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Home » Esteri » Europa » DIS-UNIONE EUROPEA/ “I veri e i falsi obiettivi del riarmo di von der Leyen”

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DIS-UNIONE EUROPEA/ “I veri e i falsi obiettivi del riarmo di von der Leyen”

Int. Mario Esposito
Pubblicato 6 Marzo 2025
Von der Leyen, Commissione Ue

Ursula Von der Leyen, Presidente Commissione Ue presenta il piano sul riarmo europeo (ANSA-EPA 2025)

Il piano di riarmo UE aumenta la dis-Unione e la volontà di bypassare il parlamento annunciata dalla von der Leyen è preoccupante

Un piano di riarmo da 800 miliardi di euro, 650 dalle clausole di salvaguardia del Patto di stabilità, e 150 tramite l’emissione di obbligazioni, come è stato per il Next Generation EU. Quando il 4 marzo von der Leyen ha presentato l’atteso piano di riarmo europeo “Rearm Europe”, subito gli osservatori si sono divisi. A molti è apparso come una mossa politica frettolosa e azzardata, dettata dalla volontà di sostenere l’Ucraina mentre la realtà sta andando da un’altra parte. Molte perplessità sono andate nella stessa direzione quando la presidente della Commissione ha parlato di “emergenza esistenziale” europea, annunciando la volontà di fare ricorso all’articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, che permette alla Commissione di bypassare il Parlamento.


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Quanto sta accadendo in queste ore è ricco di risvolti giuridici e istituzionali nascosti o sottaciuti, che abbiamo tentato di chiarire con Mario Esposito, ordinario di diritto costituzionale nell’Università del Salento e docente alla Luiss di Roma.

Siamo in un’era di riarmo, ha detto Ursula von der Leyen, e l’UE deve armarsi. Sia per sostenere l’Ucraina, sia per la propria sicurezza. Questa situazione di emergenza è compatibile con i trattati europei?


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L’emergenza, se è avvertita, va affrontata con i farraginosi strumenti dei trattati, che in materia sono molto prudenti. E lo sono perché allo stato attuale l’Unione resta un consorzio tra Stati, i quali conservano le prerogative di politica estera e di difesa: tanto è vero che il Consiglio europeo delibera all’unanimità. Trovo piuttosto singolari, viceversa, almeno due aspetti.

Quali?

Il primo è che il piano consiste nell’incentivazione all’indebitamento dei singoli Stati che possano permetterselo, da un lato mediante un’esenzione delle spese statali di difesa dai limiti di indebitamento previsti dai trattati, dall’altro attraverso la concessione di prestiti da parte della Commissione ai Paesi che ne facciano richiesta.


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Indebitamento, esenzione, limiti, prestiti… Tutte parole e meccanismi che conosciamo.

Per capirci, nulla a che fare con un “debito comune” che possa far presagire un progresso verso un’unione politica.

E il secondo aspetto?

L’altra peculiarità è stata ben rilevata da Le Figaro, che ha acutamente definito il piano von der Leyen un trompe-l’oeil (un artificio illusionistico, nda), ricordando, giustamente, che l’Unione è stata concepita contro la “puissance” statale, quella stessa puissance che oggi von der Leyen evoca come presupposto indefettibile di una pace durevole.

Ecco, a proposito di potenza. “Una pace duratura può essere costruita solo sulla forza”, ha dichiarato ancora von der Leyen. Sembrerebbe realismo politico. Quali problemi pone una dichiarazione come questa all’Europa dei trattati vigenti?

Il punto è uno solo: il presidente della Commissione non è il capo di uno Stato federale.

L’iniziativa delle piazze pro-Europa (15 marzo) è una manifestazione, se la logica ancora funziona, per il riarmo e la guerra. E l’articolo 11 della Costituzione, secondo il quale “l’Italia ripudia la guerra”?

In effetti sembra una piazza che invoca la prosecuzione di questa strana guerra “per interposta nazione”, quando invece l’art. 11 Cost., salvo il caso – e non è il nostro – di difesa bellica contro un attacco da parte di altri Stati, indirizza verso soluzioni negoziate delle controversie internazionali.

La ripresa del dialogo tra Washington e Mosca ha messo in mostra in maniera ancor più accentuata la crisi politica dell’Unione. Tale crisi è solo un problema di decisione politica o è qualcosa di più profondo?

Occorre rammentare che la CEE – e poi l’UE – è un surrogato non sostitutivo della Comunità Europea di Difesa, bocciata dalla Francia nel 1954. Non dimentichiamoci che diversi Paesi hanno poi bocciato la cosiddetta “costituzione europea”, che introduceva la difesa e la politica estera tra i fini dell’Unione. La ragione di tali dissensi consiste probabilmente, come ha detto uno studioso francese, nel fatto che il passaggio ad una unione politica richiederebbe un “harakiri” costituzionale dei singoli Stati aderenti, mentre la comune regolamentazione degli affari economici avrebbe potuto condurre comunque ad una situazione di pace.

Non è chiaro se l’UE, nell’attivismo compulsivo di questi giorni, voglia davvero “mettere i piedi” in Ucraina per fronteggiare la minaccia russa oppure utilizzare l’emergenza e il riarmo con altri obiettivi, per esempio il sospirato completamento dell’“architettura” istituzionale europea.

Tenderei a credere, per ragioni di logica, che siano altri obiettivi, magari in prospettiva egemonica di qualche Paese europeo, che potrebbero essere assecondati dalle differenze in termini di possibilità di accrescere il debito per spese di difesa. Qualcosa che ricorda l’Europa delle grandi potenze, con un pericoloso aumento delle diseguaglianze tra gli Stati.

A questo proposito è da tempo che si parla di “sovranità europea”, come se fosse l’esito “naturale” di una Ue finora incompiuta. Cosa pensa di questa formula?

Le rispondo molto brevemente: finché non si ha l’unificazione politica non si può parlare di sovranità. Si può invece parlare di egemonie, e quindi anche di leghe egemoniche.

La crisi politica dell’Ue non è mai stata così profonda, ciò nonostante non si sa cosa ci aspetti. È c’è il timore di sporgersi a vedere. Vuole provarci?

Sono convinto che l’attuale situazione, emblematicamente rappresentata dal disordinato procedere di alcuni Stati, che un giorno siedono ai tavoli europei e il giorno dopo si presentano come negoziatori individuali o in formazioni ristrette, sia l’ulteriore dimostrazione che nell’UE, anche per difetti “genetici”, aumenti il tasso di “dis-Unione”, che può essere ridotto o eliminato soltanto in due modi.

Quali?

O ripensando profondamente la struttura unionistica in forma di Stato federale, oppure rieditando le forme di concertazione stabile antecedenti all’Unione. Ma sembra non si voglia andare in nessuna delle due direzioni.

Cosa glielo fa dire?

La dichiarazione della von der Leyen alla conferenza dei capigruppo europea di voler ricorrere all’articolo 122 TFUE in materia di emergenze o catastrofi, per evitare il passaggio in Europarlamento del piano di riarmo, alimenta il ragionevole sospetto che tale proposta sia finalizzata a ben altro che al consolidamento dell’Unione Europea; sembra piuttosto intesa a favorire l’emersione dei “più eguali”.

(Federico Ferraù)

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Tags: Ursula Von Der Leyen

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