Chi dà i numeri?

Il nuovo decreto legislativo, il quinto del percorso di attuazione della legge n. 42 del 2009, attua una profonda razionalizzazione del quadro attuale. L'analisi di LUCA ANTONINI

Il nuovo decreto legislativo, il quinto del percorso di attuazione della legge n. 42 del 2009, attua una profonda razionalizzazione del quadro attuale, senza stravolgerlo. Alcuni centri di ricerca (Cgia di Mestre, Uil), pure ripresi da importanti quotidiani, si sono prodotti in simulazioni, dando l’impressione di un aumento della pressione fiscale: si tratta di numeri buoni solo (forse) per essere giocati al lotto, che dimostrano quante massicce dosi di ignoranza esistano sul federalismo fiscale.


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Parlo con cognizione di causa, avendo visto in questi anni di lavoro quali sprechi e inefficienze ha prodotto il sistema attuale. Se non fosse stato approvato il decreto, il sistema attuale, che favorisce sprechi e inefficienza, sarebbe andato avanti ancora per molti anni, continuando a bruciare risorse a danno di tutti gli italiani; in quel caso si sarebbe inevitabilmente prodotto un aumento delle tasse.  La revisione del quadro attuale attuata dal decreto si fonda su tre principali coordinate: a) l’introduzione dei costi e dei fabbisogni standard; b) la previsione di una nuova potenziale responsabilità impositiva, soprattutto al ribasso; c) l’introduzione di nuovi strumenti di governance del sistema, ad esempio: istituzione della Conferenza permanente per coordinamento della finanza pubblica (deputata anche al controllo sul divieto di incremento della pressione fiscale complessiva) e il coinvolgimento anche di Regioni e Province nella lotta alla evasione.


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Il finanziamento del sistema sanitario dal 2013 si baserà – scadendo nel 2102 l’attuale Patto della salute – sui costi standard, determinati assumendo a punto di riferimento 3 regioni benchmarck, selezionate sulle migliori 5 che hanno garantito qualità ed equilibrio di bilancio. All’interno di un quadro che si mantiene fortemente solidale diventa finalmente evidente chi spreca.  Viene inoltre avviato un percorso che permetterà di fissare i Lep anche di istruzione, assistenza e trasporto, nonché di determinare i relativi fabbisogni standard, superando anche in questo ambito il criterio irrazionale della spesa storica. Sprechi ed inefficienza non si traducono in servizi per i cittadini, che nelle regioni dove si spende male sono costretti a penose migrazioni sanitarie. Quando gli sprechi e le inefficienze delle sanità regionali vengono coperte dai ripiani statali si bruciano risorse che sarebbero a disposizione di tutti. Ripiani statali di questo tipo sono avvenuti anche di recente: nel 2007 vennero stanziati 12 mld di euro per 5 regioni in extra deficit sanitario.


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Quell’anno con tale somma si sarebbe potuta ridurre l’Irap di 1/3 o abbassare l’Irpef dal 23 al 20%. Sono state invece usate per quel ripiano che non ha prodotto un processo di risanamento o di efficienza: le regioni che ne hanno beneficiato continuano ad essere in forti disavanzi, inoltre sono le regioni dove maggiori continuano ad essere le migrazioni sanitarie. Occorre un radicale cambiamento di paradigma: dalla logica dei ripiani a quella della responsabilità.  Per questo si aumentano progressivamente la possibilità di manovra sulle addizionali regionali all’Irpef, non saranno più le risorse sottratte a tutti a finanziare gli sprechi e le inefficienze. Sarà la responsabilità di chi governa la regione ad essere chiamata in causa e  a misurarsi con gli elettori regionali. Non è un caso che proprio i governatori abbiano chiesto il rinvio al 2013 dello sblocco delle addizionali, a dimostrazione di quanta intenzione avessero di aumentarle!


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Un governatore si gioca l’elettorato se aumenta le tasse. Il federalismo fiscale non aumenta le tasse, introduce responsabilità e strumenti di lotta agli sprechi; sulle imposte favorisce la concorrenza al ribasso. Ad esempio viene introdotta la possibilità di ridurre, fino ad azzerala l’Irap e di disporre deduzioni dalla base imponibile, anche per determinate categorie di imprese. Il federalismo fiscale aiuta la lotta all’evasione, ad esempio correggendo le distorsioni del sistema attuale: la compartecipazione all’Iva (circa il 50% dell’Iva nazionale) che oggi è assegnata in base ai consumi Istat, dal 2013 verrà assegnata in base a quanto riscosso sul territorio regionale. Oggi una regione che fosse in evasione totale riceverebbe comunque la sua quota di Iva: la spesa di chi evade è finanziata da chi non evade.  L’addizionale regionale all’Irpef istituita dal 1998, nella misura dello 0,9% innalzabile fino al 1,4%, e che era stata bloccata da questo governo nel 2008, viene ora sbloccata in corrispondenza dell’avvio dei costi standard nel 2013, che rendono trasparente la spesa. Nel 2015 potenzialmente potrà arrivare fino al 3%. Non è un aumento della pressione fiscale: è un aumento della responsabilità sotto un nuovo severo controllo dell’elettore basato sugli standard.


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Questo serve a sancire il definitivo superamento della logica dei ripiani statali, fatti a carico di tutti i contribuenti e segna l’avvio di una nuova stagione di autonomia e di responsabilità.  Anche i meccanismi perequativi diventano più razionali, superando lo stallo della situazione attuale dove il d. lgs. n. 56 del 2000 era stato bloccato retroattivamente dopo l’accordo Santa Trada nel 2005.  Il nuovo sistema perequativo è più evoluto del precedente perché distingue il finanziamento delle funzioni relative ai livelli essenziali e quello delle altre spese. In questo modo è garantita la massima solidarietà senza però produrre effetti disincentivanti. Al contrario, le regioni e gli altri enti territoriali sono spinti ad utilizzare le proprie competenze legislative e amministrative in funzione di un reale sviluppo dei propri territori (de-burocratizzazione, assimilazione alle best pratices, razionalizzazioni). Il decreto razionalizza anche la fiscalità degli altri enti territoriali e il quadro è razionalizzato in profondità, attraverso il superamento delle innumerevoli contraddizioni, dirette e indirette, di una sistema a finanza derivata, basato sul micidiale binomio trasferimenti/spesa storica e non sull’autonomia e sulla responsabilità.

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