A che serve spiare il Papa?

La notizia secondo cui la rete di intercettazione della Nsa potrebbe tenere sotto controllo anche i telefoni di papa Francesco ha aggiunto allo scandalo il paradosso. ROBI RONZA

La notizia secondo cui la rete di intercettazione della National Security Agency, Nsa, l’ente di spionaggio telefonico e telematico del governo di Washington, potrebbe tenere sotto controllo anche i telefoni di papa Francesco ha aggiunto in questi giorni ulteriore clamore a uno scandalo tanto enorme quanto paradossale. 

Come Tucidide, padre della storia, già quattro secoli prima di Cristo sottolineò nella sua magistrale rievocazione del discorso degli ambasciatori di Atene agli abitanti dell’isola di Melo, il più forte tende “naturalmente” a prevaricare sul più debole. E in quanto alle telecomunicazioni la forza degli Stati Uniti è oggi assoluta alla scala planetaria. Sviluppatosi durante la seconda guerra mondiale, ai tempi della radiotelegrafia, confermatosi al tempo delle telescriventi, il dominio americano sulle telecomunicazioni si è ulteriormente esteso fino a divenire un controllo assoluto quando le porte di Internet, una rete non a caso nata a fini militari, sono state aperte all’utenza civile. 

È davvero curioso che nessuno o quasi si domandi come mai tale servizio venga offerto gratuitamente a chiunque quando i suoi costi di gestione e di sviluppo non possono che essere giganteschi. La risposta è facilmente intuibile, anzi ovvia: l’utile dei grandi gestori del sistema, che sono tutti americani, deriva dalla vendita dei frutti mirati del filtraggio dei contenuti dei milioni e milioni di messaggi che circolano in ogni istante nella rete. Nella misura in cui è anonimo (e in genere il cliente privato non ha bisogno che sia diversamente) tale filtraggio serve a individuare linee di tendenza, gusti, modelli di consumo, aspettative che poi grandi gruppi industriali-finanziari sono interessatissimi a conoscere per primi spendendo quel che c’è da spendere. 

Nella misura invece in cui non è anonimo (e il cliente pubblico, istituzionale ha invece quasi sempre bisogno che anonimo non sia) tale filtraggio diventa un colossale strumento di spionaggio tanto politico-giudiziario quanto industriale che per amor di patria i grandi gestori di Internet riservano al governo e ai gruppi industriali e finanziari del loro Paese. Finché, come finora accade, tale assoluto controllo non può venire sfidato da nessuno, chi ne ha le leve non incontra alcun altro limite se non quello della propria coscienza. 

Si deve dire a loro merito che nel caso degli Stati Uniti tale limite non è affatto irrisorio. Non c’è infatti altro grande Paese al mondo ove più ci si preoccupi che il governo agisca legalmente e moralmente. Si tratta però di un Paese imperiale, che perciò distingue in modo molto marcato tra i cittadini e gli stranieri, e tra quanto si può fare sul proprio territorio e quanto si può fare altrove.

Basti dire che secondo la legge degli Usa il governo non può intercettare senza mandato della magistratura telefonate e messaggi di cittadini americani, ma può farlo liberamente se si tratta di cittadini stranieri. 

Concludendo diremo ancora una volta che Tucidide aveva ragione a sostenere che la storia è un campo dove la forza può trovare un limite solo nel dispiegarsi di un’altra forza. Non aveva però fatto in tempo a comprendere che sulla scena della storia pesano non soltanto le forze materiali ma anche quelle spirituali e culturali. Non si può quindi escludere che, a seguito della denuncia di Edward Snowden e di tutto ciò che ne sta derivando, emergano nel mondo forze tali da porre limiti anche a una macchina di  spionaggio gigantesca come quella che è connaturata a Internet. Fino a quel momento tuttavia dobbiamo partire dal presupposto che al telefono e al computer sempre veniamo filtrati, e potremmo talvolta venire anche specificamente ascoltati.  

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