Quando la Flotilla arriverà al blocco navale, sarà attaccata da Israele. Senza se e senza ma. Il governo ha un piano (concordato) per gestire la situazione
No, Giorgia Meloni proprio non se l’aspettava quella vasta ondata di solidarietà al popolo palestinese che la Global Sumud Flotilla ha sollevato nell’opinione pubblica. Per una volta la premier, maestra nell’annusare il sentimento degli elettori, si è fatta trovare impreparata. Del resto, lo spiegava persino L’Osservatore Romano: “Ridurre tutto alle isolate manifestazioni di violenza che pur ci sono state – scriveva martedì il quotidiano della Santa Sede – non renderebbe giustizia a una mobilitazione che ha attraversato l’intera penisola”.
Parola d’ordine, quindi, reagire. Non subire gli eventi, ma guidarli. O quantomeno, cercare di farlo, per non lasciare alle opposizioni un inatteso vantaggio.
La reazione di Palazzo Chigi ha vari aspetti. Da una parte la condanna dei violenti che hanno provocato danni seri a Milano (e non solo), facendo balenare l’ipotesi di un giro di vite (l’ha fatto soprattutto Salvini). Dall’altra parte sembra essere partito il tentativo di non demonizzare completamente la flottiglia umanitaria che naviga verso Gaza. E l’occasione è stata offerta dagli attacchi notturni di cui le barche con gli aiuti sono stati ripetutamente oggetto, droni, danneggiamenti alle vele, disturbi sonori, ecc.
Dopo una rapida consultazione con il ministro della Difesa Crosetto, è arrivato il disco verde allo spostamento in zona della fregata missilistica Fasan, una moderna nave della nostra Marina militare, che era già nelle acque di Creta. Nei prossimi giorni questa unità verrà avvicendata dalla fregata Alpino, partita in tutta fretta da Taranto.
Meloni ha inteso così dimostrare di avere a cuore le sorti degli equipaggi della cinquantina di barche (molte a vela) in navigazione verso Gaza, pur esprimendo riprovazione per un comportamento giudicato temerario. Obiettivo: tenersi pronti ad eventuali attività di soccorso. Non quindi una copertura militare, ma una precauzione, nel caso in cui la situazione dovesse precipitare.

Il governo italiano ha tentato anche una mediazione diplomatica, sotto pressione del cardinale Zuppi, presidente della CEI, cercando di convincere la Flotilla a sbarcare gli aiuti a Cipro e a lasciare che fosse il Patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pizzaballa, a occuparsi della distribuzione alla popolazione palestinese. Una soluzione ragionevole, che conciliava l’obiettivo della missione (gli aiuti) con la visibilità, ma che è stata respinta dagli organizzatori della protesta. Respinta pure l’ipotesi israeliana di scaricare nel porto di Askelon, e lasciare agli israeliani stessi il compito del trasporto nella Striscia.
Niente da fare, incomunicabilità totale. La Flotilla continua a navigare verso Gaza, e presto arriverà il momento della verità. Perché l’ipotesi che il governo Netanyahu consenta il passaggio delle barche umanitarie non è neppure da prendere in considerazione. Inimmaginabile. Ecco allora che Meloni recupera il centro della scena, potendo accusare di irresponsabilità chi pervicacemente si avvia a cercare di superare il blocco navale israeliano. E mettendo a disposizione una via d’uscita: ciò che potranno fare i nostri marinai sarà prendere in consegna gli equipaggi, una volta che le navi umanitarie verranno presumibilmente abbordate e messe sotto sequestro. Tutti, persone da 44 nazioni differenti, forse risparmiando così un passaggio nelle mani della giustizia israeliana.
Se le cose andranno davvero così, Meloni potrà rivendicare di aver agito con saggezza in anticipo, tutelando anche i quattro parlamentari a bordo: gli eurodeputati Benedetta Scuderi (Avs) e Annalisa Corrado (Pd), il deputato Arturo Scotto (Pd) e il senatore Marco Croatti (M5s). Non è difficile immaginare che questo groviglio venga gestito in costante contatto con il governo israeliano, per evitare che la situazione possa degenerare, magari per errore.
Non è affatto facile per il governo mantenersi in equilibrio in questo momento fra la spinta al riconoscimento formale della Palestina come Stato, la pervicace volontà della Flotilla di forzare il blocco israeliano, e la doverosa condanna delle immagini di distruzione, morte e fame che vengono da Gaza. Unica via: mostrarsi pronti a sostenere ogni sforzo umanitario, ma con pragmatismo e realismo. Non è detto che funzioni, ma quantomeno consentirà a governo e maggioranza di evitare di passare per sordi e insensibili.
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