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Home » Cronaca » Cronaca Nera » Delitto di Garlasco, Vitelli: “Non c’erano prove solide per condannare Stasi”/ “Revisione possibile se…”

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Delitto di Garlasco, Vitelli: “Non c’erano prove solide per condannare Stasi”/ “Revisione possibile se…”

Silvana Palazzo
Pubblicato 19 Agosto 2025
Delitto di Garlasco, Vitelli

Il giudice Stefano Vitelli a Bugalalla Crime (screen da YouTube)

Delitto di Garlasco, giudice Stefano Vitelli che assolse Alberto Stasi in primo grado: "Non c'erano prove solide per condannarlo. Revisione possibile se..."

DELITTO DI GARLASCO, L’ANALISI DEL GIUDICE VITELLI

Il giudice Stefano Vitelli, il magistrato che assolse Alberto Stasi nel processo di primo grado per il delitto di Garlasco, torna a parlare del caso ribadendo di aver preso quella decisione perché gli indizi presentavano delle criticità e, quindi, non erano sufficienti per una condanna oltre ogni ragionevole dubbio. Ne ha parlato ai microfoni di Bugalalla Crime, su YouTube, riconoscendo che furono commessi gravi errori investigativi.


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Nell’intervista viene ricordato che Vitelli ordinò perizie e testimonianze nonostante il rito abbreviato, mentre, di norma, con questo rito si decide su atti già raccolti; ma, proprio perché il caso presentava molti aspetti ambigui e controversi, Vitelli dispose quattro perizie e ascoltò testimoni.

Inoltre, il computer di Stasi – utile per verificare l’alibi – era stato analizzato in modo scorretto dalla polizia. «Qui c’è stata un’anomalia fortissima: l’alibi è stato verificato non all’inizio delle indagini, ma a metà del processo di primo grado». Questo, per il magistrato, «è stato un fattore perturbatore delle indagini», perché «l’alibi inizialmente si riteneva falso, mentre in realtà è stato verificato vero a un anno e mezzo, due anni, non ricordo, dal fatto omicidiario».


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Delitto di Garlasco, Vitelli
Il giudice Stefano Vitelli sul delitto di Garlasco a Filorosso (screen Rai)

Se quell’errore emerse subito, altri invece sono emersi anni dopo, come la contaminazione durante l’autopsia con una garza non sterile. A tal riguardo, Vitelli ha constatato che si tratta di un caso unico nella sua carriera, proprio per la sua complessità: infatti lo ha definito «misterioso e difficilissimo».

IL PROBLEMA DELL’ORARIO DELLA MORTE

Tra le criticità forti c’è la questione dell’orario della morte, ma, a prescindere dalle due finestre temporali (prima o tarda mattinata), in generale per il magistrato c’è il problema dei tempi ristretti.


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«Stasi sarebbe tornato a casa pulito, perché se non è pulito, istintivamente – ma questo lo scrissi – la prima cosa che ti viene da fare è quella di toglierti le tracce dell’omicidio. E che fai? La prima cosa che fai è accendere il computer, guardare due foto osé, com’era sua abitudine, e poi metterti a lavorare alla tesi senza soluzione di continuità? Insomma, che fai? Butti via dopo le cose? Le lasci lì un paio d’ore perché “intanto finisco la tesi e poi butto via l’arnese con cui ho ammazzato la mia fidanzata”? Lo sente com’è faticoso, no? Tutto è possibile, però è faticoso», ha evidenziato Vitelli.

La ricostruzione appariva forzata, ma non si può forzare «per fare incastrare la verità, perché poi il rischio, anche se si fa in buona fede, è che la verità non si coglie e si fanno degli errori». Infatti, nella sua sentenza parlò di «un lasso temporale di problematica compatibilità».

IL NODO DEL RAGIONEVOLE DUBBIO

In merito al problema del ragionevole dubbio, molti elementi a carico di Stasi sembravano forti, ma, quando venivano esaminati meglio, emergevano contraddizioni. Ad esempio, la testimone Bermani descrisse un modello di bicicletta diverso da quello dell’allora imputato. L’impronta sul dispenser del bagno sembrava un indizio contro Stasi, ma non c’erano tracce di sangue e il lavandino era sporco, quindi poteva essere frutto di un normale utilizzo, non legato al delitto di Garlasco.

I Ris e le prove sperimentali non diedero certezze assolute neppure sulla camminata sulle scale insanguinate, quindi Vitelli ha ribadito più volte che in tutto il processo si annidava sempre il ragionevole dubbio, motivo per cui assolse Stasi, in un percorso graduale caratterizzato da indizi che si rivelavano fragili.

Ma ha tenuto a precisare che assolse Stasi per insufficienza di prove, non per innocenza piena. Il magistrato, però, non è voluto entrare nel merito delle sentenze successive per rispetto istituzionale, ma sul delitto di Garlasco ha affermato che resta un «caso paradigmatico di ragionevole dubbio».

LA NUOVA INDAGINE E L’IPOTESI REVISIONE

Sulla nuova indagine, invece, si sbilancia definendola «seria», ma invita ad aspettare e pazientare, perché, essendoci il segreto istruttorio, si sa poco al momento: «Quindi stiamo guardando dal buco della serratura, cercando di capire cosa c’è dentro quella stanza, e non è possibile capire fino in fondo cosa ci sia. Bisogna attendere che quella porta si apra e allora vedremo davvero che cosa c’è, oltre all’incidente probatorio, all’impronta».

Ma se emergessero indizi consistenti su un altro soggetto, anche senza condanna certa, ciò per Vitelli potrebbe bastare a chiedere la revisione del processo Stasi: «Una revisione favorevole si può avere anche qualora elementi sopravvenuti portassero a dubitare della colpevolezza del condannato e, come dire, costituissero indizi a carico di altri, non necessariamente che poi portino alla condanna di altri», ha spiegato Vitelli, chiarendo che la questione, al momento, è «prematura».

Tags: Delitto Di GarlascoAlberto Stasi

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