Uccisione di Kirk, media ideologicizzati, cancel culture: tanti i temi che dovrebbero sollecitare gli universitari cattolici. Che però sembrano assenti
Caro direttore,
siamo in una situazione di crisi globale impensabile fino a pochi anni fa. Non avremmo mai pensato che saremmo precipitati in una crisi così profonda, dalla pandemia alle guerre. L’ambiente universitario dovrebbe essere per sua natura il più vivo e sensibile all’analisi degli avvenimenti. Di più, un ambiente cattolico ed educato ad un giudizio sulla realtà dovrebbe essere il più attento e proporre visioni e provocazioni che aprono a un dibattito intelligente.
Invece non vedo niente. Forse perché ero abituato entrando all’Università Cattolica di Milano a vedere ogni benedetto giorno una bacheca con alcune righe che giudicavano un evento, un fatto, una visione della realtà che ci stava stretto. A cui sentivamo l’urgenza di rispondere per affermare un’appartenenza.
Come è possibile che non vi sia nessuna reazione all’assassinio di Charlie Kirk, ucciso per contrastare lui, i suoi argomenti e la sua fede proprio nei college americani? Come è possibile che non interroghi voi studenti il fatto che Erika Kirk abbia perdonato l’assassino? Come può una posizione così integrale non interrogare voi, esattamente lì dove ora voi vivete?
Come è possibile che non reagiate al sopruso della sinistra nelle università, quando si propone un dibattito sulla vita o sull’impossibilità di seguire i corsi perché impediti dalla manifestazione ideologica dei pro-pal? Altri spunti? Aborto, eutanasia, LGBTQ, cambiamento climatico, stipendi, libertà di educazione, cancel culture, comunicazione e cultura ideologizzata, politica… non avete nulla da dire? Sono temi che esulano dal vostro interesse esistenziale?

Permettetemi di affermare che questa superficialità non ha nulla a che fare con una esperienza autentica, prima che cristiana, dell’uomo intero interessato alla realtà. Se gli universitari cattolici non hanno da dire nulla sulla realtà significa che non hanno nulla da dire su sé stessi e sull’incontro cristiano che hanno fatto.
La leggerezza in ambiente universitario dice di un grande rischio per questi giovani uomini: essere impreparati davanti alle difficoltà della vita. Se non sei vivo a vent’anni, sarai sconfitto a trenta, davanti alle difficoltà, alla famiglia, al lavoro, al mondo. Dov’è l’uomo nuovo disposto al sacrificio per affermare la Verità?
Uscite dal ruolo di bravi cattolici chiusi ne proprio circolo e autoreferenziali, e affermate la Verità, se volete vivere una vita gagliarda, “mai tranquilla” e lieta.
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