I messaggi inviati su Whatsapp sono prove legali nei processi civili e penali, le ultime sentenze hanno riconosciuto come validi anche vocali ed emoticon
I messaggi scambiati su Whatsapp possono avere valore legale nell’ambito dei processi sia penali che civili. Sono infatti sempre più numerose le sentenze che hanno riconosciuto come valide le prove costituite da comunicazioni inviate in chat, non solo quelle scritte ma anche i vocali e persino le emoticon. Una questione che era stata chiarita e confermata dalla Corte di Cassazione, che in una Ordinanza aveva stabilito l’ammissibilità delle conversazioni digitali alla pari degli Sms, già ammessi da tempo, qualora ne venissero accertate l’affidabilità e la provenienza.
Legittimo inoltre anche presentare uno screenshot per documentare un fatto, che potrebbe avere un peso importante nella conclusione del procedimento, a patto però di riuscire a convalidare la veridicità dell’origine della schermata. Il quotidiano ItaliaOggi, ha pubblicato una panoramica dei casi in cui il messaggio Whatsapp ha avuto un ruolo fondamentale sulla decisione dei giudici, come ad esempio in una causa familiare in cui è stata data ragione ad una moglie, che contestava all’ex marito di non aver rimborsato alcune spese per i figli, nonostante avesse acconsentito con un semplice “Ok”, inviato in chat. Una risposta del genere infatti, per la legge può valere a tutti gli effetti come accettazione di un accordo senza necessità di ulteriori firme.
Messaggi Whatsapp valgono legalmente nei processi, anche un cuoricino inviato all’amante può costituire prova di colpevolezza
La validità dei messaggi inviati su Whatsapp come prova da presentare in un processo o una causa, è stata stabilita dalla Cassazione, con una regola normativa che da tempo molti Tribunali stanno applicando. Nelle varie sentenze, sono state più volte considerate perfettamente legali anche le altre forme di comunicazione che possono essere utilizzate sulla stessa App di messaggistica istantanea.
Tra queste ovviamente ci sono i vocali, tramite i quali è possibile anche provare di aver accettato le clausole di un contratto o di aver chiesto di recedere da alcuni vincoli. Ma anche una semplice emoticon può bastare per confermare un’accusa. Lo dimostra il caso di una separazione avvenuta a Foggia nel 2022, per la quale i giudici hanno stabilito l’addebito della responsabilità al marito, dopo che la moglie aveva portato come prova una schermata nella quale comparivano i cuoricini che inviava all’amante e la data che attestava il fatto avvenuto quando i due erano ancora sposati.
