La rassegnazione di certi cattolici

Non è solo l’opinione del mondo secolarizzato; molti, tra i cattolici, spiega LORENZO ALBACETE, sono convinti che la loro fede non sia in grado di incidere sull’esistenza reale

Qualche tempo fa l’edizione domenicale del New York Times ha introdotto una nuova sezione in sostituzione della rassegna settimanale di notizie. Questa nuova sezione ha per titolo Sunday Review ed è una versione allargata di quella precedente. La sua lettura dà una buona idea di ciò che i redattori del Times (tra gli esponenti più rispettabili della mentalità secolarizzata dominante) considerano gli argomenti più interessanti della settimana. Molte volte ho trovato che l’informazione più rilevante non sta in quello che è incluso nella rassegna, ma in quello che ne è escluso, in  quanto non rientra nella loro visione di ciò che è importante.

Prendiamo ad esempio l’edizione di domenica 21 agosto. L’articolo principale, l’intera prima pagina, è su una nuova “riverenza sentimentale” sviluppata dagli americani nei confronti dei militari, un sintomo, secondo l’autore, dell’attuale malessere come nazione, che ci porta a vedere i nostri soldati come eroi, evitando così il giudizio sulle nostre responsabilità circa la politica militare del Paese. Altri articoli trattano di argomenti quali: l’apparente altruismo dei candidati, l’importanza del penny (la moneta da un centesimo), il ruolo del KGB nella caduta dell’URSS, il problema etico posto dalla possibilità di individuare con molto più anticipo il sesso del nascituro, l’insegnamento dell’economia ai bambini, la strana amicizia tra Fidel Castro e Hugo Chavez, il pericolo per le scimmie rappresentato dall’esplosione della popolazione umana, l’identità ebraica, il pragmatismo disperato di Obama, gli animali che potrebbero essere più intelligenti degli umani, brevi risposte di nove persone comuni su chi vorrebbero come presidente, etc., etc..

In verità, molti di questi articoli sono interessanti e d’attualità, ma ciò che mi ha più colpito sono state le assenze. Non c’era una parola sull’incontro di Papa Benedetto a Madrid con un milione e mezzo di giovanni venuti da tutto il mondo: l’evento non ha avuto alcuna importanza per i redattori e i lettori del New York Times. L’incontro di Madrid è stato considerato privo di ogni potenziale impatto sul futuro del mondo e, certamente, su quello degli Stati Uniti.

Non credo che la ragione di questa assenza sia attribuibile a un anti cattolicesimo malamente nascosto del Times e dei media secolarizzati. Per me non è così sorprendente che costoro non riescano a riconoscere l’importanza di un simile evento. Quello che mi sorprende è che anche molti cattolici manchino di riconoscerlo. Sembrerebbe che anch’essi abbiano fatta propria l’idea che il Papa e il papato possano non avere più alcuna influenza su ciò che succede nel mondo laicizzato.

Una parte dei cattolici, pur seguendo questi eventi sui media cattolici, sembrano condividere l’opinione secolarista che, se essi hanno ancora un qualche impatto, questo è solo a livello di ispirazione o morale individuale. Che essi possano indicare, o perfino provocare, un cambiamento culturale in molte aree dell’attività umana al di là del comportamento sessuale, per esempio nelle politiche economiche, nella lotta alla fame, nella giustizia del lavoro, nella sanità, etc,, questo non viene semplicemente preso in considerazione.

Ancora una volta, siamo in presenza delle tragiche conseguenze della separazione tra fede e conoscenza della realtà, tra conoscere e giudicare.

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