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Home » Politica » SCENARIO GOVERNO/ Speranzon (FdI): la manovra aiuterà anche il ceto medio, ora correggere la linea-Ursula

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SCENARIO GOVERNO/ Speranzon (FdI): la manovra aiuterà anche il ceto medio, ora correggere la linea-Ursula

Int. Raffaele Speranzon
Pubblicato 27 Agosto 2025
Raffaele Speranzon (FdI) in Senato (Ansa)

Raffaele Speranzon (FdI) in Senato (Ansa)

Il senatore Raffaele Speranzon (FdI) affronta i principali temi dell'agenda di governo, dall'Ucraina alle regionali. Oggi la Meloni sarà al Meeting

“Pace giusta” in Ucraina, ma senza mandare soldati; critiche alla “terzietà” di Draghi, responsabile della crisi attuale dell’Ue, e poi i temi della manovra, che si sono già riaffacciati al dibattito politico. Senza dimenticare l’appuntamento clou dell’autunno, le elezioni regionali. Il Sussidiario ha fatto una chiacchierata con Raffaele Speranzon, senatore di FdI e vicecapogruppo vicario al Senato, nato e cresciuto politicamente in Veneto, dove è stato capogruppo in consiglio regionale.


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Fidatissimo di Giorgia Meloni, nello scorso maggio la presidente del Consiglio ha lanciato la sua candidatura alle prossime regionali, ma va ancora trovato l’accordo tra i leader di centrodestra. Oggi la Meloni è attesa al Meeting di Rimini.

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Per oltre due anni abbiamo assistito a un totale stallo, senza nessuna via d’uscita. Oggi, grazie all’iniziativa di Trump, il quadro si è sbloccato ed è un fatto positivo. La speranza è che adesso si arrivi a un risultato positivo nel rispetto di una condizione per noi irrinunciabile.

Quale?

La pace deve essere giusta. La libertà dei popoli e il rispetto del diritto internazionale non si possono barattare su nessun tavolo. L’Italia oggi è protagonista nel rafforzare il dialogo tra USA, UE e Ucraina proprio per arrivare a una soluzione duratura, non a una resa mascherata.

In che modo il governo cerca di perseguire questo obiettivo?


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Tenendo unito l’Occidente. L’alleanza tra Stati Uniti ed Europa è stata per settant’anni la garanzia delle nostre democrazie. Vogliamo evitare che quell’asse si rompa, perché senza quell’unità non ci sarebbe né sicurezza né futuro per l’Europa.

Il governo è pro o contro i “volenterosi”?

Truppe italiane noi in Ucraina non ne mandiamo. Lavoriamo per fermare la guerra, non per alimentarla. Ma non possiamo ignorare che c’è un aggressore e un aggredito: sostenere ad esempio con forniture antimissile l’aggredito significa difendere civili innocenti e infrastrutture strategiche.

Qual è la sua opinione sul discorso di Mario Draghi al Meeting?

Draghi è una voce autorevole e va ascoltata con rispetto. Ma in passato non è stato spettatore: mi pare sia stato protagonista di quelle scelte che hanno reso fragile l’Unione Europea che oggi lui stesso critica. E quando non ne è stato protagonista è rimasto comunque afono.

Continui.

Le sue parole sono anche una forma di autoaccusa. Per anni chi denunciava i limiti di questa Europa veniva bollato come anti-europeo o sovranista. Oggi perfino Draghi ammette che quell’impianto non funziona. Noi lo sosteniamo da tempo: un’Europa costruita così fa più danni che benefici ai suoi popoli e alle sue imprese.

Oggi cosa si dovrebbe fare?

Un’Europa forte oggi può essere costruita solo dalle nazioni che la compongono e non da quel super-Stato burocratico che vorrebbe governarla. È l’opposto di ciò che qualcuno per troppi anni ha tentato di fare. Serve un europeismo che guardi ai popoli europei proponendosi di garantire loro maggiore prosperità e sicurezza.

Il governo si propone di spingere i salari e difende la necessità di un grande patto sociale. Per farlo servono tutti gli interlocutori, Landini compreso, ma il capo della Cgil non ci sente. Soluzioni?

Farei due osservazioni. La prima è che la strada della concertazione funziona: abbiamo siglato molti contratti con le parti sociali, altri verranno rinnovati. Chi vuole trattare trova un governo pronto.

Seconda osservazione?

Gran parte dei contratti con paghe da fame porta la firma della CGIL. Landini le battaglie sui salari le ha dimenticate fino all’arrivo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Evidentemente c’è chi preferisce agitare bandiere politiche invece di difendere i lavoratori.

È Landini il vero capo dell’opposizione?

Non so se sia lui il leader dell’opposizione. Constato solo che spesso i predecessori hanno fatto carriere politiche nel PCI in passato e nel PD oggi. Il punto è che il tema non è solo dei salari d’ingresso nel mondo del lavoro, ma la possibilità per i lavoratori di vederlo crescere nel tempo grazie a professionalità e competenze acquisite ed esperienza. È soprattutto lì che bisogna intervenire.

Un altro problema del governo è che non sa come abbassare il prezzo dell’energia. E tante imprese sono sono in crisi o chiudono per questo.

Le tensioni geopolitiche in atto creano problemi enormi e questo, insieme alla difficoltà di fare previsioni di lungo periodo e alla speculazione sui mercati energetici, si ripercuote sulle bollette. Poi ci sono gli oneri di sistema. Un dato è certo: sicuramente le rinnovabili da sole non possono sostituire il gas.

Il Green Deal va corretto?

Il Green Deal è stato un autogol: un enorme dazio che ci siamo imposti da soli. Ha favorito chi, fuori dai confini europei, non rispetta le nostre regole e ha messo in difficoltà le nostre imprese. Serve un approccio pragmatico, non ideologico.

Le chiedo di nuovo: cosa fare?

La strada della passata “maggioranza Ursula” è stata fallimentare. Va smantellata o corretta radicalmente, perché rischia di distruggere la nostra competitività industriale. Speriamo arrivino segnali più coraggiosi di quelli che abbiamo visto fino ad oggi.

La cosiddetta “pace fiscale”, sulla quale la Lega insiste così tanto, si farà?

Dipende da cosa si intende. Non può diventare un premio agli evasori. Deve essere un aiuto a chi vuole pagare le tasse ma è in difficoltà. Noi dobbiamo mettere in condizione i cittadini onesti di poter pagare le tasse. L’obiettivo è salvare imprese e posti di lavoro, non fare condoni.

Ma qual è la sua pace fiscale?

Un fisco meno vessatorio e più corretto. Uno Stato che distingue tra chi non vuole pagare e chi non può pagare. Prudenza e lungimiranza: questa è la vera pace fiscale.

Intanto si è aperto il dibattito sulla manovra. Che cosa può anticiparci?

È presto, ma la linea è chiara: aiutare il ceto medio e i redditi più bassi. Con il taglio del cuneo fiscale in questi tre anni abbiamo dato un segnale forte che oggi è diventato strutturale. Continueremo su questa strada guardando non solo ai redditi più bassi ma anche al ceto medio.

C’è una parte della magistratura che è ostile al governo?

Non lo dico io: lo hanno ammesso alcuni magistrati in riunioni pubbliche. Esiste una minoranza politicizzata che vuole usare la toga come strumento politico.

È per questo che osteggiano la riforma?

Sì. La separazione delle carriere è il cuore della riforma e il suo “torto” è quello di voler dare ai cittadini un giudice terzo per garantire il diritto ad un processo giusto. Ma soprattutto prevede che i magistrati eleggano i membri del CSM solo tra una rosa estratta a sorte, in modo da ridurre il potere delle correnti. Il governo Meloni, con la riforma della giustizia, intende rafforzare indipendenza e terzietà. Una magistratura che fa giustizia, non politica.

Non teme che la magistratura contraria sia più ampia di quello che si crede?

No. La gran parte dei magistrati vuole riforme e ci incoraggia, ma non ha il coraggio di dirlo apertamente per timore di ritorsioni. Ed è proprio per loro che dobbiamo andare avanti. Per liberare la magistratura dai condizionamenti politici!

Elezioni regionali d’autunno. Partita ardua, vero?

Ardua non direi, nelle Marche siamo ottimisti, abbiamo un sondaggio su Acquaroli che lo dà 7 punti avanti su Ricci. L’evoluzione che c’è stata in questi ultimi mesi ne rafforza il consenso a dimostrazione che i marchigiani stanno riconoscendo il grande lavoro fatto dal presidente uscente in questi cinque anni. Le altre regioni al voto in autunno dove ci sono maggioranze di sinistra mi sembrano tutte assolutamente contendibili e credo riserveranno sorprese.

Il Veneto è la regione chiave della prossima tornata. Soprattutto per le tensioni nel centrodestra sul candidato che non c’è ancora. Cosa può dirci?

Tra qualche giorno le forze politiche di centrodestra ne parleranno e si troverà una sintesi.

Tutti sanno che il suo nome è sul tavolo.

I nomi e le casacche… Da mesi si parla solo di questo. Alle politiche Fratelli d’Italia ha ottenuto il 32,5%, alle europee il 37%. È un chiaro segnale di quale sia l’orientamento politico degli elettori nella mia regione. E proprio perché abbiamo questa responsabilità, l’obiettivo di Fratelli d’Italia è garantire ai veneti altri dieci anni di buon governo e una coalizione unita. Nei prossimi giorni assieme agli alleati del centrodestra sarà individuato senza grossi problemi il miglior candidato per governare il Veneto del futuro.

(Federico Ferraù)

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