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Home » Lavoro » LAVORO & IMMIGRAZIONE/ Dalla lingua alle competenze, le sfide per evitare svantaggi

  • Lavoro
  • Immigrazione
  • Politica

LAVORO & IMMIGRAZIONE/ Dalla lingua alle competenze, le sfide per evitare svantaggi

Franco Ferrazza
Pubblicato 9 Febbraio 2025
Ufficio_Lavoro_Uomo_Pixabay

(Pixabay)

Nel mercato del lavoro ci sarà sempre più spazio per gli stranieri, ma si avranno dei vantaggi solamente a determinate condizioni

Il tema dell’immigrazione è sempre più centrale nel dibattito pubblico italiano, non solo per motivi sociali e politici, ma anche per le necessità del mercato del lavoro. Secondo il XIV Rapporto “Gli stranieri nel mercato del lavoro” del ministero del Lavoro, gli occupati stranieri sono 2,4 milioni, pari al 10,1% del totale. Questo dato conferma l’importanza di promuovere una corretta integrazione nel tessuto economico e sociale del Paese.


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Promuovere un’integrazione che accoglie e valorizza le competenze degli immigrati è essenziale per trasformare il loro contributo in un vantaggio per il Paese. La formazione continua è fondamentale per migliorare le condizioni lavorative e favorire la crescita economica. Tuttavia, molte competenze dei lavoratori stranieri restano inespresse o non riconosciute. Questo rappresenta uno spreco di risorse umane in un mercato che, secondo Unioncamere-Excelsior, tra il 2024 e il 2028 richiederà tra 3,4 e 3,9 milioni di nuovi occupati, di cui circa 600.000 stranieri.


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Prevenire lo sfruttamento e valorizzare le competenze

Un aspetto imprescindibile dell’integrazione lavorativa è garantire che i lavoratori stranieri non diventino manodopera a basso costo. Spesso, infatti, il fenomeno del “lavoro povero” colpisce in modo significativo questa fascia di popolazione, che si trova impiegata in settori meno qualificati e con condizioni precarie. Secondo il XIV Rapporto “Gli stranieri nel mercato del lavoro”, molti immigrati svolgono lavori stagionali o poco stabili, contribuendo al rischio di esclusione sociale.

Per affrontare questa situazione, è necessaria una doppia responsabilità: da un lato, gli immigrati devono impegnarsi nell’acquisizione di nuove competenze e nella partecipazione a percorsi di formazione; dall’altro, i datori di lavoro devono adottare pratiche contrattuali eque che valorizzino le capacità dei lavoratori, evitando fenomeni di sfruttamento. Investire nella qualificazione e nel riconoscimento delle competenze non solo migliora l’occupabilità dei lavoratori stranieri, ma contribuisce anche a soddisfare le esigenze di un mercato del lavoro in continua evoluzione. Inoltre, creare condizioni lavorative dignitose riduce il rischio di tensioni sociali e promuove una coesione più ampia all’interno della comunità.


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Mantenersi impiegabili

Oltre alla formazione, saper cercare lavoro è fondamentale per tutti, ma per gli stranieri rappresenta anche un’opportunità per migliorare il proprio italiano e acquisire sicurezza. Imparare a raccontare il proprio percorso e affrontare un colloquio aiuta a rispondere meglio alle richieste del mercato del lavoro. Questo processo facilita non solo l’accesso all’occupazione, ma anche la capacità di mantenersi aggiornati e impiegabili nel lungo termine. La capacità di adattarsi e di rispondere alle evoluzioni del mercato diventa un elemento chiave per prevenire situazioni di vulnerabilità economica e sociale.

La conoscenza della lingua italiana è un fattore chiave per favorire l’inclusione. Secondo l’Istat, il 38,5% degli stranieri di sei anni e più utilizza prevalentemente l’italiano in famiglia, con percentuali più alte tra donne (45,7%) e minori (47,3%). Iniziative come corsi di italiano e attività culturali possono rafforzare l’integrazione sociale, rendendo l’apprendimento più coinvolgente e vantaggioso. Questi interventi prevengono anche il rischio del “lavoro povero” per i lavoratori fragili, promuovendo soluzioni professionali dignitose anche per le imprese.

Il no profit, una silente pietra d’angolo

Un contributo prezioso all’integrazione è offerto dalle organizzazioni no profit, che operano capillarmente su tutto il territorio italiano. La Caritas è un esempio virtuoso: nel 2022 ha assistito circa 700.000 persone, di cui il 50% di nazionalità straniera, con interventi che spaziano dall’assistenza immediata alla formazione professionale (dossierimmigrazione.it).

Rafforzare la collaborazione tra istituzioni e Terzo settore può fare la differenza, creando percorsi di autonomia per gli immigrati e prevenendo lo sfruttamento lavorativo.

Collaborare per un futuro inclusivo

Integrare i lavoratori stranieri non è solo una necessità, ma anche un’opportunità che richiede corresponsabilità da parte di tutta la comunità. Un approccio inclusivo valorizza il contributo di ciascuno e rafforza la capacità della società di affrontare il cambiamento. L’immigrazione può essere una risorsa se integrata in una visione condivisa di crescita comune, altrimenti rischia di alimentare incomprensioni e resistenze.

L’integrazione degli stranieri e dei rifugiati politici rappresenta una concreta possibilità di partecipare al cambiamento, accettando con responsabilità le sfide di un mondo in evoluzione.

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