La magistratura contabile sancisce l’aumento di spesa per la sanità. La soluzione, però, non è avere più risorse, vanno riorganizzati bisogni e domanda
I conti della Corte dei Conti solitamente non fanno sconti ed hanno il nobile pregio (d’altra parte sono Conti) che i loro conti lasciano le parole a zero e rappresentano la realtà in termini quantitativi, magari sgradevoli, ma indiscutibili. E se ad essi aggiungiamo i conti contenuti nella manovra predisposta dal governo ecco che i conti si completano ulteriormente e con essi si chiude il conto della sanità anche per quest’anno.
Ma allora, alla fin fine, i conti della sanità tornano? A parte eventuali incidenti di percorso (che abbiamo già sperimentato con i conti legati alla pandemia da Sars-CoV-2) i conti tornano sempre, ma si tratta di vedere se tornano perché soddisfano solo le aspettative di chi fa i conti (e per i quali devono tornare per forza) o se invece a godere del fatto che tornano è, in qualche modo, questo povero paese che, pur avendo la forma che rimanda agli stivali delle sette leghe di fiabesca memoria, in fatto di conti ha più la propensione a non farli tornare.
Cosa dice la Corte dei Conti? Nella serie dei quaderni del “Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica”, redatti dalle Sezioni Unite in sede di controllo, la Corte dedica il quaderno numero 4 del 2025 (pubblicato a settembre) alla sanità, con un titolo che promette bene, “La sanità in cammino per il cambiamento”. Ma la lettura del documento non è poi così allineata al titolo.
La Corte snocciola tutti i suoi conti, che per non eccedere nei numeri e far confondere anche il lettore più paziente riduciamo ai due più grossi. La spesa pubblica per la sanità nel 2024 si è attestata a 138,3 miliardi di euro (400 milioni in più delle attese), con una crescita del 4,9% rispetto al 2023 (era previsto un +5,2%), aumento che porta il suo rapporto con il PIL dal 6,2% al 6,3%, e che rispetto alla spesa corrente primaria dello Stato passa dal 15,05% dell’anno precedente al 15,28% del 2024.
Naturalmente il rapporto contiene un sacco di dettagli, di tabelle, di andamenti, di spiegazioni, e così via, che lasciamo ai lettori interessati (o più esperti), non prima però di avere ricordato che la quota di fondo sanitario che lo Stato ha messo a disposizione per garantire l’erogazione dei LEA è stata di 129 miliardi di euro nel 2023, 134 mld nel 2024 e 136,5 mld nel 2025, e che quindi la spesa in questi anni (come del resto in tutti gli anni precedenti) è sempre stata superiore al fondo sanitario a disposizione.
La seconda grossa cifra che la Corte dei Conti propone riguarda la spesa sanitaria complessiva del paese, cioè quella che oltre alla spesa pubblica di cui sopra comprende tutti i regimi di finanziamento su base volontaria (assicurazioni private, imprese, enti senza scopo di lucro, …) nonché la spesa sostenuta direttamente dalle famiglie (spesa cosiddetta “out of pocket”), e che secondo la magistratura contabile nel 2024 ha raggiunto 185,1 mld con un aumento del 3,3% rispetto all’anno precedente (era cresciuta del 8,2% dal 2012 al 2019, del 10% nel biennio pandemico, e si è attestata su un aumento medio annuo del 2,7% nell’ultimo triennio).
Dopo avere snocciolato queste (e tutte le altre) cifre quali considerazioni propongono i controllori dei conti del servizio sanitario? La conclusione generale è l’equivalente di un colpo al cuore ed è espressa nella prima frase del rapporto: “il settore sanitario, pur rimanendo al centro del dibattito economico e istituzionale, appare in difficoltà sia nel recupero degli effetti della crisi in termini di ritardi nelle liste d’attesa e nelle attività di prevenzione, sia nel superamento delle insoddisfazioni crescenti da parte degli operatori e degli utenti”.
A ciò si aggiunge poi, dal punto di vista più specifico dei conti, che ci sono segnali di crescenti difficoltà sia nella dinamica dei costi che nella tenuta degli equilibri economici, ed a titolo di esempio si indica il peggioramento dei risultati economici in regioni che in precedenza si erano distinte per una buona performance dei servizi e per un equilibrio economico nei bilanci.
I magistrati contabili riconoscono le difficoltà del periodo e segnalano che il settore sanitario, quanto a risorse, dovrà competere con altri settori che hanno bisogno dell’intervento pubblico (i settori interessati dai dazi, la difesa, l’approvvigionamento energetico, il diminuito potere di acquisto delle famiglie e delle fasce di reddito medio-basso, …).
Non avanzano proposte specifiche, anche se ritengono che maggiore rilevanza vada attribuita alle molte criticità che riguardano il personale sanitario ed il completamento della riforma associata alla realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Ed è proprio dallo spazio dedicato all’esame dell’attuazione delle case e degli ospedali di comunità, delle centrali operative territoriali, delle cure domiciliari, che i giudici contabili traggono lo spunto per il bicchiere mezzo pieno cristallizzato nel titolo del rapporto quando scrivono che “Il quadro che ne emerge, pur confermando le criticità note, presenta anche elementi nuovi e realizzazioni importanti che andranno consolidate non solo garantendo un adeguato flusso di risorse, ma anche chiarendo le caratteristiche di fondo del percorso su cui si intende muovere”.
Una indicazione, quella della Corte dei Conti, che sembra (almeno nello spirito) raccolta dalla manovra economica del governo, dove sono stanziati 7,7 miliardi di euro in più per la sanità per il periodo 2026-2028, il che porta per il 2026 ad un fondo sanitario nazionale di 142,6 miliardi di euro. E l’aumento di risorse è indirizzato in particolare ai problemi del personale ed agli investimenti in infrastrutture.
In questo quadro ci si permettano due considerazioni.
Da una parte, e le reazioni politiche alla manovra già lo dimostrano, per chi governa i conti tornano sempre (le bocche da sfamare sono molte e diverse, come segnalato anche dalla Corte dei Conti), le risorse per la sanità sono in aumento e c’è stata particolare attenzione al comparto, soprattutto sui temi del personale. Per converso, per l’opposizione i conti non tornano mai, perché il gap tra il bisogno e le disponibilità è talmente ampio che viene gioco facile (e di semplice successo elettorale) reclamare più risorse e limitarsi a fare l’elenco dei problemi da affrontare.
D’altra parte, ed è anche il suggerimento generale che viene dai giudici contabili, il problema è che il ragionamento sui conti e le risorse, necessario sia perché di esse c’è evidente bisogno e soprattutto perché incombono anche altre esigenze cui occorre dare risposta, da solo non basta e non è la soluzione. La realtà dice che i bisogni sanitari saranno sempre in aumento, e così sarà sempre in aumento la quantità di risorse che occorrerà dedicare alla soddisfazione di questi bisogni, con le risorse che saranno sempre a rincorrere i maggiori bisogni senza la possibilità di raggiungerli.
Ecco perché è ora di pensare ad altro: oltre che attorno alle risorse occorre ragionare sul governo dei bisogni e della domanda di servizi sanitari, come si è più volte sostenuto da queste colonne, anche se si tratta di affrontare un compito più impegnativo, meno attraente dal punto di vista dell’immediato successo politico-partitico, un compito che richiede un pensiero alto e di lungo respiro ed una collaborazione tra visioni che possono essere diverse e distanti, un percorso che non è molto lontano da quello che ha portato quasi 50 anni fa al disegno del nostro servizio sanitario nazionale.
In soldoni: è molto più facile e comodo dire “io ho messo più risorse” e sentirsi rinfacciare “ne hai messe meno di quelle che servono”. Ma così la sanità non fa alcun passo avanti sul “cammino del cambiamento”.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
