Tutti colpevoli?

Quando la tempesta infuria è difficile mantenere freddezza e lucidità, ma è proprio di questo che c’è bisogno mentre la Chiesa cattolica è squassata dai casi di pedofilia

Quando la tempesta infuria è difficile mantenere freddezza e lucidità, ma è proprio di questo che c’è bisogno mentre la Chiesa cattolica è squassata dai casi di pedofilia. Non è facile, perché ogni richiamo ai fatti reali e alla loro consistenza così come alle vere proporzioni dei fenomeni viene immediatamente stigmatizzato come indulgenza o peggio, come connivenza. Pochi vogliono vedere le cose per come realmente sono, tutti gli altri urlano e urlando esigono condanne (che fanno coincidere con la giustizia).

I fatti reali, dunque. Essi certamente includono i tanti casi verificati in Irlanda e in altri Paesi europei, ma altrettanto certamente una significativa quota di denunce e di accuse non riguardano fatti reali. Vale in Europa e vale in Italia, dove però, come ha detto il presidente di una inquietante associazione antipedofilia che si nutre del risentimento anticattolico dei radicali e insieme delle protezioni politiche di certa destra, “siamo solo all’inizio”. Anche qui puntano a devastare la Chiesa come in Irlanda e in Germania e nelle diocesi americane e australiane. Anche qui fanno e faranno di tutto per alimentare i sentimenti anticlericali e distruggere l’opera che la Chiesa compie attraverso i suoi sacerdoti (lo ha ben sottolineato nei giorni scorsi Marcello Pera).

E c’è da aggiungere che in Italia il contesto è peggiore che altrove. «I dati dimostrano che dal 1966, anno di entrata in vigore della nuova legge sulle violenze sessuali, i passi avanti sul fronte della lotta alla pedofilia sono stati ben pochi, i danni al sistema giustizia e ai valori democratici assai numerosi, mentre della prevenzione si è persa ogni traccia. Ciò che si è viceversa consolidato è un macrosistema dai contorni ideologici ed economici ben precisi, che persegue l’interesse privato di lobby e gruppi di pressione che non si fanno remore nell’alimentare ogni paura collettiva e nel coagulare l’incertezza del diritto in emergenze continue». Così scrive il criminologo Luca Steffenoni in un libro da incubo: Presunto colpevole. La fobia del sesso e i troppi casi di malagiustizia (pubblicato da Chiarelettere, e fa strano vede un libro così nel catalogo di un editore piuttosto giustizialista e anticlericale).

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Vi vengono analizzati e raccontati i casi pazzeschi dell’italica barbarie mediatico-giudiziaria, assatanata di colpevoli e di reati sessuali, che risolve tutti e solo in chiave processuale, mentre è del tutto incapace di prevenire. Una lettura istruttiva dalla quale emergono solo macerie: bambini sottratti alle famiglie, padri distrutti, insegnanti in fuga, preti senza scampo. Uno è stato condannato in base ad una seduta di ipnosi, un altro si è suicidato innocente.

 

Tra i casi collettivi raccontati, quello di Brescia sviluppatosi tra 2001 e 2004 è il più emblematico: parte con un bidello di una scuola e finisce con famiglie in guerra, decine di indagati, riti satanici, sacerdoti, maestre sotto accusa, presunte vittime risarcite dal Comune. Nel 2008 la sentenza della Corte d’Appello mette fine alla vicenda assolvendo il primo imputato e spingendo il Comune a chiedere la restituzione dei risarcimenti. Del resto, le stesse cose avvengono anche al di fuori della pedofilia, pensiamo a soltanto due delle clamorose sentenze che hanno sconfessato inchieste politico-affaristiche “epocali”: quella denominata Why Not e quella a carico dell’imprenditore napoletano Romeo e del suo cosiddetto “sistema”.

 

Di tutte quelle pagine, di tutte quelle accuse infamanti non sono rimaste che briciole, e la tomba di un assessore suicida, che quasi sicuramente sarebbe stato assolto. Certo è che quando si parla di pedofilia le cose vanno ancora peggio. Se un ragazzino denuncia una violenza, ci “deve” essere un violentatore (altri libri hanno analizzato i fenomeni di dipendenza degli adulti dai bambini, tipici della nostra mentalità). E così comincia a girare la ruota della tortura, azionata dal meccanismo magistratura-giornali, meccanismo troppo forte e inarrestabile, come il libro documenta in modo sconvolgente.

 

Finirà di girare quattro cinque, forse dieci anni dopo, quando il mondo tornerà quello reale e non quello che viene raccontato. Il testo si raccomanda a magistrati, psicologi, genitori, maestri, presidi, giornalisti, vescovi (troppo facile oggi abbandonare il prete sotto accusa, mentre ieri magari se ne coprivano le colpe, vedi il caso Irlanda). Provoca enorme tristezza, ma aiuta a mantenere freddezza e lucidità mentre la tempesta infuria e tutti urlano.

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