Delitto di Garlasco, il giudice Stefano Vitelli: "Perché non assolsi subito Alberto Stasi". A Ore 14 Sera evidenzia anche un aspetto che viene ignorato…
Il delitto di Garlasco è «un caso paradigmatico di ragionevole dubbio» per il magistrato Stefano Vitelli, il giudice che assolse in primo grado Alberto Stasi. «Era ed è, a mio avviso, ragionevole dubitare che sia stato davvero lui», ha dichiarato nell’intervista resa a Ore 14 Sera, in cui ha ribadito l’eccezionale complessità del caso e del processo.
Per quanto riguarda l’imputato, essendo stato un processo celebrato in rito abbreviato, non è stato interrogato, ma ricorda l’imbarazzo quando venivano mostrati i contenuti pornografici trovati nel suo pc e il fastidio quando veniva trasmesso l’audio della chiamata ai soccorsi.

«Era un po’ infastidito, un po’ imbarazzato», ma in generale «sempre molto controllato e attento».
DALLE INDAGINI AI DUBBI: PARLA VITELLI
Per quanto riguarda le indagini, ha confermato che quelle iniziali «avevano delle criticità», a partire dalla questione del pc, in riferimento – in particolare – agli accessi dei carabinieri che hanno “sporcato” il contenuto informatico, oltre a alcune ed errori, che comunque ritiene possano capitare, anche perché inizialmente si pensava a un incidente domestico, poi è emerso chiaramente che si trattava di omicidio. Tutto ciò ha alimentato dubbi e incertezze, che non possono andare a discapito dell’imputato.
DELITTO DI GARLASCO, IL REBUS DEL MOVENTE
Per quanto riguarda il movente, non è stato mai provato, quindi la lite resta un’ipotesi su cui non sono emersi elementi solidi. Ad esempio, è stato escluso che la vittima potesse aver visto il materiale pornografico presente sul pc del fidanzato: lo ha smentito una perizia richiesta dal magistrato.
Pur ritenendo che tutto possa accadere nelle dinamiche umane e di coppia, e quindi possano esserci liti feroci, non ha riscontrato elementi che potessero far pensare alla lite: ad esempio, non ci sono stati tentativi di chiamata. In altre parole, non sono emersi elementi che potessero smentire Stasi anche sulla questione del movente.
LA DOMANDA SULL’ASSOLUZIONE…
Vitelli non si è tirato indietro neppure quando la criminologa Roberta Bruzzone gli ha chiesto perché, alla fine del dibattimento, non abbia assolto Alberto Stasi ma abbia deciso di far ripetere le indagini. «Probabilmente la difesa di Stasi, nel chiedere l’abbreviato, confidava in una assoluzione. Comunque c’era già stata un’ordinanza in cui io mettevo in evidenza alcune criticità, ad esempio legate al computer», ha replicato Vitelli, che poi è stato ancor più esplicito.

«Era un omicidio, era un caso talmente grave per cui non me la sentivo di assolvere subito. Era necessario, a mio avviso, usare i poteri che la legge mi conferiva, sia pure caricandoli nel caso specifico, per approfondire in maniera multidirezionale».
Gli approfondimenti in questione sono stati condotti in un’ottica precisa secondo il magistrato: capire se le criticità potevano essere superate e in quale direzione. «L’esempio più clamoroso è proprio l’alibi informatico». Infatti, la perizia informatica ha concluso che Alberto Stasi ha lavorato effettivamente alla tesi.
DALLA CAMMINATA DEL KILLER AL PALLORE DELLA VITTIMA
Complessa è pure la vicenda della camminata, su cui fece fare una perizia, le cui conclusioni stabilire che Stasi non poteva non aver calpestato le macchie di sangue, ma d’altra parte anche le scarpe dei carabinieri risultarono pulite: «Questo non significa che Stasi ha detto il vero. Questo, a mio avviso, è uno dei tasselli rispetto a questo indizio che pone il dubbio che abbia davvero detto una bugia e che in realtà sia entrato».
Un altro aspetto che, secondo Vitelli, non viene valorizzato fino in fondo riguarda l’indicazione del pallore e del luogo dove era il cadavere: «Lo scivolamento non sarebbe stato secondo immediato, avrebbe impiegato un certo lasso temporale, e allora lì vede come ci si ricollega al problema dell’alibi confermato e dei ventitré minuti… perché se lui ha fatto tutto in fretta e furia e non è più entrato, allora t’aspetteresti che ti descriva la posizione del corpo di Chiara non in fondo alle scale».
