Maturità 2025, intervista ad Anna Meldolesi: ha scritto l'articolo sull'indignazione social scelto per una delle tracce della prima prova di italiano
ANNA MELDOLESI E LA TRACCIA SULL’INDIGNAZIONE SOCIAL
L’indignazione nei social media è una delle tracce della prima prova della Maturità 2025. A ispirarla è un articolo scritto a quattro mani da Anna Meldolesi e Chiara Lalli nella rubrica che curano su Sette del Corriere della Sera. “È una cosa davvero divertente“, è stata la reazione di Meldolesi quando le abbiamo chiesto un commento su quello che rappresenta un riconoscimento al loro lavoro, perché il testo riflette in modo critico sul tema e analizza il fenomeno partendo da una ricerca scientifica.
Sui social, spesso, gli utenti reagiscono con rabbia o sdegno a ciò che leggono e vedono: una reazione molto comune che genera molte interazioni. Ma Meldolesi e Lalli si sono chieste se davvero questa indignazione sia utile e produttiva, partendo appunto dallo studio scientifico da cui è emerso che l’indignazione è una reazione ai contenuti ambigui o discutibili.
Chi si indigna lo fa di impulso, senza controllare se il contenuto sia vero o giustificato, senza verificare i fatti. Il rischio è di “sprecarsi” in questioni poco importanti, finendo per non indignarsi su problemi seri, che richiederebbero un impegno concreto.
Dottoressa Meldolesi, quando ha saputo che era finita in una delle tracce della Maturità 2025?
Ho fatto questa ricerca doppia, insieme a Chiara Lalli, per Sette del Corriere. Questo è un articolo con questa formula dei punti di vista. Mi ha girato lei (Lalli, ndr) uno screenshot. Ci siamo dette: ma qual è l’articolo? Perché all’inizio c’era scritto solo che eravamo nelle tracce.
Com’è nata l’idea di quell’approfondimento?
Partiva da questa ricerca su Science, sul legame tra disinformazione e indignazione. L’indignazione e le reazioni emotive rispetto a una notizia sono forti; scattano spesso in relazione anche a contenuti non molto affidabili. Una delle conclusioni che si possono trarre è che, purtroppo, essendoci di mezzo un’emozione così forte, che scatta così rapidamente, gli inviti ad approfondire cadono un po’ nel vuoto. Sui social si reagisce schierandosi immediatamente da una parte o dall’altra.
In base alla mia esperienza, posso dire che tutti siamo immersi in questa infodemia: notizie che dividono, scandali che si accendono, si spengono, campagne di indignazione, eccetera. Oltre alla ricerca pubblicata su Science, ovviamente, c’è l’esperienza; quindi cerchiamo anche di guardare con l’occhio dell’antropologo quello che succede in questi strani mondi, dove c’è una spinta a dividere il mondo tra buoni e cattivi, sulla base di informazioni magari carenti, sbagliate, pregiudiziali.
Rispetto a questo fenomeno, cosa si può fare concretamente per arginarlo?
Aspettare, contare fino a dieci prima di commentare qualcosa o prima di retwittare. A volte anche il silenzio è davvero una bellissima cosa, visto che nessuno di noi sa tutto di tutto, e tantomeno di cose complicate che esplodono e magari riguardano allarmi sanitari, guerre o qualsiasi altra cosa. Ora, nei trend social, la maggior parte dei temi che si affrontano è sicuramente complessa. Quindi, già il fatto di trattenersi dall’avere subito un’opinione, secondo me, è un segno di consapevolezza. Poi è chiaro che c’è una spinta emotiva. Gli psicologi conoscono questa tendenza a dividersi in tribù culturali e a schierarsi, quindi ci sono anche richiami che hanno una radice rivoluzionaria, per cui resistere richiede consapevolezza.
In un passaggio dell’articolo si parla della migrazione da una piattaforma all’altra come possibile soluzione, ma sostanzialmente da dicembre, quando è stato scritto, non è cambiato molto…
Io sono rimasta su X e ho aperto il profilo su Blue Sky. Devo dire che X è molto caotico e può essere fastidioso, perché è molto polarizzante. Ma Blue Sky è molto noioso, perché non succede quasi nulla… Dopo questa spinta, mossa dall’indignazione di muoversi su un’altra piattaforma, Blue Sky offre poche interazioni, nonostante abbia tanti utenti; quindi effettivamente è finita un po’ in soffitta come piattaforma.
Lei come avrebbe preparato questa prova?
L’Esame di Stato è cambiato molto rispetto al passato: infatti, ora sono premiati molto i collegamenti. Ecco, io credo che sarei partita forse da qualche campagna di indignazione molto forte sui social, come TikTok, e avrei cercato di analizzare magari le mie reazioni di fronte a quella campagna. Ma avrei optato per una campagna non troppo politicamente divisiva, perché sarebbe stato troppo rischioso. Avrei cercato un caso di indignazione social per raccontare come l’ho vissuto; così avrei risolto il problema di sviluppare “l’attacco”, per poi riflettere su questa caratteristica dei social.
(Silvana Palazzo)
