Gli estremismi non pagano (anche in Usa)

LORENZO ALBACETE analizza le reazioni dei media dopo le elezioni di medio termine, i cui risultati non hanno premiato gli opposti estremismi, e il ritorno alla “normalità” delle notizie

Passate finalmente le elezioni di medio termine, i media sono tornati, almeno in parte, alle normali notizie: la politica estera di fronte alle minacce del terrorismo, lo scandalo, spesso un po’ ipocrita, degli alleati per le attività spionistiche degli Stati Uniti, gli accenni di pace con l’Iran, i disastri naturali, e via dicendo.

Per quanto riguarda le elezioni, i risultati non sono stati poi così sorprendenti, almeno per chi si era reso conto delle tendenze politiche che si stavano consolidando nel Paese, delineando la situazione già un paio si settimane fa.

Un altro argomento di discussione nella settimana scorsa è stata l’analisi fatta in TV dall’attore, e agente provocatore in via di rapido invecchiamento, Robert Redford, in tour per reclamizzare il suo ultimo film, in cui lui stesso dice solo poche parole. Nella sua analisi sull’attuale paralisi e sulle disfunzioni di Washington, Redford ha affermato che tutto è causato dal razzismo contro il Presidente Obama.

Ora, anch’io ho fatto riflessioni in questa direzione, e ne ho anche scritto, ma credo che la questione richieda ben altro studio e approfondimento.

A questo proposito si è anche espresso l’attore, cantante ed eterno promotore del calipso Harry Belafonte, sostenendo che gli oppositori di Obama sono in realtà membri del Ku Klux Klan. Personalmente non mi sento di seguire questa sua interpretazione, continuando a preferire quella dei suoi spettacoli.

Poi, accanto alle World Series, le finali del campionato di baseball, la solita serie, purtroppo altrettanto familiare, di sparatorie, incendi, sparizioni, assalti alle scuole, fatti criminosi, etc.

Tornando alle elezioni, non ho il tempo necessario per un esame approfondito dei risultati, ma ribadisco quanto già detto sul fatto che non siano stati così sorprendenti. Ciò deriva da una constatazione evidente per chi avesse seguito attentamente gli avvenimenti che le hanno precedute e cioè che, alla lunga, gli americani non sono disposti ad accettare ideologie politiche estremiste. Questo è un principio che è al cuore della nazione americana e del significato stesso del patriottismo americano. E del senso di giustizia e del realismo americani.

Gli standard di questo realismo non sono assoluti e opinioni bizzarre come quelle citate prima possono conquistare gli americani per un momento, ma alla fine vengono premiate le posizioni moderate, basate su ciò che appare ragionevole. Alla fine, la gente vota il governatore del New Jersey Chris Christie e non, per esemplificare, gli estremisti del Tea Party a destra (rifiutati da Christie), o l’avvocato attivista femminista a sinistra.

Anche in Virginia, l’altro stato in cui si è votato per il rinnovo del governatore, gli elettori di entrambi i partiti hanno sostenuto il centro, dando luogo a posizioni che potremmo definire di Conservatorismo Progressista e di Progressismo Conservatore.

A questo punto, ci si può domandare da dove uscirà il prossimo Presidente degli Stati Uniti.

Una corsa tra Hillary Clinton e Chris Christie è senza dubbio ipotizzabile, ma ci si dovrebbe tuttavia chiedere quale sarà la situazione della società tra due anni negli Stati Uniti. Chi sarà allora più adeguato, Hillary o Chris? Si può essere tentati di pensare che, forse, nessuno dei due finirà per essere candidato.

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