Bhatti, ucciso perché cristiano

Shahbaz Bhatti, ministro federale per le minoranze religiose in Pakistan, è stato ucciso. MARIO MAURO spiega quanto aveva fatto per il suo popolo e per le minoranze religiose

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Dopo l’uccisione del governatore dello stato del Punjab, avvenuta pochi mesi fa, Shahbaz Bhatti sapeva bene che gli occhi dei fondamentalisti islamici erano tutti su di lui. Sopravvissuto miracolosamente all’attentato che ha portato alla morte di Benhazir Bhutto, aveva bene presente che prima o poi sarebbe giunto il suo momento. Anche per questo non ha mai perso un secondo del tempo che gli restava da vivere, da quando, nel 2008, era stato nominato Ministro federale per le minoranze religiose.


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Lascia un’eredità inestimabile non solo per la minoranza cristiana, ma per tutto il popolo pakistano. In poco più di due anni Shahbaz Bhatti ha permesso la realizzazione di riforme, o progetti di riforma, che fino a pochi anni fa potevano essere considerate proposte a dir poco visionarie. Grazie a lui il Pakistan stava incominciando a considerare seriamente la possibilità di eliminare quel complesso di norme noto come “leggi sulla blasfemia”, introdotte nel 1982 e nel 1986.


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Dal 1986 il codice penale del Pakistan (sezione 295, comma B e C) punisce con l’ergastolo o la pena di morte chiunque profani il Corano o insulti Maometto. Bhatti era stato uno dei pochi a battersi, ad esempio, per la liberazione di Asia Bibi, condannata a morte proprio in nome di queste disposizioni. Ma sono molte altre le opere che si devono al suo impegno per la libertà religiosa. Dall’introduzione, nel 2008, di una quota del 5% per le minoranze di posti di lavoro a livello federale, al riconoscimento delle festività non musulmane. Dalla predisposizione di seggi per i gruppi di minoranza in Senato, anche per le donne, all’impegno per la creazione di una rete di comitati locali per l’armonia interreligiosa.


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Shahbaz Bhatti era addirittura riuscito a far assumere al Primo ministro pakistano l’impegno di concedere i diritti di proprietà agli abitanti delle baraccopoli di Islamabad che appartengono a gruppi di minoranza. Il gruppo del Partito popolare europeo lo aveva accolto a Strasburgo nel maggio scorso. Lascia tuttavia sgomenti vedere come all’interno delle istituzioni europee esista ancora chi, senza l’uso delle armi, ma con lo stesso approccio ideologico, elimina scientemente la parola “cristiano” da qualsiasi documento ufficiale.

 

Lo avevo personalmente ringraziato per la sua testimonianza, sottolineando l’importanza per il Ppe della sua presenza nel quadro della strategia del Gruppo, per la difesa delle minoranze cristiane nel mondo. Il Parlamento europeo qualche giorno dopo ha approvato una risoluzione sul Pakistan, incoraggiando il lavoro del Ministro. Fu l’ultima volta che incontrai Shahbaz Bhatti e proprio in quell’occasione lo invitai al Meeting di Rimini. La risposta positiva è arrivata pochi giorni fa.


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Il vuoto lasciato da Shahbaz Bhatti è difficile da colmare. E sarà ancora più difficile se il mondo “libero” non si renderà conto che la dignità dell’uomo e la libertà che tutti cercano, non possono prescindere dal riconoscimento di una verità che è per tutti e che si intravede passando attraverso la legittimazione totale e senza condizioni della diversità dell’altro.

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