Con il piano di riarmo europeo può essere forte la tentazione di convertire l'industria automotive alla produzione di armamenti
Il piano varato mercoledì dalla Commissione europea per rilanciare il settore auto è passato in secondo piano perché questa settimana tutti sono stati impegnati a fare i conti dei piani di riarmo della Germania e dell’Unione europea. Gli investitori hanno festeggiato mentre si calcolavano le ricadute economiche di investimenti che, complessivamente per l’Unione, nei prossimi dieci anni si misurano in migliaia di miliardi più che in centinaia.
Nonostante le aspettative del settore automotive, l’ultimo piano della Commissione rimane focalizzato sull’auto elettrica come unico modello verso cui evolvere. Questo avviene mentre diventa chiaro che l’Europa è indietro di uno o due decenni sull’auto elettrica rispetto alla Cina, dove, ricordiamo, il tasso di possesso di un’automobile è meno della metà di quello italiano.
Costringere il settore automotive europeo a ricostruire tutta la sua immensa filiera sul modello elettrico è impensabile tanto più in una fase economica e geopolitica così complicata in cui tutto consiglierebbe di limitare gli investimenti per poter continuare a offrire un prodotto a costi accessibili. In un’ottica di neutralità tecnologica e persino di riduzione delle emissioni, invece, il motore a combustione, su cui l’Europa è tecnologicamente all’avanguardia, potrebbe essere salvato e con esso il settore auto.
L’Europa è troppo indietro sulla tecnologia e, soprattutto, troppo dovrebbe fare per reperire i materiali necessari a garantire a tutti quelli che oggi hanno un’automobile con motore termico un’auto elettrica. Il settore si avvia quindi verso un inesorabile declino in cui l’auto elettrica rimarrà un bene per pochi tendenzialmente appartenenti ai ceti più abbienti. Il resto delle famiglie, come avviene ormai da anni, si terrà stretta l’auto attuale e l’età media del parco auto continuerà a salire.
I piani di investimento in difesa annunciati in Europa per ora aleggiano su cifre monetarie, ma essi richiedono impianti, materiali, personale qualificato, nuove linee produttive, componentistica e catene di fornitura. Lo sforzo industriale è colossale e coinvolge materie prime e uomini proprio quando le crisi geopolitiche, le guerre commerciali e l’invecchiamento della popolazione rendono queste risorse scarse. Le similitudini del comparto della difesa con un settore industriale e “pesante” come quello dell’automobile sono tante.
Il settore auto declina e le imprese europee sono messe nella condizione di non poter investire dalle regole europee che sembrano non aver alcun riguardo né per la realtà, né per il buon senso; il potere d’acquisto delle famiglie scende mentre si calcola che il prezzo medio di un’automobile, rispetto al pre-Covid, sia salito del 50%. La crisi del settore auto crea quindi un serbatoio perfetto per i piani di riarmo europei.
Gli imprenditori sono stretti tra un settore reso ininvestibile dalle regole che vende a famiglie impoverite e un nuovo cliente. Questo nuovo cliente offre soldi pubblici, garantiti, e ancora prima del primo ordine dichiara di avere terribilmente fretta lasciando intendere che non sarà troppo attento ai prezzi. È un cliente che annuncia piani a lungo termine garantiti dai bilanci pubblici.
La crisi del settore auto è una benedizione per i piani di riarmo europei e anche per le imprese che si ritrovano con un nuovo potenziale cliente che non imporrà “limiti di emissione” perché, per esempio, i carri armati non saranno mai elettrici e nessuno tanto meno si chiederà se quello che finisce in un missile è “inquinante”. È un business a cui, giustamente e inevitabilmente, si fa molta fatica a dire di no.
Tutte le considerazioni sulla qualità della vita delle famiglie e degli operai sono un tema di discussione per un’altra volta. Il minimo che si possa dire è che un settore auto in salute farebbe concorrenza al settore della difesa e che la concomitanza dei nuovi piani di riarmo e del piano di “rilancio” europeo dell’auto è sicuramente una coincidenza senza dolo che però fa riflettere. Verrebbe da dire che il piano di rilancio del settore auto è il riarmo europeo e che la conversione del settore non è da motore termico a motore elettrico, ma da auto a carri armati; il tutto reso possibile da una quantità smisurata di soldi pubblici.
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