Pace e maranza

Non è difficile diventare un maranza: dipende molto da che umanità incontri e a che cosa scegli di appartenere

Maranza s. m. e f. inv. Giovane che fa parte di comitive o gruppi di strada chiassosi, caratterizzati da atteggiamenti smargiassi e sguaiati e con la tendenza ad attaccar briga, riconoscibili anche dal modo di vestire appariscente (con capi e accessori griffati, spesso contraffatti) e dal linguaggio volgare.  Così il vocabolario Treccani: bisogna pur imparare i neologismi.



L’altro giorno passavo in auto in una zona neanche periferica di quella che fu la Stalingrado d’Italia, e adesso boh. Un senso unico, vetture parcheggiate a destra e sinistra, ci passa giusto l’auto. Un ragazzino nerovestito si ferma nel bel mezzo a ciaccolare con una tipa pari requisiti. Rallento in attesa che si tolgano. Niente. Procedo a passo d’uomo e mi fermo a cinque centimetri dai due ostacoli umani. Eccheccacchio, ho ragione io, siamo o non siamo in uno stato di diritto? Quello mi manda a fare, io gli rendo la pariglia. Nel Seicento scena e dialoghi sarebbero stati come narra il Manzoni:



“Fate luogo”.

“Fate luogo voi “La diritta è mia.”

“Co’ vostri pari, è sempre mia.”

“Sì, se l’arroganza de’ vostri pari fosse legge per i pari miei.”

“Nel mezzo, vile meccanico; o ch’io t’insegno una volta come si tratta co’ gentiluomini.”

“Voi mentite ch’io sia vile.”

“Tu menti ch’io abbia mentito”.

Altri tre o quattro giovanissimi nerovestuiti saltano fuori pronti alla bisogna. Mi viene fatta strada. Mentre riparto, uno più grandicello mi schiaffeggia lo specchietto. Inchiodo. Come a dire: guarda che non sono disposto a subire. Eccoci nemici. Li odio? Non proprio, ma vorrei averla vinta, ecco. Ricorrere alla forza per far valere la ragione. 



Questione di un secondo, per fortuna. Rinsavisco e riparto. E penso: sarò mica un maranza anch’io? Eppure sono per la pace… sono pro-Pizzaballa, mentre loro facile che siano pro-Pal. “Non è difficile, essere come loro” (Claudio Chieffo, La nuova Auschwitz). “Vigilare, vigilare sempre”, mi disse una volta Mario Capanna. Già: innanzitutto su sé stessi, però.

Tutto un’altra storia.  Momen è un marocchino tredicenne, secondo dei tre figli di una signora mussulmana cui da tempo viene dato dal Banco di Solidarietà un aiuto alimentare. La mamma ha fatto amicizia con noi volontari. Da circa un anno Momen viene regolarmente ogni sabato pomeriggio in sede e fa insieme a noi i lavori che servono. Si trova bene, a volte porta dei suoi compagni. Si trattiene anche nei momenti di dialogo e ascolta la recita dell’Angelus seguendo il testo che trova, incorniciato con il famoso quadro di Millet, appeso in sede e che lui va regolarmente a prendersi. 

Foto di Cori Emmalea Rodriguez (Pexels)

Una volta che avevamo con noi un gruppo di ragazzini dell’oratorio e ci stavamo dimenticando di dire l’Angelus, ce lo ha richiamato lui. «Qui ho imparato tante cose: il valore della solidarietà, il rispetto per le diverse situazioni delle persone e l’importanza del lavoro di squadra», ha scritto e detto. «Mi piace venire qui perché sento di far parte di qualcosa di più grande. Aiutare gli altri mi fa sentire utile e mi insegna a non dare mai nulla per scontato. Voglio continuare a farlo perché credo che anche da giovani si possa fare la differenza. E anche se può sembrare un impegno semplice, per me ha un significato importante».

Momen avrebbe potuto prendere la strada del maranza. E i sullodati maranza la strada di Momen. Dipende molto da che umanità incontri (e questo è gratis) e a che cosa scegli di appartenere (e questo è questione di libertà).

A proposito di incontri. Dalle parti dove mi sono imbattuto con gli adolescenti maranza nerovestiti forse pro-Pal, un giovane amico insegna disegno e arte in una scuola media. Ha debuttato in una prima e una terza dove non c’è nessun alunno italiano. Quel plesso è noto come “scuola degli stranieri”. Lo stesso comprensivo scolastico ha un altro plesso con scuola media in un quartiere vicino: lì le famiglie italiane mandano i loro fanciulli, anche quelle che brucerebbero vivo Salvini in nome dell’accoglienza e dell’inclusione. È la scuola degli italiani. Come nel calcio, un conto è la pace parlata, un conto la pace giocata.

Capito?! (Jerry Calà)

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI


Ti potrebbe interessare anche

Ultime notizie di Cronaca

Ultime notizie

Ben Tornato!

Accedi al tuo account

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

Recupera la tua password

Inserisci il tuo nome utente o indirizzo email per reimpostare la password.