere a Pechino di aggirare il problema.


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Il colosso cinese Dongfeng sarebbe intenzionato a produrre in Italia 100mila auto. Dopo anni di aziende occidentali che andavano in Cina, ora si è invertito il percorso?

Dongfeng non è l’unica azienda cinese ad avere messo gli occhi sull’Italia. Da quando il ministro Urso ha dato semaforo verde, c’è un giro di voci sull’interessamento anche di altri brand. La concorrenza forte all’Italia viene dall’Est Europa: la Byd ha scelto di installare la sua fabbrica in Ungheria, dove le hanno fatto ponti d’oro. E adesso c’è da capire cosa metterà in campo l’Italia per chi vuole aprire stabilimenti sul nostro territorio. Oltre a Dongfeng, c’è Chery, poi magari arriverà Geely. C’è una grande attenzione per l’Europa: produrre qui servirebbe anche per aggirare i dazi. Sarà un’estate calda su questo fronte.


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Dongfeng è azionista di Stellantis, erede della Fiat, come reagirà l’ad Carlos Tavares?

Tavares ha detto che l’arrivo di un altro produttore in Italia, magari i cinesi, creerebbe molte difficoltà e che Stellantis, in questo caso, potrebbe intervenire anche sui suoi stabilimenti. Una sorta di ricatto. Vuol dire chiudere? Ridimensionare? Già le fabbriche italiane del gruppo, tranne Pomigliano e Atessa, non è che vadano bene. Mirafiori, Cassino e Melfi sono in sofferenza.

C’è comunque una situazione paradossale: l’Italia che potrebbe rischiare di dire addio a Stellantis e che invece accoglie le case automobilistiche cinesi?


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Io penso che Stellantis rimarrà. Poi la concorrenza fa anche bene. Ci siamo abituati ad avere un solo produttore ma il vento della globalizzazione soffia anche qui: i tempi sono cambiati. In Germania abbiamo Bmw, Mercedes e Volkswagen che producono e sono tre rivali.

Ma siamo in grado di offrire ai cinesi le condizioni giuste per produrre qui?

Bisogna vedere cosa farà il ministro Urso, quali accordi verranno presi. Dongfeng vorrebbe produrre 100 mila macchine da esportare in Europa, la metà della produzione ottimale per Mirafiori: per l’Italia non sarebbe male. Il problema ulteriore è che Dongfeng è azionista di Stellantis: è un modo per vendere la quota che gli è rimasta e sganciarsi dal gruppo o Tavares conta su di loro? Una situazione da chiarire. Sono uscite anche voci relative a un nuovo marchio Dongfeng, Voya, e a Seres, sempre dello stesso gruppo: alcuni modelli di quest’ultimo marchio venivano importati fino a poco tempo fa da Koelliker.

Quali altri marchi cinesi hanno manifestato interesse per l’Italia?

C’è il caso Chery, azienda statale, cinese, il cui presidente Yin Tongyue dovrebbe arrivare in questi giorni in Italia. Ha chiuso un accordo in Spagna per produrre in Catalogna in un ex stabilimento Nissan, ma si tratterebbe in realtà di un sito in cui arrivano macchine dalla Cina e vengono adattate al mercato europeo, un po’ come succede in Italia con la Dr Automobiles di Massimo Di Risio. Ma Chery in Europa vorrebbe realizzare un vero e proprio stabilimento produttivo: il presidente dell’azienda dovrebbe vedere il ministro Urso. Il capo europeo della Chery ha detto che l’Italia potrebbe essere presa in considerazione. Il 2024 è un momento decisivo per loro.

Ma i cinesi aprendo qui produrrebbero solo macchine elettriche o un po’ di tutto?

I cinesi capiscono come va il mercato, producono le elettriche ma anche altri tipi di auto, le ibride per esempio. Ormai hanno imparato tutto dagli occidentali. Questo è il grosso rischio che le marche europee corrono.

A marzo l’export della Cina è cresciuto del 38%. L’invasione del mercato automobilistico da parte dei cinesi è iniziata?

Non la chiamerei invasione, è un’evoluzione del mercato. Come gli occidentali sono andati in Cina ora sta succedendo il contrario.

Un momento in cui, comunque, bisogna avere le idee chiare in termini di politica industriale, tenendo conto dell’opportunità offerta dai cinesi ma anche delle esigenze di Stellantis?

Beh sì. Stellantis, tra l’altro, ha preso una quota del 21% di Leapmotor, un produttore nuovo, cinese. Si diceva che sarebbe potuto venire a produrre a Mirafiori, invece è uscita la notizia che andrà in Polonia in uno stabilimento ex Fca.

Insomma è proprio un momento cruciale per i nuovi assetti del mercato?

Un anno decisivo. Come era arrivato il momento dei coreani e dei giapponesi in Europa, adesso tocca ai cinesi.

L’industria europea come può reagire, con altre concentrazioni di brand?

Potrebbe rafforzare i diversi gruppi, con manager nuovi. Qui in Europa si voleva puntare tutto sull’auto elettrica, comparto in cui i cinesi sono molto avanti. L’industria europea è forte sui motori endotermici, sulle ibride, sta imparando a produrre l’elettrico ma la risposta del mercato è in calo. Ormai lo dice la stessa Commissione europea, in studio secondo il quale le aspettative sull’elettrico non sono quelle preventivate qualche anno fa. Nel 2026 ci sarà una revisione del piano green e poi vedremo cosa succederà.

(Paolo Rossetti)

 

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