Ue taglia XL

L’Europa sta esaminando l’adesione dell’Islanda all’Unione. Ma dovrà anche affrontare l’allargamento ai Balcani e alla Turchia

Lo scorso 24 febbraio la Commissione Europea ha comunicato al Parlamento Europeo e al Consiglio il proprio parere favorevole alla domanda di adesione all’Unione Europea presentata dall´Islanda il 17 luglio 2009.

 

La Commissione ha valutato positivamente la richiesta dell’Islanda sulla base dei criteri enunciati nel 1993 dal Consiglio dell’Unione a Copenaghen, apprezzando in particolare l’alto livello di democraticità, di tutela dei diritti fondamentali e di rispetto dello stato di diritto che caratterizza il paese; il buon grado di implementazione dell’acquis comunitario raggiunto dall’Islanda grazie all’adesione agli accordi di Schengen sulla libera circolazione di persone e alla partecipazione allo Spazio Economico Europeo e, infine, la capacità dimostrata negli ultimi anni di sostenere la concorrenza nell´ottica di un´economia di libero mercato.

Vari sono invece gli aspetti problematici sui quali l’Islanda dovrà concentrarsi nell´immediato. Innanzitutto sarà necessario un impegno serio nel breve periodo nei settori della pesca (settore cardine dell’economia del paese), dell’agricoltura e dello sviluppo rurale, dell’ambiente, della libera circolazione dei capitali e dei servizi finanziari. Dovranno inoltre essere rafforzati meccanismi normativi idonei a garantire l’indipendenza dall’esecutivo del potere giudiziario e a prevenire i conflitti d’interesse.

In secondo luogo, e sempre in un’ottica di breve periodo, il governo e il parlamento islandese saranno costretti ad adottare politiche mirate al risanamento del bilancio e dei conti pubblici (il debito pubblico attualmente si aggira intorno al 130% del Pil) dopo la grave crisi economica del 2008 che ha portato il paese sull’orlo di un tracollo finanziario. All’interno di questo complesso lavoro occorrerà rivedere le pratiche di regolamentazione e di sorveglianza dei mercati finanziari.

La Commissione non valuta invece prioritaria la soluzione del caso della legge Icesave. Lo scorso 5 gennaio, in seguito a una petizione firmata dal 25% della popolazione, il presidente O.R. Grìmsson non ha firmato una legge che autorizzava il ministero delle Finanze islandese a emettere una garanzia statale sui prestiti di 3,9 miliardi di euro concessi dal Regno Unito e dai Paesi Bassi al Fondo islandese di garanzia per depositanti e investitori in seguito al fallimento della filiale online Icesave della Landsbanki Islands.

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La legge è stata sottoposta il 6 marzo a referendum popolare ed è stata bocciata dal 93,2% dei circa 230.000 votanti (su una popolazione totale di 319.756 abitanti). Sulla mancata approvazione della legge si è pronunciato ieri il Commissario europeo all’allargamento Stefan Füle affermando che la «questione non c’entra nulla con l’eventuale ingresso del Paese nell’Ue» e auspicando la risoluzione diplomatica del problema a opera dei tre soggetti interessati.

 

L’adesione dell’Islanda avrà un impatto limitato sulla politica di allargamento dell’Unione e sugli equilibri politici al suo interno. Infatti, nel caso in cui la procedura dovesse andare a buon fine, con in sui circa 320.000 abitanti l’Islanda avrebbe diritto a solo 6 seggi all’Europarlamento.

 

La vera sfida dell’apertura dell’Europa a nuovi componenti si gioca nei Balcani, con la Croazia candidata a entrare a far parte dell’Unione nel 2012 e la Serbia governata dal filo-europeista Boris Tadic, e nei confronti della Turchia, a sfavore della quale pesa in maniera determinante un grave deficit democratico e di tutela dei diritti umani.

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