Il prezzo dell'argento sta salendo e sembra esserci in atto il tentativo di addossarne la colpa alla Banca centrale russa
Nel giorno in cui l’Ue annuncia il nuovo pacchetto di sanzioni con cui intende colpire al cuore la Russia, lasciate che vi illustri brevemente quanto accadrà a breve sul fronte dei metalli preziosi. Nella fattispecie, il fratello povero della categoria: l’argento.
Pensate che i due argomenti non c’entrino l’uno con l’altro? Pensate male. Già nel recente passato ho toccato l’argomento, poiché a mio avviso era nelle corde che la natura dual use di questo metallo lo portasse prima o poi a un redde rationem con la narrativa da AI come nuova frontiera. A differenza dell’oro che opera da riserva valutaria e backing valutario implicito, l’argento è infatti componente base di produzioni come pannelli solari, auto elettriche e appunto semiconduttori. Quindi scordatevi catenine e braccialetti di poco valore: quando si parla di argento, si parla del best kept secret del mercato dei derivati.
Non a caso, vi raccontavo come le banche che operano nel comparto del mero arbitraggio speculativo sui metalli di carta da sempre avessero imposto un Rubicone invisibile sulle valutazioni dell’argento. Nella fattispecie, 35 dollari l’oncia. Ebbene, da almeno una settimana qualcosa è cambiato. Breakout come si dice in gergo. Ovvero, il superamento di quella linea Maginot. Nelle ultime 72 ore, addirittura con una spinta verso quota 40 dollari. Raggiunta la quale, cambia la narrativa.
Attenzione però a non cascare nelle rappresentazioni da fantafinanza. Per quanto comprimere le valutazioni sotto quel massimo comporti il mantenimento pressoché strutturale di una posizione ribassista record, l’eventuale aumento di quest’ultima a colpi di prestito di azioni sugli Etf per andare short non presuppone affatto il reperimento del materiale fisico, in caso il prezzo salga. Nessuna corsa disperata in giro per caveau in cerca di barre e lingotti. Queste sono panzane.
La riforma del Comex ha infatti pensato per bene a come rendere il mercato dei derivati sui metalli una scommessa pressoché win-win. Si opera infatti sulla logica del contratto per differenza (Cfd), quindi se si è short e il prezzo sale, si chiude la posizione ribassista e se ne apre una rialzista uguale e contraria, contabilizzando la perdita a bilancio. Nessun banco che salta per mancanza di delivery del materiale fisico.
Attenzione però a quanto accaduto giovedì. Ovvero, questo: l’assenza di quote di Etf disponibili al prestito per andare short sull’argento. Zero, come mostra la prima riga in alto.

Tradotto, la massa ribassista aveva raggiunto il suo limite. E in effetti, il prezzo all’oncia si era sgonfiato. E in maniera apparentemente netta, allontanandosi da quella pericolosa quota di 40 dollari l’oncia. E poi, invece, ecco cos’è accaduto: l’assenza di compressione artificiale al ribasso via derivati, il mitico Mr. Slammy, ha lasciato che il mercato operasse una price action non drogata alla base.

E sottotraccia, poi, cosa sta accadendo in contemporanea? Questo: la medesima speculazione, intesa come comunità di chi intende il mercato come un perenne mordi e fuggi, ha appena creato una delle più grandi posizioni rialziste da quando vengono tracciate le serie storiche al Comex. Ovviamente di carta, trattandosi di speculazione su futures. Ma il cambio di prospettiva in questo caso appare quantomai cambio anche di paradigma.

L’argento sta per imporre una price discovery pericolosamente basata sulla sua natura dual use, quella di cui parlavano all’inizio e legata a tutte quelle produzioni 2.0 su cui si basano i vari unicorni green e di conseguenza i contrafforti del mercato tech/AI? E che fine faranno le scommesse miliardarie delle bullion banks che da sempre hanno posto un tetto implicito al prezzo dell’oncia di argento, quei 35 dollari che ora appare sempre più improbo mantenere in servizio permanente effettivo?
Tranquilli, l’arma segreta pare già pronta per essere sfoderata. Leggete qui: casualmente, il mondo verrà presto messo a conoscenza di un altro segreto di Pulcinella e allarmato riguardo alle sue conseguenze. Sta per partire la narrativa in base alla quale dietro alla corsa dell’argento ci sia la Banca centrale russa. La quale aveva candidamente ammesso di aver cominciato ad accumulare quel metallo nelle sue riserve già nel settembre 2024. Ma l’Occidente, forte della sua manipolazione sistemica, fece finta di nulla. Ora, invece, pare pronta la narrativa in base alla quale grazie all’argento il Cremlino potrà tamponare le perdite da sanzioni e proseguire la campagna in Ucraina.
Amenità ridicole, ovviamente. Ma date tempo alla stampa filo-Nato di rendersi conto su cosa stia accadendo, debitamente imbeccata dall’editore-ombra con qualche report ad hoc e una valanga di propaganda prenderà il largo. A tal punto da farvi smettere di indossare la catenina o il braccialetto, talmente la vergogna e il senso di colpa.
E se questo non bastasse a fermare la corsa dell’argento? Facile. Se si riescono a veicolare sufficienti bugie riguardo l’utilizzo strategico di quest’ultimo nei piani finanziari-valutari del Cremlino, qualche sanzione ad hoc potrebbe saltare fuori a tempo di record. Insieme magari a qualche regolamentazione emergenziale del mercato dei futures, al fine di bloccare l’ennesima fonte di finanziamento della minaccia russa. Casualmente, la questione delle riserve di argento della Banca centrale russa è saltata fuori solo ora. Quando la stessa entità aveva reso noto il suo piano di acquisto nel settembre 2024.
Ora, quando l’Ue licenzia il nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca e annuncia che colpiremo al cuore la Russia. Ci faremo male. E la questione argento da cavallo di Troia diverrà ritorno di fiamma. Non ci credete? Datemi 10 giorni di tempo. Poi ne riparliamo.
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