Cristiani ancora vittime

Dopo la morte di Bin Laden, in alcuni paesi le componenti più esposte negli ultimi anni all’odio fondamentalista, come le comunità cristiane, restano in pericolo

Non era assolutamente una novità il fatto che il Pakistan fosse un Paese fragile e vulnerabile, sia sotto il profilo politico-istituzionale, sia sotto il profilo dell’affidabilità in quanto alleato dell’Occidente. Le modalità, i tempi e tutti gli aspetti poco chiari legati all’operazione americana che ha portato all’uccisione di Osama Bin Laden, confermano una preoccupante realtà di imbarazzo e doppiogiochismo.


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È indiscutibile che la scomparsa dalla scena di Bin Laden costituisca un fatto incoraggiante per tutti coloro che si riconoscono nei valori di libertà e di lotta al terrorismo che le amministrazioni americane portano avanti dal 2001. Il mondo libero è più forte del mondo del terrore. Chi ama la vita è più forte di chi produce semi di violenza e di morte. Questa vittoria può farci intravedere nuove prospettive a livello globale nella lotta al terrorismo.


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Per ottenere dei risultati concreti sulla scia del grande evento simbolico quale è stato il blitz avvenuto il 2 maggio, è più che mai fondamentale non abbassare la guardia. Occorre oggi portare avanti un rinnovato dialogo e un sostegno concreto al mondo islamico che dimostra di rigettare i valori del terrore e vuole invece lo sviluppo, la pace e la democrazia. In questo senso nel registrare con piacere la forte dissociazione di gran parte del mondo musulmano dall’islamismo militante, stonano non poco le scene di esultanza per le strade americane.

Non è questo il vero senso della politica dell’Occidente. Noi facciamo politica per promuovere la vita. Bin Laden, a detta di molti, aveva drasticamente perso consensi, anche perché alcune statistiche dimostrano come gli attentati di Al Qaeda hanno prodotto un altissimo numero di vittime tra i musulmani.


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L’impatto emotivo sui nemici dell’Occidente è stato ugualmente dirompente. Ecco perché in paesi come il Pakistan o l’Iraq le componenti deboli della società, quelle più esposte negli ultimi anni all’odio fondamentalista, restano in pericolo. Di fronte a un’eventuale rilassamento post-Bin Laden dei Governi locali e della comunità internazionale, l’accanimento contro le comunità cristiane rischia di raggiungere livelli mai sperimentati.

La rappresaglia contro l’Occidente è passata, in tempi recenti, attraverso lo sterminio dei cristiani. Ho potuto constatare personalmente la scorsa settimana, durante una missione in Iraq, come l’inconsistenza delle nuove istituzioni faccia davvero la fortuna del fondamentalismo. A Baghdad il Governo di Unità nazionale non è mai stato pienamente realizzato. Tre ministeri chiave quali Esteri, Interni e Difesa, restano tristemente vuoti. Tutte le deleghe sono in mano al Primo ministro Al-Maliki. Il Consiglio nazionale per le politiche strategiche non è mai stato formato. Non è un caso che nei 16 giorni precedenti la missione, le vittime del terrorismo siano state 81.


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In un contesto del genere, gli ideali di libertà e democrazia che hanno caratterizzato la primavera del mondo arabo rischianodi essere soffocati da settarismi religiosi ed etnici, con un grave rischio per le minoranze soprattutto cristiane. La comunità internazionale sta pericolosamente oscillando tra ambiguità e insignificanza.

La caduta del Re del terrore non servirebbe a nulla se non ci dovesse condurre a una piena assunzione delle nostre responsabilità e quindi a difendere con umanità e coraggio i diritti di tutti i cittadini. 

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