In cosa consiste il "Grande Israele" e la "missione spirituale" di Netanyahu dopo Gaza: gli scenari di ampliamento e il caos per i civili palestinesi
LA “MISSIONE” DI NETANYAHU E COSA INTENDE PER “GRANDE ISRAELE”
Mentre stamattina l’esercito di Israele ha approvato le ultime linee guida per l’assedio su Gaza City, il Premier Bibi Netanyahu rilascia una controversa intervista alla i24 News dove torna a parlare del progetto del “Grande Israele”, aumentando l’isolazionismo di cui Israele è sempre più “protagonista” in politica estera dopo l’approvazione del piano di occupazione nella Striscia. Incalzato dal giornalista, Netanyahu ha ammesso di sentirsi impegnato in una sorta di «missione spirituale e storica», per la costruzione di un «Grande Israele» che non si limita agli attuali limiti di confine.
Dalla Striscia di Gaza alla Cisgiordania, passando per le Alture del Golan fino alla Penisola del Sinai con anche Gerusalemme Est, insomma tutta una grossa area del Medio Oriente (con parti di Siria ed Egitto) di fatto che rischia di essere il “vero obiettivo” dello Stato Ebraico dopo aver subito per anni gli attacchi delle forze filo-Iran come Huothi (Yemen), Hezbollah (Libano) e Hamas dentro e fuori Gaza.

I territori che dovrebbero essere aggiunti allo Stato di Palestina – secondo le decisioni dell’ONU dopo la Seconda Guerra Mondiale (e dopo l’invasione di Siria ed Egitto di quell’area proprio per provare a cacciare Israele via dalla Palestina, ndr) – per Netanyahu dovrebbero invece rientrare in quella «missione storica» che il Primo Ministro intende portare avanti anche per «le generazioni future di ebrei».
APPROVATE LINEE PER L’ATTACCO SU GAZA CITY: “PALESTINESI POTRANNO USCIRE PRIMA DELL’ASSEDIO”
Se il Grande Israele rimanda alla memoria storica del Paese ebraico nella definizione del 167 dove la guerra arabo-israeliana vedeva come obiettivo di Tel Aviv proprio l’avanzamento di una grossa area del Medio Oriente, Netanyahu e il suo partito Likud si sono sempre basati su questo “sogno” per tarare la propria missione politica, definita però oggi anche «spirituale e storica». Resta da capire se dopo l’eliminazione di Hamas – principale obiettivo dell’IDF e del Governo dopo le ulteriori linee guida approvate il 13 agosto 2025 – il progetto di Netanyahu proseguirà a livello effettivo, viste le forti ritrosie dell’alleato USA ad ampliare ulteriormente la guerra in Medio Oriente.

È dallo stesso Premier israeliano che nel frattempo arriva il consiglio-monito alla popolazione palestinese che ancora rimane dentro Gaza City, circa un milione di persone: «daremo questa opportunità a chi vuole lasciare le zone di guerra e la regione in generale». Con tutta la comunità internazionale praticamente contro, Israele si prepara ad una ulteriore escalation contro Hamas con il progetto di trasferimento dei civili palestinesi in alcune aree del Medio Oriente, non disdegnando altri scenari come quello avanzato oggi da fonti dell’Associated Press che parlano addirittura di reinsediare i civili nel Sud Sudan (un altro teatro di gufa civile con forti problemi di carestia).
