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Home » Lavoro » Riforma pensioni 2025/ I conti con la realtà: uscite sempre più difficili (15 gennaio 2025)

  • Lavoro

Riforma pensioni 2025/ I conti con la realtà: uscite sempre più difficili (15 gennaio 2025)

Danilo Aurilio
Pubblicato 15 Gennaio 2025
Foto di Ronald Carreño da Pixabay

Foto di Ronald Carreño da Pixabay

La riforma pensioni non ha apportato alcuna modifica sostanziale, e la realtà che i lavoratori più giovani dovranno versare molti più contributi.

Nel conosciamo l’esito della riforma pensioni 2025 e dei pochi cambiamenti che sono stati introdotti per la poca disponibilità finanziaria. Rispetto alle promesse in campagna elettorale (Quota 41, abrogazione della Fornero e assegni minimi a 1.000€) non è stato rispettato niente di tutto ciò.

Le pensioni minime hanno toccato i 617,67€ mensili e la riforma Fornero è rimasta invariata (proprio come quando è stata varata per la prima volta nel 2011). Con l’andamento attuale però, è difficile pensare che l’età pensionabile possa restare “bassa”.


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La riforma pensioni attuale nel futuro

La riforma pensioni attuale prevede la possibilità di uscire dal lavoro in modo anticipato a 64 anni d’età  grazie alla possibilità di poter cumulare i contributi ricavati dai fonti integrativi. In alternativa sarebbe realmente complesso – specialmente per le nuove generazioni – poter soddisfare i requisiti attuali.


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A confermare le difficoltà odierne è Francesco Maria Chelli, presidente Istat, che nel Piano Strutturale di Bilancio ha messo in evidenza le differenze generazionali tra le vecchie e le nuove, appurando lo squilibrio e le reali difficoltà a causa del precariato odierno.

Il problema sottolineato dal Presidente Chelli si ripercuote sul futuro previdenziale: sarà inevitabile che l’età pensionabile aumenti nel tempo, così come è evidente che il nostro Paese sarà composto da più pensionati che lavoratori.

In pensione a 69 anni e 6 mesi

Le prospettive attuali della riforma pensioni 2025 fanno credere che tra 26 anni circa, l’età pensionabile possa arrivare a 69 anni e 6 mesi d’età. Il motivo è legato al sistema di perequazione attuale, che si basa sulle aspettative di vita (aggiornate ogni biennio).


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E proprio recentemente il sindacato Cgil ha accusato l’INPS di non essere stata chiara e di non aver informato adeguatamente i cittadini italiani sul possibile aumento dei requisiti (a 67 anni e 3 mesi) già previsti tra due anni.

I problemi italiani

Nonostante ogni Paese ha le sue criticità, l’Italia ha diversi punti decisamente gravi su cui dovrebbe lavorare per un futuro migliore. Oltre alle mancanze e all’assenza di una riforma pensioni strutturale, esistono altri quattro punti da dover analizzare e su cui intervenire.

Il primo problema problema che poi si riflette sulle pensioni è la denatalità. In Italia (come in Spagna) i tassi delle nascite sono troppo bassi. Soltanto tra il mese di gennaio e luglio del 2024 le nascite hanno registrato un calo di 4.600.

Un altro problema è l’invecchiamento del popolo, che tra 10 anni sarà ancora più evidente, dato che secondo l’INPS un italiano su tre potrebbe andare in pensione e ci ritroveremmo con più pensionati che lavoratori.

Non vanno tralasciate le baby pensioni, gli assegni precoci – che oggi gravano sui conti dell’Erario – che vennero proposti molti anni fa in cambio di “voti elettorali”.

Infine la piaga del lavoro in nero, un sistema che grava sui lavoratori non permettendo di poter cumulare i contributi necessari per andare in pensione.

Tags: Riforma ForneroProtagonisti di EconomiaCgilRiforma pensioniPensioni di anzianitàPagamento pensioni

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