La Cina ora appoggia la strategia di Putin mentre l’Ucraina vuole indebolirlo attaccando le raffinerie. Ma così si continua solo a combattere
L’escalation dei russi in Ucraina, aerea e terrestre, ha il beneplacito della Cina, che sta avendo un peso sempre maggiore nella gestione della guerra. Mentre in precedenza presentava anche piani di pace, Pechino adesso avalla apertamente le strategie di Mosca.
Dall’altra parte, invece, osserva Giorgio Battisti, generale già comandante del Corpo d’armata di reazione rapida (NRDC-ITA) della NATO in Italia e capo di stato maggiore della missione ISAF in Afghanistan, l’Ucraina cerca di uscire dalle difficoltà attaccando il più possibile le raffinerie e i depositi di carburante russi, per colpire al cuore una economia che nel gas e nel petrolio ha i suoi punti di forza.
Forse per questo gli stessi ucraini hanno annunciato di voler portare a mille unità al giorno la loro capacità di utilizzo dei droni.
La chiusura del confine tra Polonia e Bielorussia blocca uno dei passaggi delle merci cinesi per l’Europa, nel frattempo Trump chiede all’UE di far più pressione su Cina e India in quanto clienti energetici della Russia e riprende i contatti con Xi Jinping. Pechino ha un ruolo sempre più importante anche nella guerra in Ucraina?
La Cina ha sempre avuto un ruolo importante di supporto alla Russia, ma in precedenza aveva mantenuto toni pubblici più discreti. Uscivano notizie sulla presenza di componenti tecnologici cinesi nei droni russi e in altri equipaggiamenti militari, ma niente di più. Poi l’anno scorso Xi Jinping ha parlato di amicizia senza limiti con i russi e di recente ha rincarato la dose in occasione della parata del 2 settembre per celebrare gli 80 anni della vittoria sul Giappone.
Dopo il vertice della Shanghai Cooperation Organization, che sta assumendo una valenza sempre più politica, il presidente cinese ha rilasciato dichiarazioni espressamente a favore della Russia e dei suoi diritti a condurre la guerra in Ucraina.
Oggi molti osservatori parlano di un’escalation nella guerra. Lo dimostrano anche gli attacchi aerei sempre più violenti contro l’Ucraina. Una strategia benedetta da Xi?
Ritengo di sì, penso che Putin abbia il nulla osta di Pechino, sempre nell’ambito di una cooperazione che sta abbracciando diversi settori: economico, commerciale, fornitura di equipaggiamenti. Almeno alcuni tra i 19 droni che la notte tra il 9 e il 10 settembre hanno sconfinato nello spazio aereo della Polonia avevano componenti cinesi, usati per riprodurre un drone che era simile allo Shahed iraniano.
Zelensky, alcuni mesi fa, aveva dichiarato che erano stati catturati 168 cinesi che combattevano tra le file russe, mentre la Reuters ha rivelato che un team di militari cinesi ha realizzato ricognizioni sulla linea del fronte per fare esperienza delle modalità di combattimento tra russi e ucraini.
Qual è l’obiettivo della Cina?
Le forze armate cinesi seguono un piano, in vigore dal 2015 e che ha ricevuto una forte accelerazione nel 2020, per avere nel 2035 un esercito superiore in termini di capacità a tutti gli altri Paesi dell’Indo-Pacifico, per poi arrivare nel 2049, al centenario della rivoluzione di Mao, ad avere le forze armate più potenti del mondo, sfidando gli Stati Uniti.
I media ucraini parlano di operazioni russe in diverse regioni, mentre Kiev avrebbe fissato l’obiettivo di poter utilizzare anche mille droni al giorno per i suoi attacchi aerei: la strategia ucraina è di indebolire Mosca puntando tutto sui blitz contro le raffinerie e i depositi di carburante?

Uno dei punti di forza dell’economia russa sono gas e petrolio. Colpendo le raffinerie e i depositi di carburante russi, come è avvenuto recentemente nelle regioni di Saratov e Samara, gli ucraini mirano a indebolire la capacità di vendita di petrolio all’India e alla Cina, e a ridurre, quindi, le entrate di Mosca per alimentare l’economia di guerra. È un aspetto importante dell’economia russa: il Vietnam, per esempio, acquista armi dalla Russia anche attraverso triangolazioni in cui sono coinvolte società che si occupano di energia.
La strategia ucraina di colpire le raffinerie può far male davvero ai russi? E l’escalation nella guerra di Putin significa che vuole accelerare la fine per non venire troppo danneggiato?
Gli attacchi ucraini a medio e lungo termine possono incidere, così come la sanzioni contro l’economia russa. La Russia, focalizzandosi su un’economia di guerra e puntando sulla produzione delle armi, può costringere le proprie maestranze e le aziende a lavorare anche in condizioni di difficoltà, ma se i depositi di carburante vengono continuamente colpiti, se vanno in fumo milioni di barili di petrolio ci possono essere grossi problemi.
Si parla di un incontro tra Zelensky e Trump a margine appunto dell’Assemblea dell’ONU. Può cambiare qualcosa nei rapporti fra USA e Ucraina?
No, non cambierà niente. Trump ora dice che è scontento di Putin perché rifiuta il dialogo e quindi vive un momento in cui è più vicino alle posizioni ucraine. Ha appena annunciato che gli Stati Uniti forniranno 450 milioni di armamenti americani pagati dai Paesi europei. Si parla soprattutto di batterie di Patriot e di missili Himars, che arrivano a centinaia di chilometri di distanza. Il presidente USA si è reso conto che il Cremlino non vuole fermare le operazioni militari.
L’Europa, intanto, ha a che fare con continui sconfinamenti dei russi nello spazio aereo dei Paesi vicini, l’ultimo in Estonia. Sono il segnale di una possibile escalation anche su questo fronte?
Di sconfinamenti ce ne sono sempre stati, sin dai tempi della Guerra fredda, anche prima che la Russia l’invadesse l’Ucraina. La novità forse è questa attenzione alla violazione degli spazi aerei da parte dell’Alleanza Atlantica. Sono incursioni che hanno lo scopo di tenere alta la tensione, ma non credo che a questi episodi vada dato troppo peso. Certo, secondo la NATO gli aerei che hanno sconfinato in Estonia avevano spento il dispositivo che segnala la rotta e questo potenzialmente può creare problemi al traffico aereo civile.
Non solo, ci può sempre essere una collisione con altri aerei come gli F35 italiani che si sono alzati in volo proprio in Estonia per controllare la situazione. Le regole d’ingaggio del sistema di difesa aerea della NATO, comunque, sono solide, ed escludono la possibilità che qualcuno lanci un missile per abbattere gli aerei che sconfinano.
Siamo comunque sempre alle prese con prospettive di guerra?
In questo momento non credo che si possa parlare di trattative. Zelensky ha cercato ancora una volta di coinvolgere la NATO proponendo di creare una no fly zone sulla parte occidentale dell’Ucraina, per abbattere i droni russi. Ma questo significherebbe entrare in guerra direttamente con la Russia.
(Paolo Rossetti)
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