Filippine. Dio è con loro, e noi?

Una delle tempeste più violente della storia, il tifone Haiyan, ha investito e Filippine. I morti sarebbero più di 10mila. Perché Dio non ha impedito questo dramma? FEDERICO PICHETTO

Ancora una volta gli uomini devono fare i conti con una scia di morte senza spiegazioni. Ancora una volta, come per una malattia, per un lutto, per una storia che si interrompe, sul banco degli imputati c’è Lui, Dio. 

Potrebbero essere diecimila i nostri fratelli travolti dalla furia del tifone Huiyan nelle Filippine. Il bilancio è ancora incerto, ma poco importa. Dopo le Filippine, la catastrofe dovrebbe abbattersi sul Vietnam: la furia del tifone colpisce tutti, indipendentemente dallo Stato che si abita, dalla religione che si professa, dalla razza cui si appartiene. Per questo Dio non c’entra, per questo il Dio cui oggi diamo la colpa è solo una caricatura, una sbiadita idealizzazione della nostra stessa essenza.

Dio non manda il male, Dio non concepisce disegni educativi perversi che – in qualche modo –  puniscano alcuni per far crescere altri. Egli è il Signore della vita, Colui che ha creato il mondo e la natura per totale libertà e che ha scelto di non piegare la vita alla Sua volontà, bensì di affidarle leggi proprie, intrinseche, rendendole comprensibili alla mente umana. L’uomo, questo essere straordinario, ha a disposizione la matematica, la fisica, la biologia, la chimica, l’intero patrimonio scientifico, per potersi misurare con la natura, per dialogare con essa e scoprirne le leggi e i misteri. Eppure a noi tutto questo non basta, noi della vita vogliamo il perché, il fine. 

Hans Jonas ha scritto vent’anni fa un’opera dal titolo emblematico: Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Il filosofo, di origini ebraiche, si chiede dove fosse Dio mentre il male imperversava durante la seconda guerra mondiale, e risponde in modo sconcertante: Dio era lì, vicino al tremore di ogni uomo, vicino all’angoscia di chi sapeva che non avrebbe più rivisto casa, vicino alle lacrime dei condannati. L’essenza di Dio non è la potenza, l’essenza di Dio è l’amore. E il modo con cui Egli ama è la cura. Dio si prende cura della Sua Creazione. Egli non ferma la natura, non ostacola la biologia o la fisica, Egli prende sulle ginocchia la nostra solitudine e l’abbraccia. 

So che quanto sto per dire è tremendamente impopolare, ma dobbiamo aprire gli occhi: non esiste un mondo senza dolore perché il dolore, e l’amore, è ciò che ci fa uomini. Senza dolore o amore la vita perde consistenza e profondità, rimane meno vera, meno saporita, meno autentica. Egli non tolse Suo Figlio dalla Croce: Egli era sulla Croce. 

Egli non fermò il tifone: Egli era nel tifone a soccorrere ogni uomo, ad abbracciare ogni morte, a piangere con ogni cuore. Questo è Dio. Non un Signore con la barba che vive sul Monte Olimpo riempiendo l’umanità dei Suoi capricci, bensì l’Emmanuele, il Dio-con-noi. 

Smettiamola di cercarLo tra le molecole di un tumore o nei cromosomi delle sindromi che affliggono i nostri figli, smettiamo di cercarlo nella furia del tifone come nel fremito della terra. Egli è altrove. Egli è il dottore che piange con noi, l’educatore che offre gratuitamente un dono per nostro figlio, l’amico che ci viene a cercare nell’ora della disperazione, il volontario che rischia tutto pur di salvarci. Dio è lì, Dio c’è. Il mistero della vita non si rinchiude nel nostro omaggio alla divinità. La vita non è addomesticabile: la vita è solo attraversabile, solo vivibile, solo affrontabile. Il dolore di queste ore Dio non lo dimentica, noi sì. Per questo, ancora una volta − di fronte alla vita −, la domanda più vera non è “dov’è Dio”, ma dove, molto semplicemente, vogliamo essere noi.

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