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Home » Esteri » Medio Oriente » CAOS SIRIA/ “Al Sharaa come i Fratelli musulmani in Egitto, emargina le minoranze e inganna l’Occidente”

  • Medio Oriente
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CAOS SIRIA/ “Al Sharaa come i Fratelli musulmani in Egitto, emargina le minoranze e inganna l’Occidente”

Int. Sherif El Sebaie
Pubblicato 6 Aprile 2025
Protesta a Ginevra contro il massacro degli alawiti perpetrato dai miliziani governativi (Ansa)

Protesta a Ginevra contro il massacro degli alawiti perpetrato dai miliziani governativi (Ansa)

Al Sharaa vara il suo governo: le minoranze non contano, il potere lo ha HTS. Ma si rischia la guerra civile e un conflitto Israele-Turchia

Attacchi israeliani, una violenza diffusa in molte regioni. E un Paese da ricostruire interamente. La situazione in cui è chiamato ad operare il governo di al Sharaa, da poco nominato, non è certo delle migliori, anche perché bisogna tenere conto delle frange fondamentaliste di HTS, protagonista della caduta di Assad, e, nello stesso tempo, delle minoranze che abitano in Siria.


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L’esecutivo, per questo, ha diviso le cariche usando una sorta di manuale Cencelli, anche se, alla fine, sette ministri, i più importanti, sono di HTS, mentre tra gli altri alcuni hanno addirittura un passato nel regime di Assad, prima della guerra civile. E le minoranze (curdi, cristiani, alawiti, drusi) hanno avuto il contentino di un ministro a testa.


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È un’operazione di facciata, racconta Sherif El Sebaie, opinionista egiziano esperto di geopolitica del Medio Oriente, per far dimenticare che comandano i fondamentalisti. Che, comunque, dovranno evitare una nuova guerra civile e rischiano di vedere il Paese teatro di uno scontro tra Israele e Turchia.

La Siria ha il suo primo governo dell’era post Assad. La sua composizione cosa ci dice del Paese che si vuole costruire? È un esecutivo soprattutto di fondamentalisti?

Sì. E c’era da aspettarselo. L’esperienza insegna, inclusa quella dei Fratelli Musulmani in Egitto: questi movimenti, una volta che arrivano al potere, tentano di detenerlo interamente, possibilmente per non mollarlo più. Ovviamente siamo ancora alle battute iniziali, in cui c’è bisogno di consolidare questo potere e di convincere l’Occidente di essere un interlocutore affidabile per far togliere le sanzioni, far funzionare l’economia e creare un consenso che consenta di mantenere il potere in futuro.


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Quali sono i punti di riferimento di al Sharaa e del suo gruppo?

Certamente hanno imparato dall’esperienza fallimentare dei Fratelli Musulmani in Egitto. Inoltre, hanno la Turchia che li consiglia sul modo più opportuno per condurre questa operazione, simile a quella realizzata da Erdogan in Turchia. È chiaro, comunque, che sono in un contesto diverso, usciti da una guerra civile lunghissima, con un problema non da poco sul confine con Israele. Insomma, ci sono delle varianti che vanno prese in considerazione.

La maggior parte dei ministri, quelli più importanti, sono persone che già governavano nell’enclave di Idlib. HTS mantiene salda la leadership dell’esecutivo?

Una scelta in linea con l’idea di tenere tutto il potere accentrato in HTS, il movimento jihadista. Al Sharaa non lascerà mai dei portafogli importanti o strategici in mano a qualcuno che sia fuori da questo giro. Si tratta anche di una scelta pragmatica, nel senso che queste persone, nel bene o nel male, hanno una minima esperienza di governo, seppur a livello regionale, e ne possono fare tesoro. Un pragmatismo che si è visto pure nella scelta di alcuni ministri implicati con il precedente regime.

Le minoranze, invece, che peso hanno?

I portafogli più marginali, quelli di poco conto, sono andati alle minoranze. Una conferma che questo governo è frutto di un’operazione di make-up, per dimostrare che si è aperti alle minoranze, alle quali, però, di fatto si concede molto poco.

C’è anche una donna, una cristiana, agli Affari sociali: un segnale positivo?

Sì, ci sono una cristiana, un druso, un alawita. Ma si tratta di contentini da manuale Cencelli, stando molto attenti a non concedere troppo, anche ai curdi, che, in teoria, sono la più complicata da gestire tra le minoranze, perché hanno una specie di esercito che, in teoria, dovrebbe fondersi con l’esercito siriano. Anche loro non è che siano molto contenti della formazione del governo.

C’è un rappresentante curdo, che però non avrebbe nessun riferimento con l’amministrazione autonoma del nord-est, nell’area abitata dai curdi, appunto. Una regione con la quale al Sharaa aveva appena stretto degli accordi. Un fronte destinato a riaprirsi?

Assolutamente sì. E pare che ci siano tensioni anche con i drusi: c’è stata una contestazione, addirittura trasmessa in diretta televisiva durante la cerimonia di insediamento del governo, in cui un anziano druso ha rinfacciato al presidente al Sharaa di non aver riconosciuto il giusto livello di rappresentanza alla sua comunità.

Cosa cercherà di fare ora questo governo?

Intanto bisogna considerare il fatto che tutto dipende dal presidente: nella dichiarazione che chiamano Costituzione, tutti i poteri li ha il presidente. In sostanza, è stata abolita la figura del primo ministro, c’è solo una specie di segretario generale che fa da collegamento tra il presidente e i ministri. Il governo cercherà di barcamenarsi in una situazione molto difficile dal punto di vista geopolitico, in cui, da un lato, dovrà mostrare pragmatismo e apertura, tranquillizzando gli Stati Uniti e l’Occidente, e, dall’altro, dovrà rapportarsi con le frange più estremiste di HTS, che probabilmente sono dietro le violenze settarie nei confronti degli alawiti e che, magari, non sono tanto d’accordo sulle modalità operative dell’esecutivo. Dovrà affrontare anche il grosso problema della presenza di Israele, che non passa giorno senza bombardare qualche località siriana.

Il Paese può diventare un terreno di scontro tra Israele e Turchia, visto che Tel Aviv non vorrebbe basi turche nel territorio siriano?

Assolutamente sì, perché la Turchia sta cercando di costruire in Siria un avamposto con basi militari e un centro di comando, dislocando probabilmente sistemi di difesa avanzata, inclusi gli S-300 russi. D’altronde, la Turchia è entrata a gamba tesa nello scenario siriano in un momento di debolezza della Russia, proprio per ritagliarsi uno spazio più importante dal punto di vista geopolitico. Il problema è che, in questo modo, si mette a confronto diretto con Israele, che ha subito invaso il sud della Siria.

Che rischi corre al Sharaa nella gestione della convivenza tra HTS e le minoranze?

La fronda interna, per cercare di mettere i bastoni tra le ruote, potrebbe accendere il fuoco della lotta settaria. Eravamo a due passi dalla guerra civile già qualche settimana fa. La situazione in Siria non è pienamente sotto controllo. La sicurezza, soprattutto di sera, non è garantita, tanto che la gente, a Damasco, a una certa ora non esce di casa. L’equilibrio è molto precario, ci vuole veramente poco perché le cose precipitino.

(Paolo Rossetti)

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