Un cuore ferito

Christopher Hitchens, scrittore, critico sociale, giornalista, editorialista e ateo straordinario è morto per un cancro sabato scorso allo Houston Hospice. L'editoriale di LORENZO ALBACETE

Christopher Hitchens, scrittore, critico sociale, giornalista, editorialista e ateo “straordinario” è morto per un cancro sabato scorso allo Houston Hospice. Aveva 62 anni. È morto con dignità, durante il sonno, evitando lo spettacolo che temeva di più: una drammatica conversione pubblica dell’ultimo minuto.

È interessante leggere alcune delle reazioni alla notizia della sua morte. L’esempio che segue è tratto dalla pagina internet “This Week”.

«Era un uomo di appetiti insaziabili: per le sigarette, per lo scotch, per la compagnia, per la grande scrittura e, soprattutto, per la conversazione – dice il direttore di Vanity Fair, Graydon Carter -. La sua capacità di essere all’altezza di tutto ciò che lo interessava era il miracolo dell’uomo. Sarebbe molto difficile trovare uno scrittore in grado di produrre la quantità di editoriali, saggi, articoli e libri eccellenti da lui prodotti negli ultimi quarant’anni».

«Come il suo eroe, Orwell, Christopher apprezzava il coraggio al di sopra di ogni altra qualità, in particolare il coraggio richiesto da una risoluta onestà – dice Benjamin Schwarz su The Atlantic –. Questo straordinario intellettuale apprezzava l’intelligenza, ma il coraggio ancor di più, o meglio, pensava che la vera intelligenza non potesse essere separata dal coraggio».

Christopher Buckley scrive sul The New Yorker: «Uno dei nostri pranzi al Café Milano, il Rick’s Café (il caffé del film Casablanca, NdE) di Washington, iniziò alla una e finì alle 11,30 di sera. Attorno alle nove (anche se il mio ricordo è un po’ vago) disse: “Ordiniamo ancora un po’ da mangiare?” Io mi trascinai in qualche modo verso casa, dove rimasi sotto osservazione medica per qualche settimana, nel ghiaccio e con flebo di morfina. Christopher quella sera probabilmente andò a casa e scrisse una biografia di Orwell. La sua energia era epica come la sua erudizione e il suo spirito».

«Addio mio caro amico – scrive il romanziere Salman Rushdie via Twitter -. Una grande voce si ammutolisce. Un grande cuore si ferma».

«Il “migliore oratore del nostro tempo” e un “valoroso combattente contro tutti i tiranni”, compreso Dio», afferma lo scrittore Richard Dawkins, ateo dichiarato come Hitchens.

«Ho conosciuto Hitchens solo leggendolo. Nel leggerlo si rimaneva profondamente colpiti, e invidiosi se si era uno scrittore, e a un certo punto ci si arrabbiava profondamente con lui – dice sul Time James Poniewozik -. Hitchens sapeva quando era il caso di preoccuparsi del resto del mondo e quando di fregarsene totalmente, invece, di quanto il mondo pensava di lui. Per uno scrittore, una cosa è essere una persona di principi, e un conto è essere un rompiscatole; è raro essere un rompiscatole con principi, ma Hitchens era proprio questo».

«La religione, ha scritto, è violenta, irrazionale, intollerante, alleata del razzismo, del tribalismo e del fanatismo, piena di ignoranza e ostile alla libera ricerca, disprezza le donne ed è coercitiva verso i bambini – osserva Roy Greenslade sul Guardian -. Se ripenso agli anni ’70, lo sento ancora dire questo, con l’aggiunta di molti aggettivi e imprecazioni. Ed è così che voglio ricordarlo».

«Il mondo ha perso uno dei giornalisti più eminenti e prolifici e uno splendido polemista, oratore e bon vivant – afferma George Eaton sul New Statesman -. Nei suoi ultimi anni, a Hitchens piaceva citare una frase della sua defunta madre, che “l’unico peccato imperdonabile è essere noiosi”. Oggi, nel rendermi conto che non sentirò più questo vibrante baritono, che la penna di Hitchens è ferma, mi sento sicuro di dire che il mondo è diventato un luogo più noioso».

«Christopher Hitchens era del tutto un esemplare unico, una sorprendente miscela di scrittore, giornalista, polemista e un personaggio unico – ha detto l’ex Primo Ministro inglese Tony Blair -. Era coraggioso nel perseguimento della verità e di ogni causa nella quale credeva. E non vi era nessuna cosa in cui credesse che non sostenesse con passione, impegno e in modo brillante».

Forse si può capire ora perché ben poche persone credenti hanno accettato di dibattere pubblicamente con Hitchens sulla ragionevolezza della fede. Qualche anno fa mi fu chiesto di farlo e, non sapendo che il confronto era con lui, ma pensando a una tavola rotonda, accettai. Quando scoprii che si trattava di un confronto diretto tra me e lui era troppo tardi per cancellare l’incontro, ma anche per prepararlo adeguatamente.

Così, mi preparai semplicemente al martirio.

Quando incontrai Hitchens e lo osservai fare il giro degli ospiti prima del dibattito, mi accorsi che ero la persona sbagliata per discutere con lui, non per la sua intelligenza, cultura e charme, ma perché era un uomo con un cuore così ferito da essere distante solo un passo dall’incontrare Cristo. Ciò di cui aveva bisogno era la Grazia, e questo era qualcosa che io non potevo dargli, essendone anch’io bisognoso in ogni momento della mia vita.

Mi resi conto che tutto quello che potevo fare era di mostrargli che eravamo tutti e due sulla stessa strada, perché anche io non credevo in quel dio che lui attaccava e incoraggiarlo così ad essere fedele alla ferita nel suo cuore e ad amare la libertà che viene dalla Verità.

Dopo lo spettacolo (che deluse sia i favorevoli che i contrari a Dio), decidemmo di incontrarci ancora per discutere in privato della questione, ma non ci siamo più visti.

Ora Christopher (notate il suo nome) è andato e io prego che noi ci si possa incontrare di nuovo quando tutti e due saremo dalla stessa parte eterna del confine tra il bisogno disperato e il viso dell’Amore.

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