Quattro giuristi si scagliano contro il piano di Israele di spostare i civili palestinesi: a loro avviso lederebbe il diritto umanitario interazione
A pochi giorni di distanza dalla presentazione ufficiale da parte del ministro della Difesa di Israele, Israel Katz, del suo personalissimo piano per il futuro di Gaza e dei palestinesi, un gruppo di quattro giuristi israeliani ha firmato una lettera in cui criticano aspramente il progetto delle “città umanitaria” a Rafah, tacciandolo di causare una serie di crimini di guerra e contro l’umanità e avanzando anche l’ipotesi che possa essere accusabile di genocidio.
Prima di arrivare al parare dei giuristi, è utile ricordare che secondo quanto annunciato dal titolare della dicastero della Difesa di Israele il piano sarebbe quello di spostare con l’ausilio dell’esercito di Tel Aviv circa 600mla palestinesi tra quelli attualmente residenti a Mawasi nell’area di Rafah: a questi non sarebbe permesso per nessuna ragione di lasciare l’area e sarebbero periodicamente sottoposti a non meglio definiti “controlli di sicurezza” relativi alla loro eventuale affiliazione ad Hamas.
In un secondo momento, Israele procederebbe a collocare nella medesima area l’intera popolazione di Gaza per poi arrivare al già più volte citato piano di emigrazione (cosiddetta) “volontaria”: l’esito, insomma, sarebbe quello di svuotare completamente l’enclave costiera palestinese, il cui controllo – seppur non esplicitamente detto da Katz – sarebbe assunto dallo stesso Israele o, forse, dagli USA per realizzare il famoso resort di Trump.
I giuristi contro il piano di Israele: “Non esistono giustificazioni per imporre l’emigrazione dei palestinesi”
Un piano – quello di Israele – che fino ad oggi ha già riscosso diverse critiche e opposizioni a livello globale, ma la lettera dalla quale siamo partiti è significativa perché si tratta della prima firmata da stimate menti giuridiche israeliane che non faticano a dire che il progetto di spostamento dei palestinesi sarebbe del tutto illegale e contrario al diritto umanitario internazionale, partendo – non a caso – dalla precisazione che l’evacuazione di civili è legalmente consentita per la sola “sicurezza della popolazione stessa o per impellenti necessità militari”.

Peraltro, secondo i giuristi, tale evacuazione dovrebbe essere limitata nel tempo e subordinata a “garanzie di condizioni di vita adeguate nell’area di ricollocazione”, ovviamente impensabili in un contesto come la distrutta Rafah; mentre secondo le illustri menti del progetto, non è chiaro con quale legittimazione politica Israele – che, ricordano, “nega di essere una potenza occupante a Gaza” – intende mettere un simile piano, aggiungendo anche la clausola – anch’essa illegale secondo i firmatari – del divieto a “fuggire volontariamente dalle zone”.
