Ieri a Bologna si è tenuta l'Assemblea di Confindustria. Il Presidente Orsini ha chiesto un piano industriale straordinario europeo e italiano
Il Presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, nel corso dell’Assemblea annuale tenutasi ieri a Bologna ha chiesto, sia all’Ue che all’Italia, l’adozione di un piano industriale straordinario, perché “sia l’Europa che il nostro Paese affrontano un rischio concreto di deindustrializzazione”. Il numero uno degli industriali ha ribadito la necessità di un radicale cambiamento di impostazione del Green Deal, un’istanza che la Premier Giorgia Meloni, presente all’assise come la Presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, ha assicurato che l’Italia continuerà a perseguire nelle interlocuzioni con Bruxelles e gli altri Paesi membri dell’Ue. Abbiamo chiesto un commento all’ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili.
Alla fine della scorsa Assemblea annuale di Confindustria si era parlato di una forte sintonia tra Orsini e Meloni. Si è rivista anche ieri?
Orsini ha elencato le cose che sono state fatte dal Governo, ma anche quelle che sono mancate e di cui c’è bisogno, chiedendo un piano industriale straordinario e investimenti produttivi per 8 miliardi l’anno per almeno un triennio. Da ciò è facile dedurre che sia mancata da parte dell’Esecutivo una politica industriale importante e, in effetti, sembra essere il terreno su cui più soffre dal suo insediamento.
Meloni non si è nascosta dietro un dito, ha detto di essere consapevole che occorre attuare dei correttivi, ribadendo la volontà di collaborare con gli industriali e di cercare di venire incontro alle loro richieste. Alla fine, quindi, si è vista ancora una convergenza, una sintonia, anche se sono state evidenziate delle mancanze da parte del Governo.
Mancanze che non sembrano essere state dovute solo alla scarsità di risorse disponibili…
È così, non a a caso Orsini ha spiegato che ci sono ancora tantissime delle 80 misure a costo zero proposte da Confindustria l’anno scorso che possono essere attuate. Meloni ha promesso un’accelerata su questo fronte, vedremo se effettivamente ci sarà.
Una convergenza tra Meloni e Orsini si è ritrovata anche nell’evidenziare la necessità di un cambiamento di rotta a livello europeo, soprattutto per quel che riguarda il Green Deal. La Presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, ha rassicurato gli industriali e gli italiani dicendo che l’Ue è al loro fianco. È realmente così?
La posizione del Ppe, di cui Metsola è componente, sul Green Deal è molto simile a quella italiana, ma è pur vero che forse l’Ue si sta muovendo verso una sua revisione con troppa prudenza. Qualche risultato, come per esempio il rinvio delle multe alle case automobilistiche per il mancato raggiungimento degli obiettivi sulle emissioni di CO2, c’è stato, ma non siamo di fronte a vere e proprie inversioni di rotta. Su questo terreno la Presidente dell’Europarlamento si è un po’ barcamenata. Mi ha colpito, invece, la freddezza con cui la platea di Confindustria ha accolto le sue parole di sostegno all’Ucraina. Un sostegno condiviso dalla Premier, ma che evidentemente non riscuote grande successo nella pancia degli imprenditori.
Orsini ha anche chiesto un piano industriale straordinario a livello europeo, comprendente la necessità di scorporare dal Patto di stabilità e crescita le misure di sostegno agli investimenti industriali: un risultato impossibile da raggiungere?
Non so se impossibile, ma sicuramente molto complicato. Le posizioni sul Patto di stabilità e crescita tra i Paesi membri dell’Ue, infatti, sono diverse. E nonostante la Germania abbia approvato la riforma del freno al debito, non possiamo aspettarci che i Paesi frugali condividano questa proposta. Credo che finché non si tireranno le somme sul Next Generation Eu sarà difficile vedere un allentamento delle regole fiscali europee. Sarebbe già un buon risultato riuscire a ottenere una revisione del Pnrr in modo da poter utilizzare le risorse non utilizzate per altri obiettivi rispetto a quelli originariamente previsti.
Una revisione che la Meloni ha detto che l’Italia proverà a ottenere con l’obiettivo di finanziare una versione di Transizione 5.0 semplificata in modo che possa incentivare gli investimenti delle imprese.
Una strada percorribile, ma che indirettamente rappresenterebbe una conferma di come finora l’Italia non sia riuscita a sfruttare pienamente le potenzialità del Pnrr. D’altra parte sembravano già evidenziarlo l’andamento e le stime sulla crescita del Pil.
Sia da Orsini che da Meloni è stata anche evidenziata l’opportunità di rapporti più stretti con la Germania che possano aiutare il nostro sistema produttivo. È una strada percorribile?
Lo è perché i rapporti commerciali e industriali tra Italia e Germania sono già forti e perché c’è anche una maggior sintonia politica tra i due Paesi, visto che il Cancelliere non è più un membro della Spd, ma della Cdu, anche se sappiamo che Berlino si sta rendendo sempre più protagonista tra i cosiddetti Paesi volenterosi nel sostenere l’Ucraina, mentre Roma ha una posizione un po’ più defilata. C’è in ogni caso una reciproca convenienza a infittire il rapporto, anche in virtù del Piano d’azione bilaterale che è stato siglato proprio dalla Meloni alla fine del 2023.
Sia Orsini che Meloni hanno evidenziato l’importanza di agire sul nodo dei costi energetici che pesano sul sistema industriale italiano. La Premier non ha, tuttavia, fornito indicazioni precise su cosa intenda fare su questo fronte…
Si poteva forse intravvedere un’apertura sulla richiesta riguardante il disaccoppiamento del costo dell’energia prodotta dalle rinnovabili da quello del gas su cui Orsini ha battuto molto. Meloni si è detta disponibile ad affrontare il tema, ma in effetti non ha fornito grandi indicazioni su come intenda procedere. Sarà un banco di prova importante per i rapporti tra Governo e Confindustria vedere come andrà avanti questa partita, anche perché credo serviranno delle risorse per un intervento. Sarà interessante seguire anche un altro tema di cui si è parlato ieri.
A che cosa si riferisce?
Orsini ha definito un problema nazionale quello dei bassi salari, evidenziando che potrebbe essere risolto lavorando, insieme ai sindacati, anche attraverso i contratti di produttività e contrastando i contratti pirata. Meloni, dal canto suo, ha detto che nell’ambito della revisione del Pnrr vorrebbe poter destinare15 miliardi al sostegno dell’occupazione e all’aumento della produttività. Anche i passi che seguiranno a queste affermazioni saranno un test importante per l’Esecutivo.
(Lorenzo Torrisi)
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