Ekaterina racconta come ha conosciuto don Giussani: “Ha risvegliato le mie domande più profonde. Ora ogni situazione ha una risposta”
In memoria di don Luigi Giussani, salito al cielo nel 2005, pubblichiamo la testimonianza, dal Kazakistan, di Ekaterina Yurina (ndr)
Il mio incontro con il movimento di Comunione e Liberazione è iniziato nel 2008, quando nella scuola dove lavoravo è arrivata Lyubov Khon. La sua visione della vita e il suo approccio al lavoro erano molto diversi dalla nostra mentalità, in cui tutto diventava una difficoltà e un problema.
A un certo punto mi è venuta la curiosità di capire cosa permettesse a Lyubov di guardare alla nostra vita in modo diverso, senza accusare nessuno, senza perdere tempo in discorsi inutili, ma sapendo ascoltare, iniziare un dialogo con noi anche dopo situazioni difficili per tutti.
Poco a poco ho iniziato a seguire Lyubov perché questo modo di rapportarsi a tutto era diventato per me una necessità interiore, affascinante e avvincente. In quel momento ho iniziato a capire in quale Compagnia mi trovassi e Chi fosse la sorgente di tutto ciò che mi era stato donato. In questa Compagnia ho risentito le parole “fede” e “amore”, ma queste parole avevano un significato completamente diverso rispetto a quello che conoscevo prima.
Queste parole assumevano volti, carne, luoghi. Fu allora che sentii parlare per la prima volta di una persona chiamata Luigi Giussani, il cui sguardo sulla mia vita e su quella della mia famiglia (anche senza conoscerci) cambiò tutto completamente.
Prima di questo incontro, la parola “fede” per me era solo un termine legato a un edificio chiamato chiesa. Sono stata battezzata nella Chiesa ortodossa a 13 anni per il desiderio delle mie zie di guarirmi da una malattia. Dopo il rito del battesimo, ogni mio legame con la Chiesa si interruppe.
Solo 19 anni dopo iniziai il mio vero cammino verso il mio destino. L’incontro con il carisma di padre Giussani e con gli amici che, senza impormi nulla, mi aprirono orizzonti di cui non ero mai venuta a conoscenza.
Poi ci fu l’incontro con i sacerdoti del Movimento, che mi colpirono per la loro apertura e il loro sguardo profondo e paterno su di noi. Durante un incontro con padre Adelio, mentre ero all’inizio del mio cammino di riscoperta della tradizione ortodossa e non sapevo cosa fare, gli chiesi se potevo passare a un’altra tradizione. Padre Adelio mi rispose: “Vai in profondità nella tua tradizione, scopri quale bellezza ti offre, quali domande trovano risposta.
E quando avrai fatto tutto questo e non avrai ancora trovato le risposte più importanti per te, allora vieni e ne parleremo”. In quel momento quella risposta fu un Dono per me, perché mi fu data la libertà di percorrere il mio cammino e incontrare veramente Cristo.
Ciò che mi colpisce della nostra amicizia è che non ci sono divisioni per età, nazionalità o appartenenza religiosa. Ciò che conta di più è il destino di ogni persona. E continuo a imparare questo sguardo e questo atteggiamento umano verso ogni persona che incontro.
Una delle cose più importanti per me sono diventati gli esercizi e le scuole di comunità guidati da padre Carrón. Mi ha sempre stupito il fatto che, attraverso uno schermo, parlasse di ciò che preoccupava me proprio in quel momento. Sembrava che, a migliaia di chilometri di distanza, parlasse con me delle difficoltà e dei problemi che stavo vivendo in quel periodo. I suoi libri sono stati la fonte delle mie domande, dei miei dubbi e delle mie scoperte.
Una volta, durante una scuola di comunità online con padre Carrón, ho potuto testimoniare la mia esperienza. In poco tempo, attraverso le sue domande e poi i suoi commenti, cambiò il mio sguardo sul problema e sul mio atteggiamento verso di esso. Mi aiutò a risalire alla radice della mia domanda, senza cercare di dare una risposta concreta, ma permettendo a ciascuno dei presenti di rispondere in base alla propria esperienza umana.
Il libro di padre Carrón C’è speranza? Il fascino della scoperta divenne per molto tempo il mio libro di riferimento, perché tutto ciò che ci comunicava attraverso le testimonianze degli amici e la sua esperienza personale mi dava la certezza che ogni situazione difficile ha in sé una soluzione positiva.
Lavoro come insegnante in un ginnasio e cerco di trasmettere ai miei studenti, attraverso le mie lezioni e i miei dialoghi con loro, i loro genitori e i colleghi, ciò che leggo, ascoltavo e ascolto negli incontri con padre Carrón. Ad esempio, nel libro citato, C’è speranza?, Carrón parla dell’importanza di risvegliare le domande profonde.
E, quando iniziavo a parlare con i genitori dei miei alunni delle loro domande su se stessi, dell’educazione, di che cosa significhi essere genitori e cosa significhi essere umani, vedevo come si spaventano di tutto questo. Leggevamo insieme brevi brani dai libri di Giussani e di Carrón, perché questi adulti potessero diventare esempio per i loro figli e trasmettere loro questa sete di vita.
Una delle cose più belle che sono nate grazie al carisma di don Giussani a Karaganda è stato il Centro Inclusivo Giovanile “Mayak”, dove insegno l’inglese ai nostri ragazzi già adulti, oltre a ballare e cantare con loro.
Ciò che provo quando vengo in questo luogo è una grande gratitudine per la nostra amicizia, che alimenta in me questa visione piena di amore e il desiderio di condividere ciò che ho ricevuto nella mia esperienza di caritativa: abbracciare ed essere abbracciata da tutti coloro che varcano la soglia del nostro centro.
Una caritativa che non dura le due ore che trascorro con i bambini, le loro mamme e i loro amici, ma che penetra in tutti gli ambiti della mia vita, perché ciò che ricevo al “Faro” lo porto nel cuore nella mia famiglia e nel mio lavoro.
In questo modo i sacerdoti mi accompagnano nella mia realtà e mi aiutano a non rimanere in superficie, come la nostra mentalità spesso detta. Mi coinvolgono sempre più in ciò che mi è stato donato.
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