Oltre 200 soldati cinesi combattono per la Russia in Ucraina come mercenari: Pechino nega legami, ma invia osservatori militari. Doppio gioco nella guerra?
Secondo fonti dell’intelligence statunitense e un ex funzionario dei servizi occidentali, più di 200 cittadini cinesi combattono come mercenari al fianco delle truppe russe in Ucraina, senza alcun legame formale con il governo di Pechino; le stesse fonti – che si sono esposte sotto anonimato – dichiarano come questi combattenti abbiano un addestramento rudimentale e un impatto trascurabile sulle operazioni militari di Mosca.
Inoltre, accanto a questi presunti “volontari”, ufficiali dell’esercito cinese opererebbero dietro le linee russe con l’esplicita approvazione di Pechino, con la finalità di analizzare strategie e tattiche della guerra moderna: “Sono lì con il via libera del governo”, è la dichiarazione dell’ex funzionario, configurando uno scenario ambiguo: da un lato il rifiuto ufficiale, dall’altro, un interesse strategico a studiare il conflitto in prima persona, direttamente sul campo.
La controversa questione è emersa prepotentemente dopo alcune dichiarazioni del Presidente ucraino Zelensky, che, a inizio giugno, ha rivelato l’identificazione di circa 155 soldati cinesi schierati con la Russia, due dei quali sono stati catturati nell’Ucraina orientale e confermati dall’ammiraglio statunitense Samuel Paparo.
Pechino ha respinto le accuse, etichettandole come “infondate”, e rimarcando una posizione di assoluta neutralità, nonostante la partnership “senza limiti” siglata con Mosca nel 2022. Un paradosso evidente, considerando il supporto materiale fornito dalla Cina alla Russia: forniture di droni letali, componenti per armi e tecnologie duali, tanto che nell’ottobre 2023 Washington ha multato due aziende cinesi per aver rifornito l’esercito di Putin.
Soldati cinesi in Ucraina: le ombre di una guerra parallela
Il coinvolgimento di Pechino nel conflitto ucraino si muove su due binari paralleli: il primo – ufficioso – riguarda la questione dei soldati cinesi mercenari, soggetti reclutati attraverso canali informali, spesso veterani di milizie private o avventurieri, la cui presenza è stata comparata da analisti a quella dei contractors occidentali in Medio Oriente.
Il secondo – più strutturato – interpella osservatori militari inviati per documentare errori e successi russi, in un’ottica di preparazione a futuri scenari bellici, un’abitudine che richiama alla memoria le missioni di studio condotte dalla Cina in Siria durante la guerra civile.
Mentre la Corea del Nord ha inviato oltre 12.000 soldati in sostegno alla Russia – con migliaia di perdite – Pechino preferisce mantenere un profilo basso, bilanciando il sostegno a Mosca con la necessità di non alienarsi l’Occidente.
Ma in questo contesto opaco e poco trasparente, il silenzio delle istituzioni cinesi e statunitensi (la CIA e l’ambasciata di Pechino a Washington non hanno fatto commenti a riguardo) solleva non pochi dubbi sulla reale portata di questa “neutralità attiva”.
Intanto, l’Ucraina diventa un laboratorio: ogni drone fornito, ogni tattica osservata, ogni sanzione elusa disegna un modello di guerra ibrida che la Cina potrebbe replicare altrove, dallo Stretto di Taiwan al Mar Cinese Meridionale.
