A "Dark Lines" il caso di Simonetta Cesaroni: cos'è successo alla 21enne nello stabile di via Poma, tutte le indagini e le piste inesplorate
La primissima puntata della trasmissione “Dark Lines – Delitti a Matita” – in onda questa sera su Rai 2 a partire dalle ore 23:15 con la conduzione di Valentina Romani – affronterà il caso di Simonetta Cesaroni, la vittima del (purtroppo) noto delitto di via Poma che da 35 anni resta uno dei più profondi e famosi misteri della cronaca nera italiana, nonché tra i più noti e discussi cold case dei quali abbiamo solamente tantissimi dubbi, ancor più ipotesi e nessuna certezza.
Riavvolgendo il nastro, per capire cos’è successo a Simonetta Cesaroni dobbiamo tornare fino al 7 agosto del 1990: quel giorno la 21enne si recò come di consueto al lavoro presso la sede dell’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù siti al numero 2 di via Poma, a Roma, e le ultimissime tracce certe ci rimandano alle ore 17:15 quando la ragazza telefonò a tale Luigina Berrettini per un’informazione sul lavoro che stava svolgendo.
Alle 18:20 Simonetta Cesaroni avrebbe dovuto fare un’altra telefonata al suo ex datore di lavoro, ma non fu mai effettuata e i primi dubbi nella famiglia iniziarono a farsi strada attorno alle 20 quando mancò al consueto appuntamento con la cena in famiglia: solamente attorno alle 23:30 la sorella Paola, il fidanzato Antonello Barone, l’ex datore di lavoro Salvatore Volponi e il figlio di quest’ultimo – Luca – dopo una lunghissima ricerca riuscirono ad accedere agli uffici di via Poma, trovando il corpo di Simonetta Cesaroni riverso in una pozza di sangue, parzialmente denudato.
Le indagini sull’omicidio di Simonetta Cesaroni: tutte le piste e quel sangue A positivo mai identificato
La successiva autopsia rivelò che Simonetta Cesaroni era stata uccisa con 29 coltellate (probabilmente inflitte con un tagliacarte presente nell’ufficio) e gli unici probabili indizi che furono trovati sulla scena erano due distinte tracce di sangue di tipo A positivo, incompatibile con la vittima: da subito – data la brutalità del delitto – le indagini si concentrarono sull’ex fidanzato della vittima Raniero Busco con il quale aveva avuto una relazione conflittuale; ma poi la sua posizione fu archiviata per assenza di prove.

Similmente, fu indagato anche Pietrino Vanacore che era il portinaio dello stabile in cui fu uccisa Simonetta Cesaroni e tra i pochi a possedere la chiavi di accesso, anche lui poi archiviato e morto suicida nel 2010, alimentando l’idea che sapesse qualcosa che non voleva (o poteva) rivelare; mentre la stessa sorte toccò anche al figlio del portinaio, Mario, che secondo alcuni testimoni era innamorato della ragazza, con la quale ebbe un litigio quello stesso giorno.
Tanti dubbi, tante ipotesi, ma – appunto – nessuna certezza e una pista suggestiva sulla morte di Simonetta Cesaroni è anche quella relativa a una testimone, residente nello stabile di via Poma, che parlò della presenza nel cortile dello stesso di due individui che non aveva mai visto e che si aggiravano con fare agitato; mentre secondo il giornalista Igor Patruno si dovrebbe porre soprattutto l’attenzione su quella traccia di sangue A positivo, nel 1990 del tutto impossibile da analizzare e che oggi – forse – qualche risposta potrebbe darcela.
