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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » SPY FINANZA/ I guai del Regno Unito possono mettere in crisi l’Europa

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SPY FINANZA/ I guai del Regno Unito possono mettere in crisi l’Europa

Mauro Bottarelli
Pubblicato 24 Gennaio 2025
La sede della Bank of England (Ansa)

La sede della Bank of England (Ansa)

La Bank of England non sta affrontando una situazione facile e l'Ue non può illudersi di essere immune da eventuali problemi Oltremanica

“Boe Allots £1.06 Bln in Liquidity Operation, Matching Banks’ Bids”. Attorno alle 11.30 di martedì mattina, sugli schermi delle news finanziarie appare questa notizia. L’asta di Short Term Repo del giovedì non basta più. Le banche britanniche chiedono altri soldi a breve termine alla Bank of England. Per l’esattezza, un miliardo di sterline e spicci. Insomma, Tokyo chiama, Londra risponde. La Old Lady è costretta ad aumentare la dose di metadone monetario per i suoi istituti di credito.


SPY FINANZA/ Il rimbalzo del petrolio può mandare in tilt l'Europa


E attenzione, perché all’asta settimanale di Short Term Repo di ieri mattina, quanto generosamente fornito dalla Banca centrale agli istituti di credito non è crollato nell’ammontare. Anzi, assolutamente in media con gli ultimi mesi: per l’esattezza, 46,4 miliardi di allotment. Per capirci, ogni settimana ormai da trimestri, le banche di Sua Maestà si mettono il collaterale sotto l’ascella come un francese la baguette e scendono alla fermata Bank della metropolitana. Imboccano Threadneedle Street e incassano 46 miliardi. Tutte le settimane. E se di colpo, stante l’assenza di un’emergenza conclamata che renda necessaria quella facility, quel denaro venisse a mancare o avesse un cap di allotment tagliato a un massimo di 10 miliardi, cosa accadrebbe?


SPILLO/ Corrado, Scuderi, Salis e Sala, la "Liberazione" non è solo di sinistra


Fidatevi, chiederselo non è questione di lana caprina o elucubrazione accademica. Perché nel frattempo il rendimento del Gilt resta alto. Decisamente troppo alto rispetto al trend impresso all’obbligazionario globale dall’ultimo, miracolistico e quantomai puntuale dato sull’inflazione. Sia negli Usa che proprio nel Regno Unito. Ma da Threadneedle Street è arrivato anche dell’altro. Anzi, in realtà è arrivato dalla vecchia area dei Docks, ora ripulita in cemento e vetro.

Dalla Reuters è giunta l’indiscrezione in base alla quale proprio la Banca centrale di Sua Maestà potrebbe vedersi costretta a porre fine anticipatamente al suo programma di Qt, il dimagrimento di bilancio dopo l’abbuffata del Qe pandemico e l’aiutino del 2022 per la crisi dei Fondi pensione. E attenzione, perché a differenza della pagliacciata della Fed, la Bank of England riversa davvero sul mercato titoli di Stato. Nel momento peggiore, però. Al picco di detenzione onnivora, il controvalore che figurava sui libri della Old Lady era pari a 900 miliardi di sterline, ammontare che al ritmo attuale sarebbe sceso attorno a 560 miliardi entro la fine di settembre.


SHUTDOWN USA/ È già successo: ma stavolta c'è una differenza col passato


Sarebbe, appunto. Perché la Boe potrebbe vedersi costretta – poverina, chissà quale dispiacere – a fermare tutto.

Ora diamo un’occhiata prospettica. Stando alle comunicazioni ufficiali presenti nel Budget, il Tesoro britannico emetterà circa 300 miliardi in Gilts quest’anno. E circa altrettanti nel 2026. Nel frattempo, la Bank of England avrebbe dovuto tagliare le sue detenzioni di circa 100 miliardi dal livello attuale. Ma se la Old Lady si fermerà con le vendite sul secondario, magicamente taglierebbe l’offerta di Gilts del 25%. Una manna per far calare quei rendimenti che non vogliono scendere. E che cominciano a gravare come una spada di Damocle su Fondi pensione e banche esposte sul real estate. Che dite, però, una mossa del genere non rischierà di risultare vagamente inflattiva? E, soprattutto, quell’entità metafisica chiamata mercato, alla fine non smetterà di autoconvincersi che tutto va bene e inizierà invece a prezzare conti pubblici di Sua Maestà così malmessi da obbligare il Governo a un’entrata in tackle scivolato sulla mitica indipendenza della Boe?

Attenzione a guardare troppo il dito dello spettacolo d’arte varia che sta andando in scena Oltreoceano. Perché è la Luna d’Oltremanica che potrebbe rivelarsi il canarino nella miniera di una crisi tutta europea. Che Washington avrebbe tutto l’interesse a veder scatenarsi. E c’è anche una data-detonatore: 23 febbraio, elezioni in Germania. E l’attivismo di Elon Musk proprio sulla scena politica interna di questi due Paesi appare quantomeno sospetto. Pensate infatti che il Brexit opererebbe da schermo e da scudo per il sistema bancario e finanziario dell’Eurozona, in caso dovesse scatenarsi un revival del 2022 o, peggio, saltar fuori la necessità di rendere strutturali più aste repo settimanali o, peggio ancora, trovarsi costretti a salvare la Northern Rock di turno prima che imploda?

Cosa farà la Bce la prossima settimana? A oggi, l’unica notizia uscita dall’Eurotower è stata l’ufficializzazione dei rituali stress test per 96 banche dell’Eurozona, i cui risultati saranno resi noti ad agosto. Per il resto, vaghezza. A partire da cosa fare con i tassi di interesse, se continuare a tagliare per far contente le medesime banche o fermarsi in ossequio alla un tempo decantata e intoccabile data-dependency. Oggi poi la Bank of Japan decide se sacrificare il carry trade sullo yen o il Nikkei azzardando un +25 punti base di tassi che porterebbe il costo del denaro a un massimo ingestibile e insostenibile. Il messaggio in senso contrario partito da Washington sarà stato colto? O dobbiamo prepararci a un dèjà vu del 5 agosto 2024 che acceleri l’intero domino?

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Tags: Elon Musk

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