Annientare il nemico non rende felici. Bisogna combattere il male in noi seguendo l’esempio di Rodari, Hemingway e delle suore di San Vincenzo
In occasione di un incontro tenutosi presso la Cometa di Como don Julián Carrón ha fatto una interessante riflessione sul tema della violenza, alimentata anche dalle guerre in corso. Sperando di non banalizzare quanto ha detto, in sintesi ha affermato che molti cercano la felicità, che non hanno, andando ad annientare il nemico. E dopo che lo hanno annientato rimangono infelici come prima. Il vero nemico da annullare è il male, chiamiamolo pure peccato, che c’è anche dentro di noi e da cui dobbiamo liberarci per essere felici.
Mi permetto di aggiungere: il nemico esiste eccome. Anche Gesù ha detto di amare i nemici, proprio perché essi ci sono. In croce non ce l’hanno messo i suoi amici…
Inoltre, da sempre il cristianesimo sostiene il diritto a una legittima difesa, che diventa addirittura una responsabilità per chi ha il compito di tutelare i deboli e gli innocenti. Chiedetelo ai poliziotti che lunedì hanno difeso la Stazione centrale di Milano da bande di delinquenti, molti dei quali, forse, sono gli stessi che compiono reati negli stadi.
E tu, magistratura, cosa aspetti a fare un’inchiesta seria su questo fenomeno che colpisce di solito non i vip, ma la gente “normale”? Forse qualcuno di quei ragazzi pensa di potersi permettere di fare quello che fa perché c’è poi il “grande papà” che lo difende.

E poi spesso, quando uno ha finito di far fuori i nemici, comincia a far fuori gli amici, che sono diventati rivali. E poi, magari, fai fuori te stesso facendoti aiutare da cose come la droga, che da sempre è lo strumento di una sorta di suicidio assistito.
Abbiamo bisogno non solo di parole buone e giuste, ma di esempi positivi, proprio come la Cometa, dove non a caso don Carrón è intervenuto per l’amicizia concreta che ha con loro da anni.
Su Il Sussidiario ho già raccontato gli episodi storici del salvataggio di Sironi da parte di Rodari e quello di Ezra Pound (sì, proprio lui!) da parte di Hemingway. Non erano cristiani e in nome non di Gesù, ma comunque di un valore per loro più grande, l’arte, hanno salvato il nemico.
Mi piace, però, ricordare il sacrificio delle suore di San Vincenzo durante la guerra di Crimea, immortalato dal grande quadro di Gerolamo Induno che si trova al primo piano delle Gallerie d’Italia di Milano. Nel dipinto queste suore, di cui quasi la metà perirono per il colera, stanno curando un ferito. Non è dei “nostri”, è un nemico, è un russo. Per questo furono poi pubblicamente ringraziate dal capo dei nemici, lo zar.
Chiedo scusa se mi ripeto, ma credo che abbiamo molto da imparare da questi esempi. E magari insegniamoli ai ragazzi nelle scuole. Chissà che qualcuno di loro apprenda qualcosa di più utile rispetto alla ricerca di sé stesso e della sola sua felicità.
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