Liliana Resinovich uccisa il giorno della scomparsa, vittima di percosse e asfissia meccanica violenta: la nuova perizia ribalta tutto.
Altro che suicidio: Liliana Resinovich uccisa dopo una colluttazione, vittima di una asfissia meccanica violenta provocata verosimilmente con l’avambraccio, soffocata con una presa da dietro che non le avrebbe dato scampo. È quanto emerso dalla nuova autopsia i cui risultati sono esposti nella consulenza depositata lo scorso 28 febbraio dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo, dai medici legali Stefano Tambuzzi e Biagio Eugenio Leone, e dall’entomologo Stefano Vanin.
Lo scenario ricostruito dagli esperti incaricati dalla Procura di Trieste spazza via l’ipotesi del suicidio, escludendola completamente dall’alveo delle possibilità, e punta all’omicidio. Lo ha confermato poche ore fa Raffaele Barisani, medico legale consulente di Sebastiano Visintin (marito della vittima) che per primo parlò di lesioni sospette sul corpo della 63enne. La conclusione a cui sono giunti gli specialisti nominati dal pm coincide con quella dei consulenti del fratello di Liliana Resinovich, Sergio, i quali avevano da subito ritenuto inverosimile il quadro suicidario. Oggi Chi l’ha visto? torna sul caso con una nuova serie di approfondimenti all’indomani della svolta segnata proprio dalla relazione appena consegnata agli inquirenti.
Liliana Resinovich uccisa il giorno della scomparsa: così la nuova consulenza “demolisce” l’esito della prima autopsia
Le indiscrezioni che si erano rincorse nelle settimane precedenti al deposito della consulenza Cattaneo parlavano di uno stravolgimento della storia, con l’avanzare della tesi dominante dell’omicidio nel giallo di Trieste. Il documento di circa 200 pagine, reso disponibile poche ore fa alle parti, cristallizzerebbe tutt’altra ricostruzione in merito alle cause e all’epoca del decesso di Liliana Resinovich, ma non solo: localizzarebbe il cadavere nello stesso luogo del ritrovamento (il parco dell’ex ospedale psichiatrico) per tutto il tempo intercorso tra la scomparsa (14 dicembre 2021) e il rinvenimento (5 gennaio 2022).
Restano le perplessità sul perché e il come mai il corpo non sia stato aggredito dalla fauna selvatica né presenti i segni di trasformazione che ci si aspetterebbe in caso di esposizione all’aperto per un così lungo periodo, ma occorrerà attendere di conoscere i dettagli del lavoro svolto da Cattaneo e colleghi per capire quali sono i criteri di cui hanno tenuto conto per ritenere che Liliana Resinovich sarebbe morta lo stesso giorno della sparizione e non sarebbe mai stata spostata.
Quel che appare evidente, davanti a questo preliminare e sommario resoconto della nuova “verità” sulla morte di Liliana Resinovich svelata dalla seconda autopsia, è l’antitesi con le conclusioni del precedente esame autoptico che inquadrò il decesso in una finestra temporale compresa tra le 48 e le 60 ore precedenti al giorno del ritrovamento. La svolta segnata dalla consulenza Cattaneo è sigillata nel comunicato del procuratore Frezza che parla di una necessaria “rivalutazione dell’intero procedimento” alla luce del lavoro minuzioso degli esperti.
Il consulente del vedovo Sebastiano Visintin, il medico legale Raffaele Barisani, ha precisato quali sono i cardini della nuova consulenza: “La morte è avvenuta lo stesso giorno della scomparsa, la salma è rimasta sempre nello stesso luogo. Non c’è stato congelamento. La causa della morte di Liliana Resinovich è una asfissia meccanica esterna, un soffocamento, una compressione atipica fatta con l’avambraccio. Il decesso è contestuale o immediatamente successivo alla lesività evidenziata e che sarebbe stata provocata da terzi“.
