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Home » Energia e ambiente » SCENARIO ENERGIA/ Pichetto Fratin: così abbasseremo i prezzi e riporteremo il nucleare in Italia

  • Energia e ambiente
  • Meeting di Rimini

SCENARIO ENERGIA/ Pichetto Fratin: così abbasseremo i prezzi e riporteremo il nucleare in Italia

Int. Gilberto Pichetto Fratin
Pubblicato 26 Agosto 2025
Gilberto Pichetto Fratin

Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica nel Governo Meloni (Ansa)

Al Meeting di Rimini oggi si parla anche di energia nucleare, insieme al ministro Gilberto Pichetto Fratin

Tra gli ospiti del Meeting di Rimini oggi ci sarà anche Gilberto Pichetto Fratin, esponente di Forza Italia, ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, che parteciperà a un incontro dal titolo “Dentro la transizione energetica: quale ruolo per il nucleare?”.

Come noto, uno degli obiettivi del Governo Meloni è quello del ritorno dell’Italia al nucleare sostenibile di nuova generazione, in attesa dell’energia da fusione. Una scelta dettata anche dal fatto, ci spiega il ministro, che «attualmente i consumi annui di elettricità nel nostro Paese si attestano a poco più di 300 TWh. Considerando, tuttavia, gli sviluppi dell’Intelligenza artificiale, che richiederanno nuovi data center, nonché l’elettrificazione della mobilità, nonché le esigenze legate alla decarbonizzazione nel settore immobiliare, gli esperti nei prossimi 15-20 anni si attendono un sostanziale raddoppio di tali consumi.


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È per questo motivo che dobbiamo necessariamente ragionare sul nucleare di nuova generazione: non possiamo pensare di soddisfare la crescente domanda di elettricità solo tappezzando il Bel Paese di impianti fotovoltaici ed eolici, che hanno anche una caratteristica di intermittenza non facilmente risolvibile coi soli accumuli»


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A febbraio il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge delega per il “nucleare sostenibile”. Cosa succederà ora?

Il Ddl delega ha avuto il parere positivo della Conferenza unificata a fine luglio; dopo la pausa estiva approderà in Parlamento per cominciare il suo iter. Vi saranno con tutta probabilità consultazioni e audizioni il cui approdo finale ci auguriamo sia l’approvazione della delega per poter poi varare nei dodici mesi successivi le norme attuative. Queste definiranno il quadro giuridico necessario al ritorno alla produzione di energia nucleare nel nostro Paese – dalle regolamentazioni tecniche a quelle relative ai controlli per la sicurezza e al permitting – e dovranno ricevere il parere positivo delle Camere.


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Quanto tempo potrà volerci per completare questo percorso?

Credo che per la fine del 2026 o l’inizio del 2027 dovrebbe essere completato il processo per dotare l’Italia di un nuovo quadro giuridico che permetta poi di compiere le scelte conseguenti, che dovranno naturalmente tenere conto di quelle che saranno le disponibilità anche tecnologiche del momento.

In questo senso si punterà sui piccoli reattori di nuova generazione (Smr), che però non saranno pronti prima del 2030, o su quelli di terza generazione già disponibili?

Sulla base delle analisi svolte anche a livello internazionale da diversi esperti penso si possa ritenere che il futuro non sia più rappresentato dal modello delle grandi centrali, ma dai piccoli moduli nucleari che in prospettiva, a metà del prossimo decennio, potranno anche avere un sistema di raffreddamento a piombo. Guardando ancora più avanti, oltre il 2040, potrebbe essere pronta l’energia da fusione. Oggi, quindi, restiamo in attesa della produzione in serie dei piccoli moduli di ultima generazione.


SCENARIO ENERGIA/ Pichetto Fratin: così abbasseremo i prezzi e riporteremo il nucleare in Italia


L’obiettivo che ci siamo dati, condiviso dal Presidente Meloni, è quello di dotare il Paese della condizione giuridica necessaria a compiere, quando la tecnologia sarà matura, le opportune valutazioni, anche di carattere economico.

Considerando i tempi indicati sarà un tema che si porrà nella prossima legislatura e che interesserà anche la precedente campagna elettorale nazionale. Non mancheranno delle opposizioni dopo due referendum (1987 e 2011) sul nucleare, soprattutto sul tema del deposito delle scorie.

È probabile che vi sarà un dibattito su diversi aspetti, come quello relativo alla sicurezza sul quale ci stiamo già muovendo, per far sì che gli organismi preposti possano avere un quadro giuridico adeguato. Per quanto riguarda le scorie dei vecchi impianti, oggi la gran parte dell’alta attività che deriva dal riprocessamento del combustibile, è in Francia e in Inghilterra. Naturalmente è necessario attrezzare un centro di stoccaggio per il momento in cui verranno restituite.


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Per il deposito geologico il ragionamento da fare è comune a livello europeo. Bisogna però ricordare anche che queste scorie, che sino a oggi sono state considerate solo un problema, in futuro potranno costituire una risorsa in quanto saranno materiale combustibile per i reattori di nuova generazione.

I rifiuti a decadenza breve invece, che in gran parte derivano dall’uso civile sanitario, attualmente sono stoccati in oltre un centinaio di siti sparsi ovunque in Italia: è logico l’indirizzo di concentrare il più possibile questi rifiuti in uno o pochi siti, anche in base ai diversi periodi di decadimento.


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State già operando in questa direzione?

Stiamo svolgendo delle verifiche sulla mappatura realizzata ormai dieci anni fa sui possibili siti e non escludiamo di prenderne in considerazione degli altri, in concorso con Comuni e Regioni, qualora fossero idonei.

Tra i temi del dibattito ci sarà probabilmente anche quello relativo ai costi della realizzazione degli impianti nucleari nel nostro Paese.

Credo che sarà una valutazione da fare al momento in cui si potrà effettivamente compiere quella scelta di investimento, guardando anche alle tecnologie disponibili in quel momento.

Nel frattempo, come si può cercare di abbassare il prezzo dell’energia?

Fino a prima del 2022 avevamo un prezzo del gas più che dimezzato rispetto a quello attuale, ma abbiamo ancora bisogno di questa fonte fossile perché con le rinnovabili (idroelettrico, fotovoltaico, eolico, geotermico e biomasse) arriviamo a coprire poco più della metà della domanda nazionale.

Il problema è che il prezzo di tutta l’elettricità, indipendentemente dalla fonte utilizzata per produrla, a oggi viene calcolato sull’ultima quota di offerta, quella marginale, che molto spesso è prodotta utilizzando il gas. Quindi, oltre ad aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili, come stiamo già facendo, dobbiamo cercare di superare questa situazione per cui il gas, pur contribuendo per meno del 50% alla produzione di elettricità, determina nel 70% dei casi il prezzo finale.

Bisognerebbe arrivare al tanto richiesto disaccoppiamento del prezzo dell’elettricità da quello del gas.

Un disaccoppiamento che formalmente può avvenire solo a livello europeo. Noi stiamo cercando di attuarlo nei fatti tramite modalità contrattuali (come l’energy release destinato alle imprese) o di produzione (per esempio quella destinata all’autoconsumo), che possono essere ulteriormente sviluppate aiutandoci così ad abbassare il prezzo dell’elettricità nei prossimi anni, in attesa di modificare il mix di produzione energetica del nostro Paese.

Ci può spiegare perché è stata presa la decisione di non dismettere le centrali a carbone ancora presenti in Italia?

Le due centrali presenti in Sardegna resteranno operative fino al 2028 in quanto oggi non c’è un’alternativa per la produzione elettrica regionale. Sono invece ferme le centrali di Brindisi e Civitavecchia perché antieconomiche rispetto a ogni altra fonte di produzione, oltre a essere altamente inquinanti. Abbiamo deciso però di non smantellarle ancora per una questione di sicurezza energetica nazionale. Dobbiamo infatti essere pronti a rimetterle in funzione nel caso, che ci auguriamo non si verifichi, vi fossero problemi nelle forniture di gas dalle pipeline che riforniscono il nostro Paese.

Il nucleare entrerà a pieno titolo tra le energie “green” riconosciute dall’Ue?

Credo proprio di sì, mi sembra si sia rientrati dalla sbandata ideologica che aveva contraddistinto la precedente Commissione europea, anche perché senza il nucleare come si potrebbe rispondere alla crescente domanda energetica che, come spiegavo all’inizio, contraddistinguerà i prossimi decenni? L’alternativa sarebbe quella decrescita felice, a mio avviso in realtà infelice, che qualcuno propagandava fino a qualche anno fa.

A proposito di Ue, credo sia importante ricordare che dallo scorso giugno l’Italia è entrata ufficialmente, dopo un breve periodo da osservatore, nell’Alleanza europea per il nucleare che, tra le altre cose, faciliterà lo sviluppo coordinato degli investimenti nell’energia nucleare.

(Lorenzo Torrisi)

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