Il burro e la pietra

Dal basso tutti vincenti, dall'alto tutti uguali. I santi, cristiani riusciti, trasformano i difetti in pietra con la grazia di Dio.

Dipende: «Da che punto guardi il mondo tutto dipende» (J. De Palo).

Se lo guardi dal basso – il mondo ch’è in basso – assomiglia al meglio che c’è in circolazione: sono tutti vincitori anche quando perdono, tutti sanno tutto di tutti, il conformismo quaggiù è bandito, visto che tutti vanno dicendo d’essere ribelli rispetto alla moda del momento.



Se lo guardi dall’alto – il mondo ch’è in basso – qualche sorriso sboccia spontaneo: siamo tutti uguali, facciamo tutti le stesse cose, siamo acque di un fiume che ci trasporta a valle.

Un mondo di trasformisti travestiti da ribelli, come cantava la musica degli anni Novanta. Assomigliamo, se ci guardiamo da un punto più alto del nostro, a quelle sventurate tigri – certamente ben pasciute – che camminano avanti e indietro incessantemente in quei pochissimi metri quadrati d’aria e di libertà che lo zoo ci concede.



Il mondo, ch’è il mondo di Dio, spiace a dirlo ma è diventato un grande circo: basta un domatore, di quelli neanche tanto capaci, per mettere in piedi uno spettacolo da prima serata e chiamarlo libertà o vita, anche democrazia.

Pagliacci domatori di leoni (Foto: CHATGPT)
Pagliacci domatori di leoni (Foto: CHATGPT)

Ai bambini piace molto il circo quando arriva in un paese: è quello spettacolo che ti fa sentire grande, importante, decisivo anche quando sei così piccolo che passeresti quasi inosservato, quella sera, se non ci fosse il circo nel campetto comunale.

Il mondo può anche andare così, il mondo è libero d’andare a gettone dal primo domatore di passaggio: sono più di tanti anni che il mondo va così.



Non importa che poi, però, quando si sposta nel paese vicino al nostro, ci lasci con quella strana idea d’essere ritornati tristi, come leonesse nel circo.

I santi erano tutti gente come noi: leggessimo le loro biografie – prima che la Chiesa li esponesse nella facciata della Basilica di San Pietro e, tecnicamente, li «elevasse agli onori degli altari» per bocca dei loro Papi –, scopriremmo che erano legni di stuzzicadenti più che manufatti in calcestruzzo.

Una di loro, stanca forse di sentire parlare di lei come fosse nata già santa, sembrò perdere le staffe quando le fecero sentire cosa si diceva di lei dentro le basiliche della cristianità: «Vorrei si scrivessero i difetti dei santi e quanto essi hanno fatto per correggersi; ciò ci servirebbe assai più dei loro miracoli, delle loro estasi» (B. Soubirous).

Lo disse lei che della santità cristiana è diventata, nel tempo, un numero dieci sempre tirato in ballo: della serie che i difetti vanno saputi portare e abbinare, visto che i pregi stanno bene a tutti.

L’astuzia dei santi, in un mondo di tigri ben pasciute dentro gli zoo, è proprio questa: fidarsi di Dio.

Che un giorno, passando vicino allo zoo e vedendo delle leonesse tristi, fa loro intuire che potrebbero anche lasciarsi amare per i loro difetti, visto che i loro pregi li amano e li usano tutti: «Ci sono dei difetti, gente – disse a leoni tristi come Pietro, Paolo, Caterina da Siena, Ildegarda di Bingen, Rosa da Lima, Teresa d’Avila – che, sapendoli bene adoperare, vi faranno fare molta più bella figura di certe virtù nate solo per andare sulle copertine».

È così che, in gente dal cuore di burro, nasce ancora oggi la consistenza della pietra: lasciando la strada aperta alla grazia di Dio.

Che, innamorandosi la prima volta dei loro difetti, mai una volta li rinfaccerà loro con astio.

Rimarranno sempre occasioni di restauro.

Se “cristiano” è sinonimo di serioso, buono, angelico, perfetto, eccezionale, allora va detto, per correttezza teologica, che la maggioranza dei santi non sono affatto cristiani.

Se, invece, “cristiano” è sinonimo d’imperfetto, inquieto, ostinato, innamorato, di buon umore, allora il santo è l’immagine del cristiano riuscito.

Così riuscito che, quando l’incontri per la strada – è più facile che il santo te lo ritrovi tra i piedi al mercato che dentro la sagrestia d’una pieve – ti verrà spontaneo inginocchiarti, perché pensi d’avere davanti a te Dio in persona.

In realtà, li ascoltassimo un po’ più di quello che li stiamo ad ascoltare, tutti loro hanno cominciato a diventare santi facendo la manutenzione alla domanda più bambina.

Mentre il mondo continua a chiedersi: “Perché mi succede questo?”, ancora oggi c’è gente che preme il piede sull’acceleratore chiedendosi: “Che ci faccio con quello che mi accade?”.

Il santo è tutto qui: una fetta di burro che, con la grazia di Cristo, diventa pietra infrangibile.

Senza la grazia, resta una fetta di burro.


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