L’Europa codarda

La politica e i politici oggi devono saper guardare alle sfide che li attendono con l'apertura e la lungimiranza che solo possono nascere dalla tensione continua verso l'infinito

La crisi di oggi è forse il punto più basso toccato dall’Europa unita, dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista istituzionale. Oggi, come 60 anni fa, c’è il rischio che la crisi inasprisca le divisioni a tal punto da far crollare tutto il progetto, e storicamente, quando i paesi europei sono stati divisi, si sono fatti la guerra. Non siamo in grado di prevedere che tipo di guerra ci aspetta, di certo rischiamo di finire nell’ignoto, in un buco nero senza uscita. “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”, questo è il titolo della 33a edizione del Meeting di Rimini. La via d’uscita deve essere cercata in questo rapporto con l’infinito, un modo più completo e ragionevole di guardare ai problemi che la realtà ci impone giorno dopo giorno. La parzialità delle soluzioni ai problemi che vengono spesso messe in atto nei confronti della crisi economica di oggi è frutto dell’incapacità di avere un orizzonte più lontano rispetto a un progetto che non guarda al bene di tutti, ma solo al nostro misero tornaconto.


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“La differenza tra un politico e uno statista sta nel fatto che il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni”. Così si esprimeva 60 anni fa Alcide De Gasperi, all’indomani della Seconda guerra mondiale, quando l’Italia e l’Europa toccarono il loro punto più basso in termini economici, ma anche in termini di fiducia nel futuro. Lo scenario politico italiano ed europeo mostra purtroppo oggi come l’obiettivo ultimo dell’azione politica sia quello di sopravvivere alla prossima tornata elettorale, invece che quello di far sopravvivere e svilupparsi il desiderio di benessere della propria comunità. 


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E’ l’Europa di oggi, indecisa in troppe situazioni, impotente a Srebrenica, divisa sulla Libia come sull’Iraq che ha bisogno di riscoprire il proprio rapporto con l’infinito, per sperare di tornare a essere protagonista sullo scenario della pace e della guerra. E’ l’Europa di oggi, non quella di sessanta anni fa, che domanda un termine di paragone e un esempio continuo nella nostra attività politica. La politica di oggi, infatti, ha un estremo bisogno di persone che abbiano un approccio con la gestione della cosa pubblica, di quel valore, che sentano cioè la parola popolo non come un pretesto per il proprio progetto di potere, ma come un riferimento imperativo se si vuole che l’espressione bene comune abbia un senso.


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Vale anche per l’Italia di oggi. Ne ha bisogno perché si possa riaffermare una visione delle istituzioni concepite come garanti e non come padrone della vita dei cittadini. Istituzioni che siano consapevoli che evitare un conflitto permanente è doveroso se si vuole da un lato favorire la convivenza civile, dall’altro aprire una stagione di riforme troppo a lungo rimandata. Possiamo sperare di uscire dalla drammatica situazione attuale se tutti decidiamo di essere veramente ragionevoli sottomettendo la ragione all’esperienza, se cioè, liberandoci da ogni presunzione ideologica, siamo disponibili a riconoscere quel qualcosa che ci unisce.


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Di fronte alle sfide di oggi l’invito che pone il Meeting di quest’anno è quindi quello di non chiuderci, ma di proseguire con uno spirito sempre più aperto, sempre più creativo e sempre più lungimirante. Non verrà fatto nessun passo avanti se i protagonisti della politica europea non mostreranno coraggio. Non il coraggio dei temerari, ma il coraggio di chi si sente responsabile del destino di una generazione. Un coraggio che può nascere soltanto da una tensione continua verso l’infinito.

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