Domani si vota una mozione di censura al governo Bayrou da parte dei socialisti, ma non sarà quella decisiva. Il RN intende aspettare ancora. Ecco perché
Un debito pubblico enorme, tuttora in crescita, e una legge di bilancio che sulla carta vorrebbe ridurlo di 40 miliardi. Ma anche le pensioni, altra voragine nei conti pubblici, da modificare. Per ora senza successo. Il Rassemblement National e le sinistre attendono sulla riva del fiume che il governo centrista voluto da Macron consumi la sua parabola politica. Ma l’arma di Bayrou è duplice. Da un lato l’emergenza di bilancio. Dall’altro la riforma della legge elettorale, ben vista dal partito di Bardella e Le Pen. Dunque è la crisi il paradossale asso nella manica di Bayrou. E i partiti lo sanno.
Francesco De Remigis, giornalista già corrispondente da Parigi, spiega al Sussidiario che “per impostare una nuova campagna di sfiducia servirà un’intesa – ancora difficile al momento da immaginare – tra la destra lepenista e almeno un’ampia parte di sinistre”. Insomma, Oltralpe si naviga a vista, ma tutto può succedere.
Il governo Bayrou non è riuscito a trovare un accordo per correggere la riforma delle pensioni. Anzi, non c’è stata proprio possibilità di dialogo. Perché non é stata raggiunta un’intesa?
Perché prima ancora di sedersi a trattare nel cosiddetto “conclave” con i sindacati, il premier ha escluso un ritorno al pensionamento a 62 anni, come fatto pure dal MEDEF, l’equivalente della Confindustria francese, e dalla sigla delle piccole e medie imprese. Poi Bayrou, la scorsa settimana, ha chiesto alle parti sociali di riprendere i negoziati falliti tre giorni prima. Ma i sindacati coinvolti hanno respinto l’offerta.
Il negoziato aveva fatto progressi?
Il confronto si era già ristretto a misure più mirate, per esempio pensioni più favorevoli per le donne in base al numero di figli e il prepensionamento per i lavoratori impiegati in mansioni gravose, e al massimo una leggera riduzione dell’età legale per la pensione completa (66,5 anni anziché 67). Ma nulla di fatto sul piano generale.
Come si spiega?
Bayrou ha un problema di conti pubblici e le sinistre di abbattere una riforma bandiera della Macronie. E così nessuno ha fatto passi indietro.
Quali conseguenze politiche può avere il mancato accordo?
La prima è fattuale. Bayrou dovrà infatti affrontare subito una nuova mozione “di sfiducia” presentata dal Partito Socialista, domani. Il PS lo accusa di non aver portato la questione dell’età pensionabile, la cosiddetta “età legale”, in Parlamento. Mentre il premier accusa il PS di aver presentato una mozione di censura soltanto per dimostrare di essere all’opposizione di questo governo. Che, va ricordato, in materia di immigrazione pende molto più a destra che a sinistra, con il ministro Retailleau che non ha paura di elogiare il lavoro del governo italiano in materia.
Cosa accadrà? Cadrà il governo?
Non credo proprio. Il premier centrista ha già superato diverse mozioni di censura senza conseguenze, e probabilmente anche questa non avrà conseguenze serie.
Ma il governo Barnier venne sfiduciato.
Barnier cadde perché si vide votare contro sia le sinistre sia la destra lepenista. Non mi pare che siamo ancora a quel punto, il RN non è ancora pronto, magari in autunno lo sarà, e avrà un argomento in più, oltre all’odierna polemica delle sinistre sulla riforma delle pensioni. Serve un tema su cui possono essere d’accordo per non sembrare incoerenti o irresponsabili.
Qual è il tema su cui il RN potrà spingere per una sua “censura”?
Bayrou dovrebbe delineare i punti principali della legge di bilancio entro luglio, ed è noto che prossimamente saranno necessari fino a 40 miliardi di euro di tagli. Vedremo cosa andrà a tagliare, se il budget legato al capitolo immigrazione o altro, comunque i lepenisti avranno gioco facile nell’impostare una nuova campagna di sfiducia, ma anche in quel caso servirà un consenso tra la destra lepenista e almeno un’ampia parte di sinistre. Ma è ancora difficile da immaginare.
Il debito pubblico in Francia sta crescendo ancora, sarebbe aumentato di 40 miliardi in tre mesi: quanto pesa sulla testa del governo e del Paese?
Ha raggiunto il 114% del Pil nel primo trimestre e il governo punta tuttora a risparmiare 5 miliardi di euro per rispettare la legge di bilancio 2025. I negoziati sulle pensioni proseguiranno per altre due settimane. Ma i margini per cambiare l’attuale impianto sono minimi.
Perché il debito aumenta e l’esecutivo non riesce a metterci mano?
Le ultime stime mostrano un ulteriore aumento del debito in essere di 40,5 miliardi nel primo trimestre 2025, attestandosi a 3.346 miliardi di euro. Questo è uno dei motivi della fermezza mostrata sul fronte pensionistico dopo il fallimento del “conclave”. Sindacati e datori di lavoro si sono incontrati ripetutamente negli ultimi mesi, concludendo però che i colloqui erano sostanzialmente falliti prima di iniziare. Uno dei motivi è il costo della “macchina”. Il contributo dello Stato al debito pubblico è aumentato di 37 miliardi di euro, dopo una diminuzione di 3,7 miliardi di euro nel trimestre precedente. Anche il debito delle amministrazioni locali è aumentato (+600 milioni di euro), ma in modo meno marcato rispetto al trimestre precedente, quando era aumentato di quasi 12 miliardi. Mentre il debito previdenziale è aumentato di 3,3 miliardi di euro, rispetto a un calo di 5,5 miliardi di euro nel trimestre precedente. Stabile solo il debito delle varie amministrazioni centrali.
Come si arriva a tagliare 40 miliardi?
Sono allo studio circa 1,7 miliardi di euro di risparmi, inclusi 500 milioni di euro sui prodotti farmaceutici. Il piano includerebbe anche il rinvio al 1° gennaio 2026 degli aumenti delle tariffe di fisioterapia e dei medici specialisti, previsti per il 1° luglio 2025, secondo la ministra del Lavoro e della Salute Vautrin.
Perché nonostante questi grandi problemi irrisolti il governo Bayrou è ancora in piedi?
A onor del vero, molti problemi li ha ereditati. Nonostante Bayrou si avvii ad essere il premier più impopolare della Quinta Repubblica, resta in sella, per ora, grazie al RN, che ha bisogno di tempo e argomenti più forti per andare allo scontro, rispetto a quelli emersi negli ultimi giorni. Bayrou ha preso inoltre un impegno politico.
Quale sarebbe?
L’introduzione del proporzionale alle elezioni. Ha promesso una legge entro fine anno o inizio 2026, ritenendo che “ci sarà una maggioranza”, e dato che è una delle richieste dei lepenisti, tutti loro, compresa Le Pen, potrebbero pazientare ancora e ancora, magari fino ad avere una risposta chiara anche dal tribunale sull’esito del ricorso legato alla vicenda giudiziaria della leader. Intanto i neogollisti si sono già sfilati, spiegando che non voteranno la legge proporzionale.
Cosa pensano di fare RN da una parte e le sinistre dall’altra? stanno pensando a nuove elezioni o temporeggiano?
Diciamo che la fragilità del governo Bayrou e la possibilità di un voto di sfiducia sulla legge di bilancio in autunno hanno già riacceso le speculazioni su un nuovo scioglimento dell’Assemblea Nazionale, che sarà possibile l’8 luglio, quando scadrà l’anno previsto per legge dallo scioglimento della scorsa estate e Macron riacquisterà il potere di andare a nuove elezioni per ridare la parola ai francesi. Certo Marine Le Pen ha invitato sabato i parlamentari del RN a prepararsi a imminenti battaglie elettorali, tra cui proprio la possibilità di uno scioglimento dell’Assemblée in caso di sfiducia del governo.
Sono all’orizzonte nuove alleanze in vista dei prossimi appuntamenti elettorali?
Alleanze, poche. Finora ognuno va per sé, anche se le sinistre restano tutto sommato allineate, a parte i distinguo su Hamas. Bardella, che resta presidente del RN, è però convinto che in caso di scioglimento stavolta la storia non si ripeterà, con il centro sconfitto alle urne che per ragioni numeriche continua a governare pur con allargamenti alla destra neogollista. Il giovane leader del Rassemblement nelle ultime ore si è lasciato andare a giudizi che apparentemente sembrano contenere valutazioni anche di altri partiti, dicendo “siamo tutti d’accordo sul fatto che questo governo non durerà a lungo perché è segnato dall’impotenza”. Magari, partendo da un’intesa per farlo cadere.
E poi?
Poi, di nuovo, lepenisti soli contro tutti. I neogollisti stavolta hanno un loro uomo abbastanza forte, Retailleau. Insomma, niente destra-centro prima delle urne. Anche se nei contenuti, le azioni parlano chiaro. La stretta sull’immigrazione e sull’asilo è figlia del lepenismo crescente.
In tutto questo qual è il consenso nei confronti di Macron nell’opinione pubblica e su quali forze può ancora contare in Parlamento? Sta cercando di serrare le fila dei suoi o lo stanno escludendo dai giochi?
La fiducia del capo dello Stato è scesa al 32%, avvicinandosi al dato più basso registrato dall’istituto Toluna/Harris (31% nell’autunno del 2024) all’inizio del movimento dei Gilet gialli nel 2018. L’ultimo dato mostra un calo di 7 punti tra i sostenitori di Renaissance, il partito del presidente oggi guidato dal giovane Attal, che sta giocando una sua partita personale non del tutto al servizio all’Eliseo. Ma mostra anche un aumento analogo, di simpatie, tra i sostenitori del Partito socialista, della Sinistra e dei Verdi.
Come si giustifica?
Si spiega in parte per alcune sue prese di posizione sul conflitto in Medio oriente e sulla richiesta di riconoscimento dello Stato palestinese. Come accaduto in altre fasi, quando le cose non girano sul piano interno, Macron si rifugia sulla politica internazionale. E cerca di rialzare gradimento e immagine.
E Bardella?
È sempre in cima al barometro della fiducia (40%, stabile), davanti alla leader Marine che a oggi non può candidarsi alle presidenziali per la nota vicenda giudiziaria, ferma al 39% (+1) e all’ex primo ministro Édouard Philippe (35%, stabile). Lui, oggi sindaco, dalla sua posizione defilata dall’Eliseo potrebbe raccogliere i consensi di un’ampia parte della “Macronie” e rosicchiare qualcosa anche alla destra neogollista. Ed è uno dei pochi ad essere ufficialmente già candidati all’Eliseo 2027.
(Paolo Rossetti)
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