Al via domani i colloqui di pace in Egitto tra Israele e Hamas: Netanyahu avvisa l'UE e l'Occidente, "stiamo difendendo anche voi”. Gli scenari
IL “COCCODRILLO” HAMAS E L’AVVISO ALL’EUROPA: LE PAROLE DEL PREMIER PIÙ ODIATO AL MONDO
Il detto è famoso e tutt’altro che complicato da comprendere: «Non date da mangiare al coccodrillo altrimenti vi darà la caccia», a dirlo è il Premier di Israele Bibi Netanyahu, tra gli uomini politici più detestati al mondo e accusato di genocidio e crimini contro i palestinesi a Gaza. Nelle ore in cui si definisce l’inizio delle trattative con Hamas dopo il sostanziale ok al piano di pace di Trump, il leader israeliano si rivolge in una intervista a tutto campo su “Euronews” ai leader internazionali, alla stessa Hamas, ma anche all’Europa.
Nei giorni in cui tra proteste e scioperi, il “caso Flotilla” ha visto rinnovarsi la dura opposizione di parte dell’opinione pubblica in Italia, Spagna, Turchia e Francia contro lo Stato di Israele, il “messaggio” recapitato da Netanyahu è piuttosto netto: non bisogna cedere nulla agli islamisti che intendono abolire “from the River to the Sea” il popolo israeliano. Dare dunque credito e sostegno, anche se indirettamente, alle politiche di Hamas significa non solo condannare Israele ma anche piegarsi alla logica della jihad dell’Islam violento.

A due giorni dal terzo anniversario del 7 ottobre 2023 – giorno degli attentati contro i civili israeliani da cui è originata la guerra contro Hamas nella Striscia di Gaza – il Premier di Israele critica aspramente le parti dell’Occidente, specie in Europa, dove si dà credito ad Hamas piuttosto che alla reazione di Tel Aviv: «L’Europa è stata assente perché ha ceduto al terrorismo di Hamas». Riconoscere lo Stato di Palestina, come hanno fatto simbolicamente la Francia di Macron e lo UK di Starmer, oltre alla Spagna di Sanchez, rappresenta una sorta di «ricompensa finale per Hamas» dopo il più grande massacro di massa contro Israele dall’Olocausto nazista.
AL VIA LUNEDÌ I COLLOQUI DI PACE TRA ISRAELE E HAMAS IN EGITTO: LA SPINTA DI TRUMP PER CONVINCERE NETANYAHU
Alla vigilia dei colloqui di pace al Cairo al via da domani, lunedì 6 ottobre 2025, la tensione resta altissima nonostante un barlume di speranza giunto venerdì con l’accettazione di Hamas dei punti principali del piano di Donald Trump: secondo Netanyahu, la battaglia contro il terrorismo islamista a Gaza è necessario per proteggere il mondo libero dall’islamismo, di contro invece sostenere Hamas rischia di ritorcersi contro alla stessa Europa.
Certo, Netanyahu continua a considerare le vittime tra la popolazione palestinese come un tragico “danno collaterale”, anche se nei numeri e nei racconti molto di quanto emerge dalla Striscia sarebbero «menzogne» messe in giro dalla stessa Hamas: «Spero che l’Europa cambi direzione, stiamo proteggendo anche loro», ha detto Netanyahu nelle anticipazioni fatte da Euronews dell’intervista che sarà resa pubblica integralmente solo questa sera alle 20.30 sul sito online del quotidiano. 
Mentre il Premier sottolinea che la guerra a Gaza «sta finalmente per finire», qualora appunto gli jihadisti filo-Iran accettassero l’accordo, secondo quanto ricostruito dai media arabi in queste ore, la richiesta che al-Hayya (il capo delegazione di Hamas al Cairo) farà durante i negoziati di pace al via in Egitto sarà l’accettazione della liberazione di tutti e 48 gli ostaggi (sia vivi che morti) e il ritiro completo di Israele da Gaza City, assieme ad un cessate il fuoco immediato nella Striscia. Da Washington la Casa Bianca con Trump e il Segretario di Stato Rubio hanno spiegato che Israele è concorde sull’interrompere i bombardamenti una volta liberati tutti gli ostaggi, così come sul piano di pace da applicare in ogni suo passaggio (aprendo anche a possibili modifiche in fase di trattativa da domani).
Il concetto che traspare dalle parole di Netanyahu resta la fermezza nel ritenere lo sforzo della campagna su Gaza City come necessario per piegare Hamas ora ad accettare l’exit strategy dei terroristi palestinesi, lasciando la guida della Striscia per sempre. Le tensioni restano anche perché le trattative entrano nel vivo solo da domani, con il Ministro per gli Affari Strategici Dermer inviato principale del team negoziale di Israele ai colloqui di pace: «ci vorranno un paio di giorni per i negoziati», spiega il Presidente americano mentre dal comando dell’IDF israeliano fanno sapere che se dovesse fallire il piano di pace «riprenderemo subito i combattimenti».
