Per gli Usa è fondamentale creare emergenze fuori da propri confini. Per l'Ue, invece, diventa difficile fare i conti con le spese nella difesa
Questo è il vostro servizio sveglia. Dal torpore. Dove non troverete aggiornamenti allarmati sul prezzo del petrolio o sul traffico attorno a Hormuz. Per quelli basta un qualunque sito di informazione. Qui trovate il gelido pragmatismo con cui il Tehran Times nella serata di domenica condensava l’accaduto per i suoi lettori.
Caro detentore di debito Usa, i soldi che hai prestato a Zio Sam sono serviti a pagare le bombe che ci hanno colpito. Ma il problema resta.
Quei pezzi di carta sono il collaterale di un Sistema che sta franando. E che come tale, necessita di spostare l’attenzione su un crollo più rumoroso del proprio. Generandolo. Oggi qui, domani là. Ma per quanto il mondo sia grande e le emergenze – vere o presunte – decisamente variegate, prima o poi la ruota del criceto termina il suo giro. E si ferma. Quindi ti conviene disfarti di quella carta utilizzata per finanziare bombe oggi, prima che sia tardi.

Chirurgico. Freddo. Spietato. Molto cinese. Dal giornale degli ayatollah ti aspetteresti toni votati al fanatismo. Sembra un trading desk che analizza livelli di VaR e poi sentenzia. Il nemico con la ferita ancora aperta e sanguinante ha la lucidità di colpire dove da più male: il debito. E attenzione, perché che qualcosa nell’ultima settimana sia andato fuori controllo lo dimostra in primo luogo questo grafico.

Da un lato, al Comex sono cominciati a calare gli stoccaggi di oro fisico a fronte dell’aumento esponenziale dell’indice di incertezza politica (Epu) e della richiesta di consegna via contratti derivati. Praticamente, l’incubo di ogni bullion bank che diviene realtà. Dall’altro, il Big, Beautiful Bill tanto caro a Donald Trump si è andato a schiantare contro il vaglio di quella che potremmo definire la “Ragioneria dello Stato” del Senato Usa. E gli stessi membri del Partito Repubblicano ritengono decisamente difficile giungere alla conversione in legge entro la data-simbolo del 4 luglio fissata dalla Casa Bianca. A meno che non si ceda platealmente su uno dei pilastri. Ovvero, i tagli a Medicare.
Sarà per questo che, casualmente, Donald Trump è passato dalle due settimane di preavviso all’attacco in tempo reale contro l’Iran? In patria la patata bollente cominciava a essere troppo grande da gestire e occorreva spostare un po’ il tiro, in attesa che la Fed venga spinta a fare qualcosa per quel debito da rifinanziare che il Tehran Times ha trattato come i vestiti nuovi dell’Imperatore? O davvero crediamo alla favoletta dell’atomica iraniana?
Casualmente, poi, torna l’Isis. Con un bel botto in una Chiesa. In Siria. Praticamente, Netflix. Perché spaventa l’Occidente cristiano e garantisce verginità di moderazione ai tagliagole piazzati dal medesimo Occidente a Damasco dopo la cacciata di Assad. Se lo attacca l’Isis, sarà buono, no?
Infine, una domanda: non vi pare che Elon Musk abbia sbattuto la porta con tempismo straordinario? La situazione sta andando fuori controllo. Ma evitate di cadere nella trappola del catastrofismo da Terza guerra mondiale. Perché è ciò che il Sistema brama, vuole, istiga. Tutto è molto più pragmatico, venale, ragionieristico. E mica solo negli Usa. Anche qui da noi, mentre tutt’intorno comincia la litania su Sigonella, Aviano e la servitù verso gli Stati Uniti. Dove eravate nel 1999, quando toccare quell’argomento equivale a sporcarsi con Slobodan Milosevic?
Ma mettiamo da parte il risentimento. E utilizziamo la poesia. Trovo che una delle metafore più belle mai espresse sia quella che Eugenio Montale racchiude ne La casa dei doganieri. Questa: …la bussola va impazzita all’avventura. E il calcolo dei dadi più non torna. E quando non torna più la somma racchiusa in quelle facce rotolanti, allora sono guai.
Guardate questo grafico. Ci mostra le ultime proiezioni della Bce rispetto alle spese per interessi dei Paesi dell’eurozona da qui al 2035.

Fra dieci anni, il nostro Paese sarà al top nella ratio fra quella cifra e il Pil: 6%. Più o meno quanto spenderemo per il Servizio sanitario, percentuale attesa infatti al 6,5%. Ma con 3.000 miliardi di stock di debito, noi guardiamo solo dallo spioncino dello spread.
Ora, pensiamo un attimo alla questione del rifinanziamento del debito Usa. Quei 7 trilioni di carta su cui operare roll-over da qui a fine anno e che stanno facendo mettere in campo a Casa Bianca e Tesoro tutte le risorse ordinarie e straordinarie possibili. I rendimenti continuano a salire. Nonostante guerre a ogni angolo del pianeta. Nel contempo, ecco che la politica si concentra su eliminazione del tetto di debito e incremento del deficit attraverso il Big, beautiful Bill. Quello che il Senato ha appena stoppato, appunto, causa rilievi costituzionali da matita rossa.
La somma dei dadi, anche in questo caso, non torna. Quindi si lascia che la bussola impazzita vada all’avventura. E quale? Le spese militari. Anzi, le spese per la difesa. Perché suona più rassicurante. In Spagna sta consumandosi una vera e propria crisi politica con richiesta di dimissioni per il Premier, Pedro Sanchez, il quale ha risposto di no alla richiesta Nato di stanziamenti per la difesa al 5% del Pil. E qui? Perché non parliamo di queste dinamiche? Di queste somme dei dadi che, già oggi e in punta di onestà intellettuale, non tornano.
Il 6% di spesa per interessi non è gestibile. Fin da ora. Se poi il combinato è quello di spese per la difesa in aumento strutturale a erodere gli stanziamenti di welfare, cosa ci attende? Uno spoiler potrebbe essere la Germania, ormai trasformata in una macchina da guerra. Nel vero senso della parola. Dove un tempo c’erano berline e station wagon, oggi ci sono tank. Sembra il 1933. Anche perché per garantirsi un warfare a prova di distruzione da Green New Deal, Berlino ha rotto il tabù del tetto di indebitamento. Lo stesso che gli Usa vogliono levare.
Non vi pare che in questo caos geopolitico che sembra un videogame ci sia un minimo comun denominatore che prescinde Stati canaglia e minacce atomiche? La somma dei dadi non torna. Prossima fermata, Italia.
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