La Lega di Salvini sui dazi e le risposte UE: “niente contro-dazi, fa male dell'Italia. Dialogare col bazooka è da ricovero. Proteggere imprese e filiere”
MENTRE MELONI PREPARA IL VIAGGIO IN USA, LA LEGA SPINGE SUL FATTORE DIALOGO CON TRUMP: LA PROPOSTA DI SALVINI SUI DAZI
La porta di Bruxelles è rimasta aperta (o meglio, non è stata chiusa del tutto) ma la risposta sui dazi di Trump è intanto scattata ed entrerà in vigore il prossimo 15 aprile 2025: appena due giorni dopo la Premier Giorgia Meloni sarà alla Casa Bianca per negoziare sulle tariffe, sospinta dal Centrodestra e in particolare della Lega di Matteo Salvini che punta dritto al fattore dialogo. La “vendetta” promessa da Von der Leyen contro i dazi americani non c’è stata – anche per meriti del Governo italiano sul fronte diplomatico – ma restano pur sempre dazi quelli approvati oggi dal voto del Consiglio Europeo.
Come però ha spiegato ancora ieri sera il vicepremier e segretario federale (appena riconfermato dal Congresso dello scorso weekend della Lega) intervistato da “5 Minuti” su Rai 1, l’Italia sta lavorando per proteggere il più possibili risparmi, oltre che confini, con sistemi atti ad accompagnare chi esporta verso l’estero: tutto però, spiega Salvini, «senza guerre commerciali».
Chi invece pensa a mettere in campo contro-dazi ingenti – è il monito lanciato dal leader leghista – non solo fa il male dell’Italia e degli imprenditori italiani, ma mette a repentaglio la stessa Europa. Pur considerando errata la politica dei dazi messa in campo da Trump, il problema di alcuni Stati UE di rispondere con una guerra commerciale all’orizzonte è quanto di più sbagliato si possa pensare.
Alla fine la mediazione a Bruxelles ha portato a contro-dazi sì, ma stralciando le parti più ingenti come i prodotti industriali e quelli del settore vinicolo-caseario: il problema vero, secondo il Ministro dei Trasporti, non è affatto Trump e la sua politica commerciali, ma prima di tutto «la burocrazia europea».
Con impegno e dialogo di tutte le forze politiche in Parlamento UE è possibile azzerare tale ostacolo costante misto di regole, norme e veti: il problema dunque non è il dazio in arrivo dagli States, ma l’impianto stesso dell’Unione Europea (non dissimile da quanto sostiene l’ex Premier Mario Draghi nel suo report sulla competitività, ndr), così come la Cina e tutti quei Paesi che ancora oggi nel ventesimo secolo «sfruttano i bambini nelle fabbriche a lavorare e che fanno concorrenza sleale alle nostre imprese».
LE FILIERE PRODUTTIVE, IL LAVORO E NIENTE ARMI: I PUNTI CHIAVE DELLA LEGA
È sempre nell’intervista da Bruno Vespa nella striscia serale che Salvini prosegue nell’analisi della pericolosità sui contro-dazi europei, se realmente non si riuscisse a raggiungere un accordo negoziale (come invece auspica il Governo italiano con la missione della Premier Meloni alla Casa Bianca il prossimo 17 aprile). Serve tutelare quanto più possibile le imprese che esportano, quasi tutte eccellenze del Bel Paese, dl mobile al vino, fino al tessile e l’agroalimentare: «bisogna difendere i risparmi degli italiani».
Il Governo metterà in campo ogni strategia possibile – a partire già dal DEF approvato oggi in Consiglio dei Ministri – e proverà nei negoziati diretti con gli Stati Uniti a fissare un criterio e un metodo utile poi per l’intera europea: insomma, conclude il leader leghista Matteo Salvini, il Centrodestra sta mettendo in campo ogni arma possibile, ma resta fondamentale «che a Bruxelles qualcuno si svegli!».
L’Italia deve badare alle proprie filiere produttive e alle imprese che producono PIL, oltre che dare ogni giorno lavoro a milioni di italiani: come ha spiegato poi questa mattina durante un evento elettorale, a commento delle parole choc usate ieri da Trump («alcuni Stati mi baciano il cu*o») è ancora Salvini che reputa disgustosa l’immagine utilizzata, ma al contempo lancia un messaggio a Bruxelles, «serve il dialogo, chi pensa di tratta negli USA con il bazooka sul tavolo, va ricoverato».
