Quel piccolo che non piace ma funziona

Il nostro futuro non può che essere un ritorno al passato, a quello che sappiamo fare, alle piccole e medie imprese. Aiutiamole a crescere e a svilupparsi, ma sempre piccole e medie saranno

Ci sono analisi, come quella riguardante le piccole imprese nell’intervista a Enrico Cisnetto di qualche tempo fa, che si sarebbero potute fare pari pari anche nella prima metà degli anni Settanta. Il Paese stava uscendo da un quinquennio, non un anno, di pesante crisi internazionale: la rivoluzione culturale del ‘68 ci arrivava dagli Stati Uniti via Parigi, l’autunno caldo dell’anno successivo provocò un’ondata di scioperi sconosciuta fin lì dal dopoguerra e lo shock petrolifero del 1973, dovuto alla guerra tra israeliani e arabi e alla solidarietà con quest’ultimi da parte dei paesi produttori, ci costrinse a girare a piedi da poveri, per centellinare la benzina, non da ricchi come capita talvolta anche oggi, per salvaguardare la salute.

Certo, tutto era diverso da oggi, ma forse in peggio e, comunque, con molte analogie. La situazione economica e politica era oggettivamente difficile. Gli scudi fiscali degli ultimi anni sono serviti a far rientrare in Italia capitali che iniziarono a “fuggire” allora in parte anche in reazione al contesto istituzionale. Il terrorismo mosse in quel periodo i primi passi. L’inflazione galoppava, il debito pubblico pure e ce lo portiamo ancora oggi sulle spalle. Anni difficili dopo il boom economico del decennio precedente, prima vera industrializzazione del Paese con la nascita di decine di migliaia di piccole e medie imprese.

Lo statuto dei lavoratori, legge del maggio del 1970, e in particolare il suo articolo 18 tornato prepotentemente di moda qualche anno fa, fecero il miracolo e, con la ripresa di un ciclo economico positivo nella seconda metà di quella decade, suscitarono, più in difesa e per paura che per altro, onestamente, il moltiplicarsi di imprese di piccola dimensione: laddove fino ad allora operava un’impresa di novanta persone, con un processo di disintegrazione verticale ne nacquero sei da quindici. Prese così forma e si consolidò rapidamente il cosiddetto “made in Italy”, l’Italia dei distretti e dell’imprenditorialità diffusa.

Se questo è male, come ogni tanto si sente ripetere, quella è la data non della nascita, che è meglio posizionare all’inizio degli anni Sessanta, ma della sua maturazione definitiva. Tuttavia è bene sottolineare che quegli anni sono tuttora ricordati come l’inizio di un periodo di crescita quasi ventennale, tra alti e bassi, dell’economia nazionale e che fummo oggetto di studio da parte di accademici e politici di tutto il mondo che venivano in Italia ad approfondire il fenomeno della piccola e media impresa, non certo la managerialità del gruppo Fiat o Montedison.

 

Perché non pensare che anche negli attuali momenti difficili, e non negando affatto la possibilità, in parte anche la necessità di una selezione darwiniana, il nostro soggetto economicamente più vivace, da sempre la piccola e media impresa, non stia, nelle sue componenti più all’avanguardia, mettendo appunto nuove modalità di azione strategico-organizzative per proseguire l’avventura di successo iniziata ormai quasi cinquant’anni fa?

 

Anche perché, in alternativa, su cosa puntare? Sulle grandi imprese più che dimezzatesi nel frattempo, sulle medio-grandi che sono riuscite a crescere solo occupandosi di settori di recente privatizzazione o su quelle che per essere cresciute rapidamente con acquisizioni o per fusioni devono oggi affrontare problemi di difficile gestione?

 

O forse su quelle che dopo ardite campagne borsistiche, quasi sempre ai danni dei piccoli azionisti, sono state di fatto vendute all’estero, oppure su quelle che per crescere si sono appoggiate a peso morto sulla finanza e, ancora una volta con grave danno dei piccoli risparmiatori, sono fallite e tornate alla casella del “via”? No, il nostro futuro non può che essere un ritorno al passato, a quello che sappiamo fare, alle piccole e medie imprese. Aiutiamole a crescere e a svilupparsi, ma sempre piccole e medie saranno.

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